Giampiero Mughini per Dagospia
FULVIO ABBATE PACK
Caro Dago, la domenica mattina una volta sì e una volta no passa sotto casa mia il nostro comune amico Fulvio Abbate, reduce dalle sue compere ai mercatini di Porta Portese. Quasi sempre Fulvio tira fuori il suo telefonino e mi mette sotto interrogatorio una decina di minuti, a farne una puntata del suo ex TeleDurruti che adesso si chiama Pack. Dieci minuti in cui due amici discutono sull’uno o l’altro grave fattaccio della nostra contemporaneità.
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Oggi Fulvio è passato. Ha tirato fuori il telefonino. E quale altro fattaccio poteva essere all’ordine del giorno dei nostri dieci minuti di conversazione se non il marasma - e ho usato un eufemismo -dell’attuale politica italiana? E difatti era quello il tema della puntata di Pack che Fulvio metterà online fra un’oretta o due. Ha acceso il telefonino, lui mi puntava, io lo guardavo. Nessuno dei due dicevamo una sola parola. E così per tre o quattro minuti. Non ci siamo detti una sola parola, perché non c’è una sola parola da dire, non un solo giudizio, non una sola previsione, non una sola speranza.
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Il nulla, e come fai a dire qualcosa sul nulla? Il silenzio assoluto dunque, al modo di un segno di rispetto per la catastrofe del nostro Paese.
Ciao, Dago
Giampiero Mughini
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