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Luca Valdiserri per il “Corriere della Sera”
Da «Special one» (quello speciale) a «Special once» (quello che una volta era speciale) in inglese il passo è breve. Ma almeno José Mourinho si è fatto pagare cara la retrocessione: 20 milioni di euro. Quelli che erano garantiti dal suo contratto con il Manchester United, in scadenza nel giugno 2020.
La dirigenza dei Red Devils - sfibrata dal -19 in campionato nei confronti del City, dall' eliminazione in Coppa di Lega da parte del Derby County e dai rapporti sempre più conflittuali in spogliatoio - ha esonerato il portoghese. È la seconda volta in carriera, ma in pratica è la seconda di fila, dopo la rescissione contrattuale con il Chelsea, nel dicembre 2015.
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È finita la fiducia. Da inizio stagione Mourinho era stato caustico: «Possiamo al massimo arrivare al quarto posto, ma non sarà per niente facile». Parecchi giocatori avevano chiesto alla dirigenza la cessione - a giugno, ma meglio ancora a gennaio - perché i rapporti con il tecnico erano pessimi. Non è bastata la spaventosa lista delle vittorie passate di Mou: conta il presente, non la storia. E il presente dice: sesto posto in campionato, a 11 punti dal quarto posto, l' ultimo per andare in Champions.
Sul conto di Mourinho c' è una serie di acquisti che hanno fatto i buchi nel bilancio ma non hanno reso: da Lindelhof a Mkhitarian, da Sanchez a Bailly, fino agli ultimi Fred e Dalot. In cima a tutti Paul Pogba, pagato 105 milioni di euro alla Juventus che lo aveva preso a parametro zero proprio dallo United, telecomandato da Mino Raiola.
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Pogba, pochi minuti dopo l' esonero, ha pubblicato sul profilo Instagram una foto con un ghigno satanico e la frase: «Caption this!». Come dire: commentate voi. Poi l' ha cancellata, ma nel frattempo 64.000 tifosi l' avevano vista e commentata. Migliore il saluto dei colleghi della Premier. Klopp: «È un uomo competitivo e posso immaginare che gli ultimi mesi non siano stati felici per lui. Ma nessuno può togliergli tutto quello che ha vinto». Pochettino: «Sono dispiaciuto perché è un amico». L' argentino del Tottenham è tra i candidati per la panchina dello United a giugno, anche se è forte la tentazione Zidane. Nel frattempo, Michael Carrick proverà a traghettare la squadra il più a lungo possibile, ma tutti gli scenari sono aperti.
Un nome forte per i prossimi sei mesi è quello di Laurent Blanc.
E il futuro di Mou? Ha sempre detto di voler allenare il Portogallo e potrebbe farlo allo scadere del contratto di Fernando Santos. La notizia di Mourinho libero, però, ha scatenato la fantasia dei tifosi di mezzo mondo. Tra i quali, naturalmente, gli interisti. Il triplete - e soprattutto la Champions League 2010, arrivata dopo 45 anni di attesa - non sono nel dimenticatoio.
Massimo Moratti, da tifoso, ha spiegato: «Sono affezionato a Mourinho e sarò sempre vicino a lui, ma abbiamo un allenatore che deve dimostrare ancora la sua bravura e quindi lasciamolo lavorare».
E il d.s. nerazzurro Piero Ausilio ha chiarito: «La stima c' è, però non vuol dire nulla in chiave Inter: abbiamo un grande allenatore e stiamo costruendo il futuro con lui.
Si va avanti con Spalletti». Ma, con Mou, mai dire mai.
2 - JOSE’ HA PERSO E LE SUE SPARATE NON BASTANO PIÙ
Alessandro Pasini per il “Corriere della Sera”
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La versione soft: sono le fasi della vita, si viene e si va, si vince e si perde. La versione apocalittica: ha perso il tocco, è bollito, un Commodore nell' era dell' Iphone. Probabilmente, come nel calcio sta a centrocampo, il nodo teorico sta nel mezzo: José Mourinho non è riuscito a gestire la transizione tecnico-tattica del calcio mondiale, è rimasto un passo dietro i Guardiola e i Klopp e nemmeno i suoi famosi «mind games» lo salvano più. Anzi: da segno di forza sono diventati sintomo di debolezza. Al punto, sostiene Jonathan Wilson sul Guardian , che José è diventato la parodia di se stesso: uno che non si chiede più come risolvere un problema, ma come lo risolverebbe il vecchio Mourinho.
