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    VATICANO-ANO-ANO - NEL LIBRO “IL REGNO DEI CASTI” DI CARMELO ABBATE UN'INCHIESTA SUGLI SCANDALI SESSUALI NELLA CHIESA - IL RACCONTO DI DON SERGIO: “HO FREQUENTATO UN RAGAZZO MUSULMANO. UN GIORNO ANDIAMO A CASA E CI DROGHIAMO MA HO AVUTO UN MOMENTO DI BUIO. MI SONO RITROVATO CON LE FORZE DELL’ORDINE IN CASA. NUOTAVO SUL PAVIMENTO, CONVINTO DI ESSERE AL MARE, E PALPAVO I COGLIONI A UN CARABINIERE…”


     
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    Estratto del libro “il Regno dei Casti” di Carmelo Abbate

     

    il Regno dei Casti - Carmelo Abbate il Regno dei Casti - Carmelo Abbate

    Mi aveva scritto raccontandomi la sua esperienza dentro il centro dei Padri Venturini a Trento, luogo dove vengono accolti e curati i preti con disturbi sessuali. E dove lui, guarda caso, aveva vissuto «una sbandata pazzesca per un confratello, con tanto di intimità sessuale».

     

    Avevo incontrato più volte don Sergio. Mi aveva raccontato di quando, già prete scafato, il sindaco gli aveva chiesto di ospitare un migrante di quasi trent’anni in attesa di sistemazione. «Un sabato sera lo portai con me a una festa all’aperto, dove ci offrirono da bere dell’ottima birra. Faceva molto caldo, c'era parecchia gente. Mi accorsi che l’amico s’era sbottonato la camicia e si accarezzava con studiata nonchalance, indugiando soprattutto sui capezzoli. Allungai la mano, lo accarezzai, lui mi sorrise candidamente e ricambiò il mio bacio in bocca. Qualche giorno dopo venni convocato dal vescovo e spedito in una comunità».

     

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    Dopo lunghe serate ad alto contenuto alcolico, io e don Sergio eravamo entrati in confidenza, al punto che mi aveva raccontato la sua infanzia, la scoperta dell’omosessualità, le prime esperienze, le scorribande notturne nei luoghi di battuage, la decisione di farsi prete per trovare una specie di rifugio.

     

    Mi aveva parlato di quella volta in cui, in Italia, si era «fatto» un musulmano, dandogli una mancetta, e poi si erano sparati una canna: «Telefono a un mio amico, gli chiedo di procurarci la droga. Ero in vena di spendere: cento euro. Mi ha dato una roba che non finiva più.

     

    Andiamo a casa mia, ci facciamo questa roba e ho avuto un momento di buio. Fatto sta che mi sono ritrovato, sempre a casa mia, con il mio parroco e i carabinieri. Io nuotavo sul pavimento, convinto di essere al mare, e palpavo i coglioni a un carabiniere. È finita che mi hanno cacciato dalla diocesi».

     

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    Con il passare del tempo, don Sergio mi aveva parlato delle sue esperienze erotiche in Giordania e in Sudamerica, anche con minori: in America Latina «c’era un ragazzino di quattordici anni al quale io stavo molto simpatico. Era una meraviglia. Era amico della segretaria della parrocchia. Veniva lì il pomeriggio, dopo la scuola. Faceva i compiti. Poi, sai, ridi, scherzi, i latinoamericani sono molto liberi, per cui una toccata di qua, una toccata di là, alla fine è andata. Tante volte».

     

    Don Sergio mi aveva confidato perfino le fantasie che gli scatenava un ragazzino proprio nei giorni dei nostri incontri: «C’è un bimbo di undici anni che viene a farmi da chierichetto che è uno splendore. Bellissimo. Biondo, palpebre pesanti che gli danno l’aria da gatto. Due labbra che sono una meraviglia».

     

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    Si sentiva assolto da tutti, don Sergio. E mi raccontava del rapporto stretto e confidenziale che aveva col suo vescovo: «Lui dice che con me non si annoia mai, perché gli porto sempre delle cose che lo fanno divertire».

     

    Oggi don Sergio è ancora prete, come risulta dall’annuario della diocesi del Nord Italia. Ma dove si trova? Sono andato a cercarlo su Facebook. Incredibile ma vero, ha coronato il suo sogno. In uno degli nostri incontri mi aveva riferito che aveva chiesto al vescovo di mandarlo in Africa. È stato accontentato.

     

    Vive in una città africana gemellata con la sua diocesi. Sulla sua pagina Facebook posta foto che lo ritraggono abbracciato a giovani e ragazzini. E a chi gli chiede cosa ci faccia in Africa, lui candidamente risponde: «Avevo necessità di scrivere un nuovo capitolo della mia vita». E aggiunge emoticon con dei “porcellini”. Sgrunt, sgrunt. Nei suoi commenti, il verso dei maiali è ricorrente.

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