RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
COMIZIO DI KAMALA HARRIS A MILWAUKEE
Dopo aver attaccato il tycoon e promesso la vittoria col rinnovato endorsement di Joe Biden, Kamala Harris è volata a Milwaukee per tenere il suo primo comizio davanti ad una folla dem nuovamente entusiasta.
Con la nomination ormai in tasca e il primo sondaggio (Reuters-Ipsos) dopo il ritiro del presidente che la dà avanti di due punti su The Donald (44% a 42%), anche in una gara a tre (42% contro il 38% di Trump e l'8% di Robert F. Kennedy).
La tappa nella città dove si è appena conclusa la convention repubblicana era già prevista prima del passo indietro di Biden ma per Harris è diventata l'occasione per mettere a fuoco il suo messaggio e fare un reset della campagna dem in uno Stato in bilico nella Rust Belt: il Wisconsin, che insieme al Michigan e alla Pennsylvania rappresenta il blue wall da difendere con i denti.
Insieme ad Arizona, Nevada e North Carolina, Stati della Sun Belt. Ma anche negli "swing states"i sondaggi stanno cambiando ed è proprio da uno di questi Stati che dovrebbe uscire il nome del suo vice. In pole ci sono il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, quello della North Carolina Roy Cooper e il senatore ex astronauta dell'Arizona Mark Kelly. Nomi che potrebbero spiazzare nuovamente il tandem Gop.
USA, PERCHÉ I PROSSIMI 100 GIORNI SONO POCHI PER KAMALA HARRIS MA POTREBBERO BASTARE PER VINCERE ALLE PRESIDENZIALI
Stefano Mannoni per Mf-Milano Finanza
Alla fine ha prevalso il buon senso. Anche se viene da sospirare: troppo poco, troppo tardi. A Kamala Harris, raccomandata da Joe Biden come proprio successore nella corsa, resteranno 100 giorni.
COMIZIO DI KAMALA HARRIS A MILWAUKEE
(…) La Harris pur non avendo particolari doti carismatiche può almeno vantare a suo credito l’esperienza maturata nel corso di una presidenza nel complesso piuttosto positiva, sia in politica interna che in politica estera. E poi non dimentichiamo che Kamala Harris è un ex pubblico ministero molto pugnace che non rifuggirà certo dagli scontri verbali con Trump. E ancora: una parte dell’elettorato di centro potrebbe essere attirato proprio dalla sua reputazione di stentorea paladina della legge e dell’ordine.
D’altro canto però a pesare è la pregiudiziale razziale. Sono pronti gli americani a spedire alla Casa Bianca una donna di origini asio-americane? Per come gira il vento oggi negli Stati Uniti viene da dire di no. Senza considerare tra l’altro che la narrazione politica democratica soffre di un certo numero di incongruenze che sono assenti invece nel discorso populista di destra, forte delle sue radicali semplificazioni. Quanto è disposto a concedere il Partito Democratico alla intellighenzia radicale che alberga nelle grandi città, ma certo non nell’America profonda? E quanto intende spingere la Harris sul pedale di una progettualità alla New Deal rooseveltiano? Come rispondere alle inquietudini sull’immigrazione: proponendo mezze misure?
KAMALA HARRIS ALLA CONFERENZA PER LA SICUREZZA DI MONACO
C’è poco tempo per elaborare una linea e, giustamente, chi ricorda il precedente di Lyndon Johnson, il quale nel 1968 rinunciò a correre per un secondo mandato, fa anche presente che egli si ritirò a marzo, non a luglio inoltrato, e nonostante questo la convenzione democratica si trasformò in un caos. Cui seguì la vittoria di Richard Nixon. Presagi negativi che pesano e appannano un po’ il tardivo beau geste di Biden, ritardato da un amor proprio un po’ senile.
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