Tesi interessante, che conduce a un' altra: forse l' uomo ha (si spera momentaneamente) perso il focus del problema. Impegnato nella vecchie guerre extra campo - con Pogba, con il board dello United, con i media, con la Juventus (l' orecchio teso...), eccetera eccetera - ha smarrito pure una sua specificità tecnica fondamentale. Vedere i numeri per credere: 29 gol presi in 17 partite di Premier non sono da lui, per tacere dei 36 tiri subiti nel devastante 1-3 di Liverpool, la tomba della sua storia ai Red Devils. Insomma, Mou non difende più. E che cosa può restare a un tecnico che fondava la sua filosofia su questo nobile caposaldo? Solo un grazie e un ben pagato goodbye.
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Naturalmente, il flop va storicizzato. Intanto la difficoltà, ormai strutturale al ManU, di raccogliere l' eredità di Ferguson: José è il terzo tecnico saltato da quando sir Alex ha lasciato nel 2013 e i numeri di Moyes e Van Gaal sono nettamente peggiori dei suoi. Poi l' incapacità dello United di sviluppare un progetto coerente: «Il club è naif e marcio fino al midollo», ha tuonato il grande ex Gary Neville.
Ma José poi ci ha messo del suo: tanti soldi spesi per giocatori così così, mancanza di pazienza, elogio delle altre squadre per mostrare i limiti della propria. «C' era una lotta interna per il controllo», spiega Neville. E l' ennesimo scontro ha fatto perdere a José - uno che motivava Drogba dicendogli «Vorrei andare in guerra con te» - il polso del suo esercito. «Vedevo i giocatori disinteressati», osserva amaro Neville, e forse è questa la sconfitta peggiore di José.
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«La sua bravura non è tanto quella di gestire le gare, quanto la mente dei suoi giocatori», raccontò di lui una volta Ibrahimovic. A Old Trafford non è successo, ma ora stiamo calmi. Questo non è per forza il sintomo della fine: i grandi, prima di scomparire, devono subire ben altri k.o. Forse è solo un periodo così. Forse è solo un po' stanco. The Tired One.
3. C' È BISOGNO DI UN UOMO COME JOSÈ: TORNI PRESTO
Claudio Ranieri per la Gazzetta dello Sport
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Dispiace. Basta una parola per riassumere le mie sensazioni dopo l' esonero di Mourinho. Dispiace sempre quando un collega viene licenziato, ma in questo caso la parola merita davvero la maiuscola perché nel tempo José è diventato un vero amico. E' stato il primo a scrivermi quando sono stato assunto dal Fulham e non ho dimenticato il gesto d' indossare una maglia con le mie iniziali in conferenza stampa dopo l' esonero di Leicester, chiedendo persino al club d' intitolarmi lo stadio.
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Noi allenatori siamo uomini precari, in perenne bilico tra la polvere e l' altare. I risultati sono il termometro della nostra vita. Ma il giudizio complessivo sul valore di un manager non può essere legato ai risultati di una stagione o essere marchiato da un' avventura sfortunata.
Il bilancio deve essere generale e nel caso di Mourinho parliamo di un tecnico vincente, di un uomo che ha conquistato trofei dappertutto: Portogallo, Italia, Spagna, Inghilterra. Mou è un Vincente con la maiuscola e a lui, come al nostro Antonio Conte, auguro di tornare presto in pista. Può sembrare banale dirlo, ma il calcio ha bisogno di un uomo come Mourinho, dotato di intelligenza acuta, di eccezionale carisma, di splendida ironia e di enorme esperienza. Sono convinto che José abbia ancora molto da dare al calcio: chi pensa il contrario, commette un grande errore.
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