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    L'ULTIMA MODA DI PARIGI? LA CODA - MOSTRE, BISTROT, NEGOZI: ALL’OMBRA DELLA TORRE EIFFEL ANCHE FARE LA FILA DIVENTA CHIC - IL PROFESSORE DEL MIT: LE CODE SONO VISSUTE COME ESPERIENZE COLLETTIVE DA RACCONTARE” (CIAO CORE)


     
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    Paolo Levi per l’Ansa

     

    Il senso di Parigi per le file d'attesa. Il quotidiano Le Monde si interroga sul "paradosso" di una popolazione che normalmente va sempre di corsa e vuole tutto subito, ma non batte ciglio quando si tratta di mettersi ad aspettare ore anche in fila nel freddo per una mostra, un ristorante o un gadget tecnologico. Al Grand Palais, per poter dire 'io c'ero' alla retrospettiva su Claude Monet del 2010, c'è chi ha anche aspettato sei ore. Appena quattro ore, invece, per la mostra dedicata al pittore americano Edward Hopper, nel 2013.

     

    "E' il fenomeno della coda 'chic'", spiega Richard Larson, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT), che studia la psicologia delle file dal 1977. "Questo tipo di code - aggiunge lo studioso citato da Le Monde - vengono vissute come esperienze collettive, un evento da raccontare che conserveremo nella memoria".

     

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    Secondo uno studio realizzato dall'Ipsos nel 2007, l'80% dei francesi spende in media un'ora a settimana ad aspettare, mentre aziende e servizi pubblici cercano di accorciare i tempi con biglietti 'taglia-fila', corsie prioritarie per clienti 'premium', preordinazioni sul web. Nella capitale - dove risiede quasi un quarto della popolazione francese - le code fanno ormai parte del paesaggio urbano. Ma il parigino proverbialmente impegnato e sempre di fretta si mette in fila come un agnellino. Nell'attesa, sembra quasi provare un certo gusto. E se il rito della 'file d'attente' fosse solo un'astuta giustificazione per sottrarsi senza sensi di colpa ai ritmi frenetici della città?

     

    A Parigi si comincia di mattina in boulangerie, dove ognuno aspetta pazientemente il proprio turno per recuperare la sacrosanta baguette. Ma ci si mette in fila anche per solidarizzare con grandi cause. "Chi si è svegliato all'alba per acquistare il primo numero di Charlie Hebdo dopo gli attentati jihadisti voleva soprattutto comprare un pezzo di storia", osserva Rémy Oudghiri, esperto dell'istituto di sondaggi Ipsos, riferendosi alle interminabili file di gennaio davanti alle edicole per sostenere il settimanale decimato dai terroristi e la libertà d'espressione.

     

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    Per le strade di Parigi, capita di incappare in processionarie distese ordinatamente anche fuori dai fast food. L'anno scorso, per la riapertura del Burger King, c'è chi ha aspettato anche un'ora per un panino, con buona pace della cosiddetta 'ristorazione rapida'.

     

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    Lo stesso esercizio si ripete la sera, davanti ai cinema, dove si giunge anche un'ora prima dello spettacolo o a notte fonda, nei locali notturni di Saint-Germain o degli Champs-Elysées. "Veuillez patienter s'il vous plait'', ripetono i buttafuori, in un'atmosfera in bilico tra la leva militare e la gita scolastica.

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