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    NELL'ERA DEI SOLD OUT GONFIATI, ULTIMO RIESCE A PORTARE 200 MILA SPETTATORI IN 3 DATE ALL'OLIMPICO - CHISSA' COME ROSICANO QUEI GIORNALISTI DELLA SALA STAMPA DI SANREMO CHE LO HANNO STRONCATO NELLE VOTAZIONI AL FESTIVAL 2023 – E ULTIMO DURANTE IL CONCERTO LI ATTACCA SUL PEZZO “CANZONE STUPIDA” (MA NON TUTTI I GIORNALISTI SONO ANTIPATICI AL CANTANTE DI SAN BASILIO: LA STORIA SU INSTAGRAM CON IL "TROVAROMA" DI REPUBBLICA) – LA LETTERA DI "LEGGO" E IL DUETTO CON ANTONELLO VENDITTI: VIDEO


     
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    Estratto da rockol.it

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    Quelle sei lettere stampate sulla canottiera che indossa nel video che riproduce i riti che esegue al momento di salire sul palco, mostrato sul maxischermo orizzontale che si illumina non appena si spengono le luci dello Stadio Olimpico, prima dell’ingresso con “Sono pazzo di te”, gli ricordano che Ultimonon è un nome d’arte. È semmai un’idea, un concetto, una filosofia. Niccolò Moriconi lo ribadirà anche alla fine dello show, sulle note di “Sogni appesi”, la sua canzone-manifesto: “Da quando ero bambino, solo un obiettivo / dalla parte degli ultimi, per sentirmi primo”, urlerà, con tutta l’adrenalina che ha in corpo, facendosi specchio, immagine riflessa di chi gli sta davanti e intorno.

     

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    Quello che ieri sera lo ha visto tornare ad esibirsi nella sua città a un anno dallo show al Circo Massimo è stato il primo di tre concerti - replica stasera e poi ancora lunedì - per i quali gli organizzatori hanno dichiarato altrettanti sold out: 195 mila i biglietti venduti. La favola di Ultimo assume dimensioni sempre più epiche.

     

     

     

    Come in ogni favola, anche in quella di Niccolò-Ultimo ci sono degli antagonisti. Non importa se immaginari o reali. Per Ultimo sono i detrattori. Il primo sassolino dalle scarpe, sul palco dell’Olimpico, se lo leva nel duetto intergenerazionale con Antonello Venditti, che definisce un “padre artistico”, su “Sora Rosa”: “C’ho er core a pezzi pe’ la vergogna / de questa terra che nun m’aiuta mai / de questa gente che te sputa n’faccia / che nun ha mai preso ‘na farce in mano”, canta, in romanesco, portando nei versi di una delle prime canzoni di Venditti l’insolenza e la disillusione di chi è sempre stato ai margini, quella sana rozzezza di chi è nato ai bordi di periferia.

     

     

    “È una canzone che parla agli ultimi. L’ascoltavo quando avevo 15 anni”, racconta Ultimo, sotto lo sguardo severo di Antonellone, prima di sedersi con le gambe incrociate a guardare il maestro alle prese con la classica “Notte prima degli esami”.

     

    Su “Canzone stupida”, come al debutto della scorsa settimana a Lignano Sabbiadoro, arriva l’attacco ai giornalisti. È una strategia di posizionamento: andare contro la stampa è comodo, funziona. Soprattutto se tra tutti gli articoli usciti in questi anni sceglie i quattro o i cinque che sono più funzionali al tipo di racconto che vuole costruire. “Canzone stupida, canzone stupida / come te, come quello che scrivi”, sorride, indicando gli articoli riprodotti sul maxischermo.

     

    LA LETTERA DI DAVIDE DESARIO
    Davide Desario per www.leggo.it

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    Caro Niccolò, questa è un’altra volta la tua sera. È la sera di tutti i romani che si sentono ultimi e amano Ultimo. Ti amano per come sei. Per le tue canzoni, prima di tutto. Ma anche per il tuo essere così: un po’ chiuso e un po’ sensibile; un po’ gioioso e un po’ triste; un po’ pieno di te e un po’ fragile. Come tutti, in fondo. E forse è questo il segreto del tuo successo, del tuo essere a 27 anni già un punto di riferimento per tantissime persone, donne e uomini, giovani e meno giovani.
     
    E anche stasera sono tutti qui a cantare, ad ascoltarti, a ballare, a filmarti con i cellulari e a sbatterti sui loro profili Instagram e Tik Tok. È bellissimo. Come fu bellissimo all’Olimpico 4 anni fa e al Circo Massimo lo scorso anno. Per questo Leggo, il giornale gratuito del Paese reale (quello che prende i mezzi pubblici per andare a lavorare, a scuola, all’ospedale), ha deciso di celebrare questo evento realizzando un numero speciale, sempre gratis, dedicato a te. Avremmo voluto farti un’intervista per parlare della tua musica, delle tue emozioni.
     

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    Sarebbe stato un altro tuo grande regalo a tutti coloro che ti seguono, ti apprezzano e hanno pagato un biglietto per te. Ma il tuo staff ha detto no. Abbiamo chiesto allora se potevi darci un articolo a tua firma, sempre da dedicare ai tuoi fan, ma hanno detto no. In un estremo tentativo di fare qualcosa di speciale per te e per il tuo pubblico abbiamo chiesto semplicemente una tua fotografia, con la dedica per i lettori di Leggo che avrebbero preso l’inserto. Pensa che bello: una pagina unica che avrebbero potuto attaccare in cameretta, al bar, in ufficio.
     
    Ma il tuo staff ha detto no. Noi ce l’abbiamo messa tutta lo stesso per realizzare questo numero. E continuiamo a sostenerti ed apprezzarti, così come sei. Quando però resti male per come qualcuno, giornalisti compresi, ti tratta pensa anche a come il tuo entourage, quello che viene pagato da te e dovrebbe fare il tuo bene e consigliarti la cosa migliore, tratta gli altri. Perché siamo tutti ultimi. E tu lo sai meglio di tutti. Daje

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