CHIP AUTOMOTIVE
Giorgio Ursicino per "il Messaggero"
I chip frenano l'auto. Nell'ultimo mese sono state consegnate, nei 28 paesi della UE, più quelli Efta e la Gran Bretagna, il 30% di vetture in meno rispetto allo stesso periodo del 2020. In questo scenario poco allegro, gli unici che ostentano tranquillità sono proprio i costruttori. Al contrario di quello che sta accadendo nel mercato, infatti, con gli indici in profondo rosso, tutte le trimestrali delle principali case hanno segnato livelli record.
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Si è sempre saputo che la sovrapproduzione può mettere in crisi i risultati finanziari, ma questa è la prova provata. In realtà ai vari brand del settore stavano tremando i polsi perché una manovra a tenaglia poteva stritolare il comparto scatenando una tempesta perfetta. C'era da sperare nell'istinto di sopravvivenza. Da una parte l'attesissima, ma pure complessa transizione energetica che avrebbe spinto con vigore le vetture verso l'elettrificazione.
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Dall'altra, l'improvviso arrivo della pandemia che ha mandato in tilt gli acquisti di beni costosi e messo pressione all'andamento economico. Ecco che, all'improvviso, sono arrivati i chip, trasformandosi, in poco tempo, da problema in opportunità. Se scarseggiano i semiconduttori è d'obbligo tagliare la produzione.
E, di conseguenza, i piazzali non si riempiono, gli stock si alleggeriscono, i tempi di consegna si allungano e, quasi per miracolo, la auto non devono essere spinte, ma si vendono a prezzo pieno. Un'occasione formidabile per affrontare una fase indigesta. Ma allora la crisi dei chip è finta? Non scherziamo.
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Il covid nella sua fase di lockdown ha sicuramente creato problemi a strutture globali. I costruttori di auto, però, non si stanno tagliando le vene per questa carenza e, per il loro sguardo sereno, l'impressione è che non facciano salti mortali per procurarseli. Ci sono molti altri elementi che confermano questo quadro.
L'enormità della perdita dell'ultimo mese è accompagnata dal cumulato dei 10 mesi che è lo stesso dell'anno drammatico 2020 e c'è un enorme buco (oltre 3 milioni di pezzi) rispetto allo stesso periodo del 2019.
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Per affrontare questo enorme problema, come hanno fatto altri paesi, non serve piangere perché non ci sono risorse per il settore nella manovra di fine anno. L'argomento deve essere affrontato in modo strutturale con un piano ad hoc. Necessariamente pluriennale.