Simona Ravizza per il “Corriere della Sera”
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«La verità è che amo le rughe delle migliaia di donne che si sono rivolte a me in tutti questi anni, le loro smorfie e le pieghe del volto con cui parlano anche in silenzio». Sullo sfondo dell'incontro con Antonino Di Pietro, 66 anni, in occasione dell'uscita oggi del libro La bellezza è l'imperfezione (edizioni Solferino), viene spontanea una domanda: che cosa può avere ancora da dire il dermatologo dei vip dopo avere rilasciato all'incirca quattromila interviste in 25 anni, ogni settimana presente in edicola su almeno un paio di giornali contemporaneamente, rubriche fisse su settimanali, nessuna rivista o quotidiano che almeno una volta non abbia pubblicato la sua opinione?
antonino di pietro la bellezza e' l'imperfezione
«Mi piacerebbe poter dire che la mia vittoria è definitiva e che tutti hanno capito qual è la strada giusta, ma quel momento non è ancora arrivato - mette subito in chiaro il medico, considerato il padre della dermatologia plastica rigenerativa e fondatore dell'Istituto dermoclinico Vita Cutis di Milano - Non posso fermarmi perché, oggi come in passato, nel vedere il viso di una persona deturpato dalle mani di chi vende "false illusioni", provo la stessa sofferenza di un tempo. Perciò la mia missione continua».
Le sfide È l'ottobre 1985, il giorno della sua tesi di specialità sui «nevi displastici» (a metà strada tra un neo regolare e un melanoma), quando il suo mentore Ruggero Caputo gli chiede: «Ma lei cosa pensa?». In quell'istante Di Pietro capisce che nulla di ciò che ha studiato è un dogma e che anche lui ha la possibilità di cambiare la visione delle cose. Da quel momento, non ancora trentenne, comincia a farlo. La prima sfida è scalfire la convinzione diffusa tra i suoi stessi colleghi che i dermatologi attenti agli inestetismi e all'invecchiamento della pelle sono poco seri perché si preoccupano di cose frivole.
nicole kidman
Sono i tempi in cui parlare di problemi estetici in clinica dermatologica universitaria è considerato blasfemo: «Ma questo paziente in fondo ci sta chiedendo aiuto perché siamo specialisti della pelle. È venuto qui perché pensa che le nostre opinioni possano essere le più competenti - è il ragionamento di Di Pietro -. Perché non aiutarlo? Possibile che noi non riusciamo a fare nulla per lui?».
La seconda battaglia è contro la paralisi dei muscoli, i riempimenti a pallone e i laser bulldozer: «Labbra gonfie come wurstel, zigomi simili a palline da ping pong, cordoni e noduli al posto delle rughe, sguardi statici e sorrisi artefatti - scrive Di Pietro rappresentano l'orrore di una bellezza di plastica, senza vita».
renee zellweger
La giovinezza relativa Di famiglia modesta, padre impiegato statale e madre casalinga, due fratelli più piccoli, l'odio per il latino in seconda superiore che spinge l'insegnante a consigliare alla famiglia di ritiralo dal liceo per fargli frequentare una scuola professionale, l'orgoglio di dovercela fare che infine ha la meglio, il mantra di Di Pietro è che la giovinezza non significa invertire le lancette dell'orologio e tornare indietro di vent' anni. «Esiste una giovinezza - ripete - per ogni periodo della vita. Quello che si può fare è aiutare la pelle a rigenerarsi, migliorandone l'elasticità e la tonicità».
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Ecco, allora, che cos' ha ancora da dire nelle 151 pagine de La bellezza è l'imperfezione questo medico molto combattuto e odiato da tutti quelli che iniettano botulino: qual è, dal punto di vista di chi del ringiovanire donne e uomini ne ha fatto un mestiere di successo, la vera bellezza. «Credo che la bellezza di un uomo o di una donna sia l'emozione che trasmettono le imperfezioni, quei difetti non prevedibili che scopri osservando da ogni angolo il suo viso - è la sua convinzione -. Difetti che ci rendono unici, simpatici o antipatici, e che alla fine fanno sì che piacciamo a chi ci sceglie e decide di amarci per come siamo».
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La nuova rincorsa È un messaggio che in epoca di «Zoom fatigue » (ossia della stanchezza da utilizzo di Zoom e altre piattaforme tecnologiche), è più d'attualità che mai: «La telecamera del telefonino o del computer è uno strumento impietoso. Ogni volta che guardiamo noi stessi attraverso la microcamera dello smartphone, rischiamo di avere una brutta sorpresa: la luce dei cellulari non è adatta a valorizzare il nostro aspetto. Al contrario, crea ombre anomale sul viso che ci fanno sembrare più brutti, più stanchi, più vecchi di quanto non siamo in realtà. Di qui la nuova rincorsa a ringiovanirsi». Desiderare una pelle fresca e giovane non è un capriccio, ma nessuno - e bisogna ricordarselo bene - può restituire i vent' anni. Né tantomeno farlo con visi immobili che non riescono più a trasmettere emozioni di base come gioia, dolore e rabbia.
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