Giampiero Mughini per Dagospia
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Caro Dago, ho vissuto poco meno di trent’anni in una città meridionale e quasi cinquant’anni a Roma e credo di sapere quello di cui si sta parlando dopo l’esternazione del sindaco Beppe Sala secondo cui è ingiusto che un dipendente pubblico di Bari e uno di Milano abbiano lo stesso stipendio dato che il costo della vita a Milano è nettamente superiore.
Mi sono ricordato di quando poco più che ventenne contattavo tutti quelli dell’estrema sinistra che vivevano nello stivale per trarne materiali per la mia rivista “Giovane critica”. Era già il tempo in cui erano state abolite le “gabbie salariali”. Ebbene in quel tempo incontrai uno dell’estrema sinistra che abitava dalle parti di Reggio Calabria e che insegnava in una scuola.
Mi disse che con lo stipendio di insegnante lui ci poteva vivere benissimo, che disporre di quello stipendio era ottimo per uno che abitasse dalle parti di Reggio Calabria. Laddove sapevo di amici miei siciliani che erano andati a vivere a Milano e che facevano anch’essi gli insegnanti e che con quello stipendio non arrivavano a fine mese, tanto che alcuni di loro decisero di rientrare in Sicilia. Questa è la realtà delle cose, semplice semplice, né più né meno che quella indicata da Sala.
beppe sala legge se stesso
Quando sono arrivato a Roma, nel gennaio 1970, e a fine febbraio mi sono misurato con il costo degli affitti a Roma era semplice semplice: il doppio che a Catania. La città dove mia madre mi lasciò in eredità alcune case che in termini di affitto rendevano la metà o forse meno degli affitti romani e figuriamoci quelli di Milano. Non vedevo l’ora di sbarazzarmene, ciò che ho fatto. Prima di riuscire a comprare la casa romana in cui abito, pagavo quattro milioni e mezzo al mese per l’accoppiata casa/studio in cui vivevo. Per lo stesso spazio abitativo avrei pagato a Catania nemmeno due milioni. Tutto qui, semplice semplice.
E dunque se il dipendente pubblico di Milano viene pagato la stessa cifra che il dipendente pubblico di Bari è come se fosse pagato un terzo di meno checché ne dicano i retori e i “buonisti” con il culo degli altri.
Ma a questo modo, obietta qualcuno, si divarica ulteriormente il differente livello di vita tra nord e sud che rende già talmente fittizio il concetto di un’Italia unica e coesa. No, a questo modo si dà una prima ed elementare risposta alla “Questione settentrionale”, allo scontento di larghe quote della popolazione settentrionale, uno scontento senza il quale non capisci un’acca del perché le due regioni trainanti della nostra economia, Lombardia e Veneto, siano rette da amministrazioni leghiste. Tutto qui. Semplice semplice.
GIAMPIERO MUGHINI