Giacomo Amadori per “la Verità”
NICOLA E ANGELA ZINGARETTI
La bomba è deflagrata ieri mattina con lo scoop della Verità che rivelava l'accusa di danno erariale da oltre 11 milioni di euro (11,7 per l'esattezza) mossa dalla Corte dei conti nei confronti del governatore del Lazio Nicola Zingaretti e del responsabile della Protezione civile regionale Carmelo Tulumello. Il danno deriverebbe dal lauto anticipo versato dalla Regione alla Ecotech Srl che alla fine non è riuscita né a consegnare i dispositivi di protezione, né a restituire i denari ricevuti come acconto.
L'agguerrita consigliera di Fratelli d'Italia Chiara Colosimo, che per prima denunciò le stranezze dell'affare, ha subito dichiarato: «Oltre ad essere accusata di "bufale" e minacciata di denunce avevo sollevato esattamente quanto sembra emergere dalla Corte dei conti» e cioè l'affidamento delle forniture a una società «non affidabile». Con climax finale: «A questo punto non Fdi, ma sarebbe la Corte di conti a mettere fine al cosiddetto "modello Lazio". Mi pare che il banco di Zingaretti sia saltato e con lui tutte le sue bugie».
ENRICO LETTA NICOLA ZINGARETTI
La Regione ha respinto le accuse citando l'archiviazione decisa dall'Autorità nazionale anticorruzione sulla medesima questione: «L'Anac ha rilevato come il parziale pagamento anticipato sia "espressamente consentito dalla disciplina emergenziale sia in modalità parziale sia integralmente"» si legge in una nota. «In ogni caso, nel periodo cui si riferiscono i fatti, il presidente Zingaretti era in isolamento domiciliare avendo contratto il Covid ed era sollevato da ogni sua funzione istituzionale». Ma questa è una giustificazione che non metterebbe al riparo il governatore dalle accuse.
roberto gualtieri enrico letta silvia roggiani nicola zingaretti foto di bacco (1)
LE CONTESTAZIONI
Infatti nell'invito a dedurre (che corrisponde all'avviso di chiusura delle indagini nei procedimenti penali) spedito ai due «indagati» dalla Corte dei conti viene considerata particolarmente scivolosa una decisione presa dopo il ritorno (il 2 aprile 2020) dell'ex leader dem sulla tolda di comando, ovvero quella di sottoscrivere nuovamente (il 10 aprile) con la Ecotech i contratti annullati solo pochi giorni prima, quando in Regione avevano iniziato a sentire puzza di bruciato.
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Inoltre l'8 aprile venne diramato questo comunicato stampa che difendeva la scelta della Ecotech come fornitore contro bufale e strumentalizzazioni: «Ribadiamo che non si tratta di truffa poiché proprio stamattina si è svolto un incontro tra la Protezione civile regionale e i vertici dell'azienda Ecotech srl che hanno confermato la volontà di evadere tutti gli ordini ricevuti (9,5 mln di dispositivi individuali di protezione), esibendo la documentazione ufficiale che comprova la disponibilità da parte della stessa di 20 mln di mascherine con consegna delle stesse entro la fine della prossima settimana.
L'Azienda, a riprova della propria serietà e per fugare ogni illazione sulla sua affidabilità, si è offerta di garantire con una polizza assicurativa gli acconti versati dalla Regione Lazio».
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Una «copertura» di Ecotech che adesso si è ritorta contro Zingaretti e Tulumello, anche perché le fideiussioni si rivelarono carta straccia. Senza contare che in Regione sostennero anche che la Ecotech avesse «in corso anche contratti con altri enti pubblici» e fosse «partner di Exor, distributore ufficiale di prodotti 3m». Altra affermazione che si rivelò falsa. Ma a convincere la Corte dei conti di un ruolo di Zingaretti nella vicenda non sono solo le prese di posizione a favore della Ecotech al ritorno del politico dall'isolamento per Covid, ma anche il ruolo della sorella Angela, imprenditrice e direttrice di banca, in tutta la vicenda.
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Il ruolo della parente Infatti il suo nome è emerso nell'ambito dell'istruttoria come contatto di un aspirante fornitore di mascherine, Filippo Moroni. Il ruolo della donna, che pure non ha rapporti di servizio con la Regione, è stato considerato utile per valutare la posizione di Zingaretti ed è servito a convincere i magistrati contabili che il governatore pur non avendo poteri gestori si sarebbe occupato degli approvvigionamenti. Ovviamente alla Corte dei conti ritengono che Zingaretti abbia avuto un ruolo per in tutta questa storia altrimenti non sarebbe stato invitato a dedurre.
Nella sua testimonianza del marzo 2020 Moroni ha riferito alla Guardia di finanza di aver proposto, senza intermediazione alcuna, avendo rapporti diretti con la Cina, 50 milioni di mascherine a un prezzo inferiore a quello proposto dalla Ecotech, ma che l'offerta, a giudizio dell'imprenditore molto vantaggiosa, non sarebbe stata presa in considerazione. La Protezione civile respinto la proposta per «l'impossibilità dell'agenzia di potersi rapportare direttamente con il produttore», rimarcando, «la necessità di individuare un esportatore o un importatore a cui dare un incarico formale di acquisto».
