Giacomo Amadori per “La Verità”
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In tanti hanno provato a denunciare sprechi e giochi di potere dentro la Rai. Ma in pochi lo hanno fatto dall'interno, con un contratto in essere e da un osservatorio privilegiato, come può essere quello di caporedattore centrale della testata giornalistica regionale della tv pubblica, dove lavora la metà dei 1.750 giornalisti Rai.
I capiredattori centrali della Tgr in Italia sono quattro e hanno sopra di sé solo direttore, Alessandro Casarin, due condirettori (Roberto Pacchetti e Carlo Fontana) e sei vicedirettori.
ALESSANDRO CASARIN
Tarcisio Mazzeo, 64 anni, originario del Beneventano ma ligure di adozione, giornalista professionista dal 1982 e dipendente Rai dal 1990, è capo della redazione di Torino ed è uno di quei quattro capiredattori centrali.
A fine agosto, assistito dall'avvocato genovese Maurizio Mascia, ha presentato una denuncia alla Procura del capoluogo piemontese per mobbing e stalking aziendale, documento di cui La Verità è entrata in possesso.
alessandro casarin
Oggi Mazzeo è a casa per malattia. Nella querela ha descritto un'azienda stretta nella morsa sindacato-politica e in cui i giornalisti sono perennemente a caccia di privilegi. La causa scatenante della denuncia è stata la decisione della Rai di sollevarlo senza avviso da un incarico che di solito viene rinnovato automaticamente.
Il giornalista, che difenderà le sue ragioni in Tribunale, ritiene che la sua bocciatura sia legata a interessi superiori. Cdr e Usigrai gli avrebbero fatto «una guerra totale per sostenere il proprio candidato» e la direzione li avrebbe lasciati «lavorare nella prospettiva di sostituire» Mazzeo, «con il candidato del loro partito di riferimento», in questo caso la Lega. Mentre il predecessore di Mazzeo sarebbe stato d'area Pd.
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Dunque il caporedattore sarebbe il vaso di coccio tra direzione e Usigrai, «che esercita con molta energia il proprio contropotere, favorendo gli amici». Con tanto di esempio: «In una sede regionale una bravissima collega destinata a diventare vicecaporedattrice non piaceva al sindacato, che proponeva un altro nome: poiché "non era il caso di fare un braccio di ferro", è passato l'altro. [] La mia direzione ha dimostrato di avere soggezione massima dell'Usigrai».
nota spese per usare i bagni alla stazione di alessandria
Ma il sindacato avrebbe messo lo zampino anche in altri avvicendamenti. Come si legge sempre nella querela: «Permettendo il mio allontanamento, dopo che lo stesso ha fatto in Toscana e allo stesso rischio è esposta la delicatissima sede di Trieste (fa anche tg e gr in lingua slovena), la direzione sta alimentando, a proprio evidentissimo danno, uno squilibrio pericoloso nel rapporto di forza con l'Usigrai, che tende a imporre la propria volontà» ha raccontato Mazzeo.
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Il caporedattore in disgrazia fa accuse specifiche e circostanziate e parla anche di «demolizione della sua immagine professionale e personale», essendo stato descritto come «aggressivo, maleducato e indisponibile al dialogo».
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Al suo arrivo a Torino il giornalista avrebbe trovato una situazione desolante: «Mi colpiscono l'alto numero di servizi che i colleghi si assegnano da soli, annunciando accordi già presi con operatori e persone da intervistare, e la quasi assoluta mancanza di controllo su ciò che va in onda».
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Nella denuncia sottolinea anche «l'uso incontrollato e non sempre giustificato del taxi»; «l'abitudine di impiegare operatori in appalto facendoli partire da Torino anziché ricorrere a service locali, il cui utilizzo dimezzerebbe le spese, ma costringerebbe i giornalisti a recarsi personalmente sul posto anziché farsi portare»; «la gestione non sempre lineare degli stessi appalti, cui chiunque può chiedere strumenti tecnici aggiuntivi senza nessun controllo sui costi»; «le incongruenze della pratica "acquisto immagini", che prevede incredibili costi di invio (120 euro anziché zero utilizzando Internet) a fronte di un limitatissimo uso dei "girati"».
