Alessandra Baduel per “la Repubblica”
WORSLEY
«Ho sparato tutti i miei colpi». Venerdì scorso l’esploratore britannico Henry Worsley, 55 anni, era al giorno numero 71 della sua traversata dell’Antartico in solitaria, senza supporti né assistenza, quando ha trasmesso il suo ultimo messaggio e chiesto aiuto: recuperato e portato in ospedale in Cile, non ce l’ha fatta, è morto per peritonite batterica.
Restano quelle ultime parole, lanciate online e dedicate al suo mito Sir Ernest Shackleton, eroe dell’esplorazione dell’Antartico di cento anni fa: «Ho sparato tutti i miei colpi, come ha detto il mio eroe la mattina del 9 gennaio del 1909».
È stata la moglie Joanna a comunicare «con il cuore spezzato» che suo marito è morto domenica «per il collasso di tutti gli organi ». Lascia oltre a lei i figli Max e Alicia, 21 e 19 anni. Patrono della spedizione era il principe William che ieri insieme al fratello Harry ha espresso tristezza per «un uomo che ha dimostrato grande coraggio e determinazione » e che era anche un amico.
HENRY WORSLEY 1
Quando ha chiesto aiuto, Worsley era a soli 48 chilometri dal punto dove la sua impresa inedita si sarebbe compiuta: attraversamento a piedi del Polo Sud in 75 giorni con solo sci ai piedi e una slitta da spingere senza l’aiuto di cani, carica di cibo, carburante per scaldarsi, il necessario per sopravvivere a temperature di meno 40 e oltre.
Una marcia di 1.770 chilometri, se l’avesse completata. Senza il supporto di rifornimenti in più paracadutati, che aveva avuto nel fare la stessa traversata l’esploratrice britannica Felicity Aston nel 2012, né l’ausilio di una vela per la slitta come ha avuto nel 1997 il norvegese Borge Ousland. No: lui voleva fare da solo.
Reduce da 36 anni passati nell’esercito, per il quale nel 2001 ha avuto il comando dell’”Operation Veritas” britannica in Afghanistan, il colonnello Worsley si è dedicato all’Antartico e ai viaggi di Sir Shackleton.
WORSLEY PRINCIPE WILLIAM
In particolare quello, celebre per gli appassionati - e ogni inglese - della nave Endurance, incastrata nei ghiacci e poi affondata, ricostruito più volte in libri e film che hanno narrato la sfortunata “Imperial Trans Antarctic Expedition” partita nel 1914 e finita nel 1917, mentre il mondo era travolto dalla Prima guerra mondiale.
Alla guida c’era appunto Sir Shackleton e l’avventura è stata tanto appassionante proprio per la bravura di quegli uomini naufraghi al Polo Sud ma riusciti a sopravvivere, con l’impresa di salvarli compiuta in prima persona, con una scialuppa, proprio da Shackleton nel 1915.
Guardava a quel passato glorioso, il colonnello Worsley, legato a quella memoria anche dalla parentela con il capitano dell’Endurance Frank Worsley. Era in nome di Shackleton che già nel 2008 aveva guidato una spedizione per commemorare un altro dei suoi viaggi, attraverso le montagne transantartiche, mentre nel 2011 celebrò il centenario delle spedizioni degli scopritori del Polo Sud, il britannico Robert Scott e il norvegese Roald Amundsen. Resta l’unico che ha completato tutti i tragitti “classici” dei tre esploratori.
WORSLEY POLO SUD
Durante questi 71 giorni, Worsley ha twittato su @shackletonsolo foto sorridenti, segnalando posizione e obiettivi. Poi il viso si fa sempre più magro. Fino a venerdì, quando in un audio spiega: «Vi devo informare con una certa tristezza che ho sparato tutti i miei colpi, non riesco a mettere uno sci davanti all’altro.
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Mi leccherò le ferite, passeranno e riuscirò a fare i conti con la delusione». Un obiettivo della spedizione era raccogliere 100mila sterline per i militari britannici feriti per l’Endavour Found, il quale ieri ha segnalato: obiettivo non solo raggiunto, ma superato.
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