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    FRANCAMENTE ME NE IN-FISCO - NEL MIRINO DELLA PROCURA DI MILANO CI SONO I CONTI DI AMAZON, FACEBOOK E ALTRI COLOSSI DELLA RETE: I PM VOGLIONO CAPIRE SE HANNO EVASO LE TASSE - LA PRIMA A CADERE E’ STATA GOOGLE A CUI SONO CONTESTATI 227 MILIONI DI EURO


     
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    ELLEKAPPA - GIGANTI DEL WEB E EVASIONE FISCALE ELLEKAPPA - GIGANTI DEL WEB E EVASIONE FISCALE

    Fabio Poletti per “la Stampa”

     

    La prossima a pagare potrebbe essere la Western Digital, il colosso americano dell'hardware. Ma nel mirino della Guardia di finanza e della procura di Milano ci sono Amazon, Facebook e altri colossi della rete, i cui conti sono passati ai raggi X per verificare se queste sono evasioni fiscali milionarie.

     

    L'ultima a cadere nella rete è Google. Apple a dicembre aveva trovato un accordo col fisco restituendo 318 milioni per omessa dichiarazione dei redditi dal 2008 al 2013. Adesso tocca al motore di ricerca di Mountain View a cui la Guardia di Finanza contesta un' evasione tra i 227 e i 300 milioni di euro per un volume d' affari complessivo su contratti pubblicitari per banner e annunci per oltre 1 miliardo.

    EVASIONE FISCALE EVASIONE FISCALE

     

    LA CAPOFILA A DUBLINO

    Nel fascicolo passato dalle Fiamme gialle alla procura che ha aperto un' inchiesta per evasione fiscale ma senza indagati, ci sono le mail tra i dirigenti di Google con i percorsi dell' operazione finanziaria, tutti i contratti pubblicitari firmati in Italia e poi pagati a Google Ireland, la capofila della presunta evasione fiscale con sede a Dublino, dove le tasse arrivano al 12% dell' imponibile, molto più basse che in Italia.

     

    Google Google

    E ci sono pure i verbali dei clienti italiani di Google ascoltati come testimoni. Non risulta che sia stato mai interrogato, invece, alcun manager di Google Italia. Come conferma la direttrice dell' Agenzia delle entrate Rossella Orlandi: «Non posso fare dichiarazioni su operazioni in corso ma posso confermare che non abbiamo incontrato la società».

     

    La difesa del gruppo Da Mountain View i vertici di Google agitano un ramoscello di ulivo: «Noi rispettiamo le normative fiscali in tutti i Paesi in cui operiamo. Continuiamo a lavorare con le autorità competenti».

     

    logo facebook logo facebook

    L' idea come sempre è di trovare un accordo prima di finire nel penale. Ancora più urgente perchè Agenzia delle entrate, dopo le ispezioni della Guardia di finanza, ricalcola le imposte dovute, aggiungendo le sanzioni più gli interessi. In teoria la cifra da pagare potrebbe addirittura raddoppiare. Ma con la volontà di raggiungere un accordo e il cosiddetto ravvedimento operoso, si potrebbe arrivare ad uno sconto.

     

    amazon logo amazon logo

    Il pool di Milano Anche perchè nel piatto le cifre che girano, tra quelle dichiarate e quelle reali, sono decisamente troppo distanti. Nel 2014 le più importanti aziende della rete - Google, Apple, Amazon, e-Bay, Facebook e Twitter - hanno versato al fisco 9 milioni di euro.

     

    Tra tutte. Google che in Italia fatturava più di 2 miliardi ha pagato al fisco poco più di 2 milioni. Un' inezia in confronto. Da qui le ispezioni della Guardia di finanza finite ora in un fascicolo sul tavolo di Francesco Greco, il magistrato che coordina il pool dei reati finanziari da sempre.

     

    Oggi che è in corsa per diventare procuratore capo a Milano e che è consulente di palazzo Chigi, il magistrato che ha affidato il fascicolo Google al sostituto Isidoro Palma, può vantare una conoscenza dei reati dei colletti bianchi che pochi hanno. Francesco Greco non si è fatto mancare niente: dalle tangenti Fiat a quella di Enimont ai tempi di Tangentopoli, dall' affaire All Iberian che ha inguaiato Silvio Berlusconi, fino al buco di Parmalat e alla scalata Antonveneta.

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    Oggi è suo il modello che mette nel mirino i colossi del Web. Un modello lodato pure da The Times. Alla fine la storia è quella di sempre: le società del gruppo Google devono pagare royalties alla società madre. Su quel miliardo Google Ireland ha pagato 600 milioni a una società olandese che a sua volta li ha rigirati a un' altra società irlandese fiscalmente domiciliata alle Bermuda. Lasciando solo le briciole al fisco italiano.

     

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