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Mazzeo avrebbe provato a porre rimedio a questi sperperi e, a suo giudizio, questo sarebbe stato il casus belli che gli ha messo contro collaboratori e sindacato: «Ciò che ha con tutta evidenza disturbato una parte della redazione, trovando sostegno nella componente sindacale, sono stati i miei interventi sulle modalità di spesa del denaro pubblico» e in particolare la cancellazione della «comodità di partire da Torino per andare ovunque, usando gli operatori in appalto come autisti ovviamente pagati»; l'adozione della «regola aziendale per la quale i giornalisti devono farsi autorizzare il taxi e poi portare la ricevuta»; l'eliminazione della «pratica di accumulare recuperi trasformando i fine settimana di riposo in giorni coperti dalla legge 104»; l'abolizione dell'«uso di andare in un'altra città per partecipare come ospite a convegni utilizzando il regime di trasferta», anziché moderarli o fare da relatori nei giorni liberi dal lavoro.
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A proposito dell'utilizzo della 104 Mazzeo fa l'esempio della responsabile del Tg Leonardo Silvia Rosa-Brusin e racconta che era solita segnarsi il permesso per assistere la mamma il sabato e la domenica, per poi smaltire d'estate i riposi accumulati durante l'anno: «In pratica non lavorava per tre mesi».
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Ma il caporedattore segnala altri casi, come quello del caposervizio Daniele Cerrato, dal 2009 al 2021 presidente della Casagit salute, la cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti. Cerrato, a dire di Mazzeo, durante la presidenza dell'ente, «viene in redazione per cinque giorni al mese, conduce la trasmissione e poi torna a Roma dove nelle quattro settimane successive fa il presidente di Casagit, poi torna a Torino per un altro turno di conduzione e così via, salvo il periodo estivo, quando Leonardo non va in onda e lui si divide fra Casagit e vacanze».
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Aggiunge Mazzeo: «L'orario di lavoro del gruppo Leonardo è incontrollabile: un vecchio caporedattore centrale si metteva dall'ascensore per salutare chi usciva con ampio anticipo rispetto agli altri, tutt'altro che gratificati da questa disparità».
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L'inviato Maurizio Menicucci, invece, è stato al centro di uno strano caso legato al Covid. Nel 2015 mandò in onda un servizio su un esperimento effettuato dalle università della North Carolina e di Wuhan intitolato «Scienziati cinesi creano super virus polmonare da pipistrelli e topi. Serve solo per motivi di studio, ma sono tante le proteste».
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Nel marzo 2020, a inizio pandemia, il servizio diventa virale e nello stesso periodo uno studio di Nature Medicine smentisce ogni collegamento della pandemia con l'esperimento, sostenendo che l'attuale virus è di origine naturale, non artificiale. Menicucci fa subito un servizio di rettifica sul Tg3. Ma non sarebbe bastato.
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Mazzeo ricostruisce così quello che accadde: «La direzione dice di aprire tutti i Tg regionali» sul servizio virale, «mettendo nel titolo, nel lancio e in uscita l'avviso che la storia del 2015 era stata più volte smentita. Dieci minuti prima del Tg arriva un contrordine: non si mette niente. Gira voce che il segretario dell'Usigrai Di Trapani (Vittorio, ndr) abbia chiamato il direttore Casarin e gli abbia detto: ma come facciamo a mettere in onda un servizio dicendo prima e dopo che era tutto falso? Insomma Di Trapani si è sostituito al direttore?» domanda il querelante.
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Successivamente Mazzeo chiede chiarimenti a Menicucci e questo sbotta: «È da ieri che mi state minacciando». Chi ha intimidito Menicucci per un servizio che dava la colpa del Covid a un esperimento cinese? Non è dato sapere.A Torino c'è pure chi, come Paolo Volpato, ha chiesto, innervosendo il capo della redazione, il rimborso di 1 euro per l'utilizzo dei servizi igienici alla stazione di Alessandria durante una trasferta.
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Ricordiamo, infine, l'episodio che ha esacerbato definitivamente i rapporti tra Mazzeo e il sindacato ed è collegato al lavoro all'alba (il cosiddetto turno A) del giornalista del Tg Leonardo Antonio Sgobba: «Durante l'emergenza Covid prima ottenne un mese di distacco a Milano, dove risiede, con una richiesta difficile da respingere. Poi tentò di autoassegnarsi l'obbligo di fare quotidianamente il pendolare, cosa che lo avrebbe esentato dal lavoro all'alba».
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La motivazione dell'istanza? Sgobba non aveva un regolare contratto di affitto a Torino e quindi non poteva dimostrare, in caso di controlli, di essere domiciliato nel capoluogo piemontese. Il caporedattore rimase basito di fronte a questa giustificazione e non le mandò a dire al collega: «Non gli consentii di fare il pendolare e allora mi denunciò al sindacato». Praticamente (giura Mazzeo) l'inizio della sua fine.