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Ed ecco il passaggio cruciale del verbale: «Pertanto, impossibilitato a dar seguito alla mia proposta, ovvero saltare completamente il rapporto Protezione civile/importatore, risparmiando tempo e soldi e garantendo la qualità dei beni oggetto dell'acquisto, mi vedevo costretto a produrre formale offerta che giravo esattamente al prezzo di costo alla Protezione civile Lazio, all'attenzione di tale signora Rita, che mi era stata indicata dalla sorella (Angela) del Presidente Zingaretti, quest' ultima conoscente di un mio amico».
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Il personaggio in questione sarebbe l'istruttore di pilates della signora. Che, però, sarebbe stato duramente redarguito dalla sorella del governatore, evidentemente coinvolta nella ricerca dei dpi: «La signora Angela Zingaretti, dopo un primo contatto telefonico, richiamava questo mio amico adirandosi con la stesso e sostenendo che noi stessimo tentando una truffa ai danni della Regione».
FARI SUL PALAZZO
Un'accusa che Moroni, davanti alle Fiamme gialle, ha ribaltato contro la Regione: «Ritengo che probabilmente la mia proposta era troppo scomoda in quanto priva di qualunque intermediazione e che la stessa fosse arrivata alla Protezione civile nazionale bollata come irricevibile con ragioni, a mio parere, pretestuose e calunniose al fine di favorire intermediatori, aziende e altri soggetti che da Roma, invece, che dalla Cina, pretendevano di avere la capacità e la capienza di fornire ingenti quantità di materiale in tempi sostanzialmente impossibili».
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Alla fine Moroni non avrebbe «mai ricevuto risposte formali o mail di riscontro da parte dell'Agenzia regionale della Protezione civile Lazio».
Non è la prima volta che Angela Zingaretti viene citata in un procedimento che coinvolge il fratello. Era già successo durante il processo Mafia capitale. Il 21 marzo 20187 l'avvocato di Salvatore Buzzi, Piergerardo Santoro, in aula tirò fuori il nome di un certo Filippo Sabatini e chiese al governatore se lo conoscesse: «Fino al 2008 era un fidanzato di mia sorella» ammise Zingaretti.
A questo punto il legale lo incalzò domandogli se fosse a conoscenza del ruolo dell'uomo all'interno del Consorzio nazionale servizi vincitore di un lotto di un importante gara finita nel mirino degli inquirenti. Il teste replicò così: «No, guardi, a me non risulta che lavori al Cns, [] quando frequentava, fino al 2008, mia sorella mi ricordo che lavorava in una segreteria, in un assessorato del Comune di Roma e poi lavorava dentro delle cooperative, dirigeva forse, ma che erano cooperative di costruzioni. Il fatto che lavorasse nel Cns no, non l'ho mai saputo francamente».
PAPA FRANCESCO NICOLA ZINGARETTI
Dopo quell'udienza le dichiarazioni di Zingaretti vennero inviate dal Tribunale in Procura per essere vagliate e il governatore venne iscritto sul registro degli indagati per false dichiarazioni. Salvo poi essere archiviato.
AFFONDO LEGHISTA
Ieri in un post su Facebook, l'ex senatore Andrea Augello, candidato con Fdi alle prossime elezioni e autore, insieme con la compagna Roberta Angelilli, delle denunce che hanno probabilmente innescato le indagini, ricorda lo scudo offerto agli amministratori dai decreti emergenziali: «È finalmente arrivata la Corte dei conti. Vedremo cosa succederà davvero perché le norme sugli appalti Covid sono molto protettive rispetto ai responsabili delle stazioni appaltanti».
NICOLA ZINGARETTI FA LA TERZA DOSE
Per il senatore leghista Alberto Bagnai «fa rumore, a pochi giorni dal voto, il silenzio assordante sulle mascherine fantasma di Zingaretti». Ancora più diretto il deputato e coordinatore laziale del Carroccio Claudio Durigon che boccia su tutta la linea la difesa del governatore: «C'è qualcosa di inconfessato nella nota della Regione che sembra denotare panico e qualcosa da nascondere: l'Anac non è una magistratura, ma un'autorità amministrativa.
L'Anac non ha funzioni di indagine, ma solo di vigilanza. Usare l'Anac come un alibi, come fa il Pd, è più che ridicolo: è un insulto all'intelligenza degli italiani, alla funzione dell'Anac e a quella della Corte dei Conti. A Roma si dice: "buttarla in caciara"». Il leghista non ha apprezzato neppure l'uso del certificato medico del collega dem: «È anche sgradevole che un presidente si discolpi dicendo che era in quarantena, facendo ricadere così le colpe sul suo vice Leodori». E conclude: «Zingaretti deve rimettere il mandato oggi».