Giampiero Mughini per Dagospia
GIAMPIERO MUGHINI
Caro Dago, sono passati più o meno cinquant'anni da quando scrissi su un qualche giornale della mia giovinezza quanto mi avesse colpito I pugni in tasca, il film d'esordio del giovane regista piacentino Marco Bellocchio, ed ecco che sono qui da te a dirti quanto mi è piaciuto il suo ultimo film, Rapito, storia di un bambino ebreo bolognese che venne come sequestrato e tolto ai suoi genitori perché la fantesca di casa asseriva di averlo battezzato, di avergli spruzzato in volto alcune gocce di acqua.
Di averlo fatto "cristiano", e dunque nemico degli ebrei. Un film che avresti detto difficilissimo da proporre al pubblico di oggi, e invece sono due ore e passa di cinema durante le quali lo spettatore trattiene il fiato da quanto la narrazione non un attimo scende di intensità.
rapito di marco bellocchio
Tutt'altro, è un film modernissimo e questo perchè te lo sbatte in faccia qual è il funzionamento e i modi di essere di una comunità fanatizzante, di una comunità che non ammette altri valori che i suoi, di una comunità che tutte le altre le ritiene inferiori e spregevoli, di una comunità cui il Vero è stato rivelato per sempre da Dio. Sto parlando della Chiesa cattolica di metà Ottocento, e non è che quel fanatismo abbia giocato un ruolo di poco conto nella storia del nostro Paese. Sto parlando di una comunità fanatizzante come ce ne sono state altre nella storia italiana e del mondo. Sto parlando di una comunità fanatizzante come oggi ce ne sono molte, gli islamisti radicali, gli adepti della cancel culture che vorrebbero riscrivere la storia del mondo pur di farla combaciare con le loro convinzioni di oggi, gli appartenenti all'una o all'altra setta di estremisti politici occidentali, i no vax.
marco bellocchio
Sì, sette che funzionano tutte allo stesso modo. Loro detengono la Verità Assoluta, gli altri sono esseri che andrebbero cancellati dalla faccia della terra. Al tempo della giovinezza mia e di Marco Bellocchio, gli anni Sessanta, di sette ce ne furono molte nella sinistra extraparlamentare che tanti di noi hanno attraversato, chi più chi meno.
La setta più orrida di tutte era stata quella dell'Unione dei marxisti-leninisti, che aveva avuto il suo punto di partenza a Milano e che poi era andata disseminando i suoi militanti un po' dappertutto in Italia.
Erano dei "maoisti" al cento per cento, gente che andava ripetendo a memoria le fesserie del fatidico libretto rosso, gente che doveva uniformare a quel credo di base la sua stessa vita privata. Quando a Milano due di loro si sposavano ne chiedevano prima l'autorizzazione al loro Duce, di cui non faccio il nome perché oggi è una persona lontanissima da quelle aberrazioni.
rapito di marco bellocchio
L'apice della loro presenza nella vita pubblica italiana fu il Primo maggio 1969, quando i loro cortei militanti sfilarono spavaldi lungo le vie di Milano, Roma e altre città italiane. Inalberavano orgogliosamente le gigantografie di Stalin e di Mao, due tra i maggiori criminali politici del Novecento, e ne scandivano trionfanti i nomi: "Lènin-Stàlin-Mào Tsé Tùng".
A oltre cinquant'anni di distanza quel macabro ritornello ce l'ho ancora in testa. Perché uno di quei loro cortei l'Unione lo mise in moto nella città siciliana in cui sono nato, Catania, dove la sinistra extraparlamentare era stata folta e vivace. Quel giorno io non credevo ai miei occhi mentre dal marciapiede li guardavo sfilare mentre insultavano il corteo sindacale che sfilava loro innanzi.
L'UNIONE DEI MARXISTI-LENINISTI
Di vedere sfilare sotto le gigantografie di Stalin e Mao quelli che erano stati i miei compagni di giovinezza, i compagni di tanti dibattiti, di tanti altri cortei, di tante proiezioni al Centro Universitario, di tante cene a base di una pizza e basta, era non doloroso ma straziante. Straziante su tutte era l'immagine di una ragazza, quella che era stata l'amore dei miei vent'anni. Immagine palpante dell'orrore ideologico, continuarono a sfilare così finché quelli del servizio d'ordine del sindacato, stanchi di essere insultati, non andarono loro addosso: al che se la filarono a gambe levate.
L'UNIONE DEI MARXISTI-LENINISTI
Se non era questa una comunità fanatizzante. Solo che nel corteo romano dell'Unione, quel Primo maggio c'era anche Marco Bellocchio. Lui li ha conosciuti da dentro i modi di essere e di vivere di una comunità fanatizzante, e di certo ne è stato artisticamente ispirato nel dare qualità al suo bellissimo film di oggi.
GIAMPIERO MUGHINI
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