CLAUDIO FERLAN - SBORNIE SACRE SBORNIE PROFANE
Roberto Bertinetti per “il Messaggero”
Imbattibili strumenti di propaganda, dispositivi di controllo e, secondo i religiosi, insuperabili termometri morali, gli alcolici attraversarono l'Oceano insieme agli spagnoli e ai portoghesi diventando in fretta strumenti di sottomissione.
«Vino e altri liquidi spiritosi sono ormai nelle nostre mani purissime un'arma formidabile, poiché le nazioni del nuovo mondo sono state domate e distrutte da essi più che dalle armi da fuoco», sosteneva il gastronomo francese Jean Brillat-Savarin a inizio Ottocento.
i conquistadores e gli inca
Non c'è sintesi migliore delle strategie occidentali di dominio coloniale secondo Claudio Ferlan, autore di Sbornie sacre, sbornie profane (l Mulino, 169 pagine, 15 euro), un saggio sulla storia dell' ubriachezza dal Vecchio al Nuovo Mondo nel quale si raccontano i catastrofici effetti sui popoli delle Americhe delle pessime abitudini apprese dai conquistatori.
BOTTIGLIE
Prima del XVI secolo, infatti, aztechi o peruviani non conoscevano le bevande ben note nelle corti europee di cui si innamorarono in fretta. «Date due o tre bottiglie a questi selvaggi e li vedrete vuotarle una dopo l'altra sino a quando non le avranno viste asciutte», testimonia un missionario al seguito di Cortés in un trattato composto per suggerite le modalità da utilizzare per vincere le resistenze degli indigeni.
Martin Lutero
A Madrid e Lisbona compresero in fretta che si trattava di una strategia vincente per garantirsi a lungo e senza sforzi la supremazia, assicurandosi il controllo del commercio di spezie, argento e oro. Il nesso indissolubile tra ebbrezza e abitudini peccaminose fu utilizzato senza risparmio dai vertici ecclesiastici cattolici dopo la riforma luterana per mettere sotto accusa tutti i seguaci del monaco tedesco.
Lo stesso Lutero, documenta lo storico, venne ripetutamente raffigurato come un compulsivo bevitore di birra con la pancia a forma di botte. Il riformatore, dal canto suo, non negò mai questa passione anche se nei celebri Discorsi a tavola, raccolti dai suoi commensali tra il 1531 e il 1544, rifiuta le regole imposte dalla Chiesa di Roma, mostrandosi assai indulgente nei confronti del bere e pronto a esibire senza risparmio le proprie doti di resistenza.
L'OPZIONE
CUCINA AZTECA
Gli studiosi si sono poi incaricati di stabilire che un'opzione decisa per l'astinenza dal vino (o dalla carne) sarebbe stata certo una cosa buona e giusta in linea di principio ma, realisticamente, pareva difficile se non impossibile chiedere tanto ai monaci del tempo. Meglio accontentarsi di un consumo moderato, specie alla luce dei documenti che provano un consumo quotidiano medio di almeno quattro litri di vino di ogni buon benedettino tra il Trecento e il Seicento.
Certo, la gradazione non era quella a cui siamo abituati oggi, ma rimane in ogni caso una quantità smodata. Di avviso diverso si mostrarono i partecipanti al Concilio di Trento, che nelle norme relative al digiuno quaresimale stabilirono che per un religioso soffrire la sete durante questi periodi avrebbe rappresentato un gravissimo pericolo per la sua integrità morale perché metteva a rischio la salute del corpo e dell'anima.
TOLLERANZA
vino rosso
Nonostante la sua esibita tolleranza nei confronti del vino o della birra, anche Lutero ripetutamente si scagliò contro chi, ubriaco, provocava disordini nelle taverne contravvenendo ai precetti divini, dando scandalo agli occhi degli stranieri in viaggio in Germania. I tedeschi godevano di pessima fama nell' intero continente e i frequenti disordini provocati da ubriachi la alimentavano.
Secondo il riformatore se la punizione divina o quella prevista dalla legge non sortivano effetti dovevano porvi rimedio i magistrati locali. In altre parole, quando la libertà del singolo appariva in contrasto con gli interessi pubblici anche Lutero criticava gli atteggiamenti scomposti causati dall' ebbrezza alcolica.
BIRRA ARTIGIANALE
Ci fu ancora l' ubriachezza all' origine del massacro di Wounded Knee che nel dicembre 1890 pose fine negli Stati Uniti alle guerre contro gli indiani. Gran parte dei soldati del generale Custer, scrive Ferlan in chiusura del volume, prima di scendere in battaglia si erano lasciati tentare dal whisky e avevano deciso tra loro, nonostante gli ordini ricevuti, di rispondere con il fuoco al minimo gesto di resistenza dei nativi inermi.
L'ultimo episodio del conflitto in atto tra i Sioux e il Settimo Cavalleggeri si risolse così in un terribile bagno di sangue alimentato dall' alcol. Con un bilancio raccapricciante: in pochissimi minuti persero la vita almeno centocinquanta tra donne e bambini, inseguiti e freddati sino a qualche chilometro di distanza dal loro accampamento.