1 - IL PD SPERA NEL SOCCORSO DEGLI AZZURRI MA LA SITUAZIONE «È MOLTO DIFFICILE»
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
BERLUSCONI FINGE DI NON VEDERE CONTE E NON LO SALUTA
C'è preoccupazione, al Nazareno. I centristi tanto invocati e corteggiati non stanno certo accorrendo a frotte per sostenere il governo Conte. Anzi, sembra tutto fermo e da Forza Italia, almeno al momento, non parrebbero previste clamorose fuoriuscite. Il presidente del Consiglio ieri ha fatto sapere al Pd che allo stato attuale i numeri preventivati non ci sono.
«La situazione è molto complicata e per come si stanno mettendo le cose un incidente è sempre possibile», dice Nicola Zingaretti ai suoi, con un filo d' ansia. «Sappiamo tutti che se il Conte 2 non decolla non ci sarà un Conte ter», gli risponde uno dei ministri dem.
andrea orlando
Ancora ieri, comunque, sia Andrea Orlando che Goffredo Bettini hanno lanciato un ulteriore appello ai responsabili di Forza Italia, nella speranza che qualcosa si muova. Il vicesegretario del Pd ha aperto alla cosiddetta «maggioranza Ursula», per convincere gli esponenti di FI «in sofferenza» ad abbandonare Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «Ma per ora - è l'amara constatazione di Bettini e Orlando - non ci stanno, non si muovono».
goffredo bettini
Per il Partito democratico, comunque, è soprattutto sugli azzurri che bisogna puntare per allargare la maggioranza. Le attenzioni dei dem sono tutte rivolte a quel fronte. Per questo motivo la notizia di un'indagine che coinvolge il leader dell' Udc Lorenzo Cesa non sembra toccarli, come invece è successo ai grillini, dove ha seminato il panico. Primo, il Pd difficilmente commenta le vicende giudiziarie. Secondo, il corteggiamento di Udc e compagni non era affidato a loro, bensì agli uomini del premier.
GIUSEPPE CONTE - MATTEO RENZI
Ma c'è un perché di questo immobilismo dei responsabili che fino all'altro giorno, al Nazareno come a Palazzo Chigi, si pensavano ben più numerosi. O, almeno, al Nazareno si sono dati questa spiegazione, che peraltro è la stessa che dà Matteo Renzi: nessuno soccorre Conte perché nessuno crede che se cade questo governo si va alle elezioni.
Perciò al Pd decidono di drammatizzare i toni.
Lo fa Goffredo Bettini: «Ora dobbiamo affrontare le emergenze. Poi vedremo se in corso d' opera ci allarghiamo. Con un' area liberale, democratica, moderata di centro, ben strutturata, potremo pensare di arrivare a fine legislatura. Altrimenti il voto non ci fa paura, perché con questa destra, che in Europa è amica di Orbán, non si può certo pensare di fare un governo istituzionale».
DEBORA SERRACCHIANI
Insomma, la linea è «o Conte o voto» per spingere i responsabili a venire allo scoperto di fronte al rischio di elezioni anticipate. Di qui a qualche giorno si saprà se questa tattica ha funzionato. «Ma il tempo stringe», avverte la vicepresidente del Pd Debora Serracchiani. Sì, non si può certo pensare di trascinare per settimane e settimane questo tentativo di allargare la maggioranza che sostiene il governo. «Noi porteremo avanti questo tentativo con lealtà, ma poi se non funziona bisognerà prenderne atto...», spiega ai suoi Zingaretti.
E la presa d' atto potrebbe portare poi sul serio al voto.
conte zingaretti
Secondo una parte del Pd, almeno. Perché non la pensano così la maggioranza degli esponenti dem che oggi siedono al governo e che vedono il voto come un pericolo da scongiurare. E soprattutto non vogliono le elezioni anticipate i grillini. Lo hanno già fatto sapere a chi di dovere, sia al Nazareno che a Palazzo Chigi. «Forse - confessa un autorevole esponente del Partito democratico - l' unico che può essere intenzionato veramente ad andare alle elezioni se non c' è altra strada per restare a Palazzo Chigi è Giuseppe Conte». Nel dubbio, comunque, alcuni parlamentari dem hanno già cominciato a valutare i collegi.
È chiaro che in questo clima parlare di un Conte ter non sembra avere molto senso. Almeno per il Nazareno: «Se non c' è maggioranza non si può rischiare, alla fine l' ipotesi più prevedibile, se si riesce ad andare avanti, è quella di un rimpastone». Anche perché, osservano i dem, il rischio di un Conte ter è pure un altro: rimettere mano a tutto l' assetto del governo farebbe entrare in fibrillazione anche i due maggiori partiti che lo sostengono, cioè Partito democratico e Movimento Cinque Stelle. E allora sì che si precipitereb be definitivamente nel caos.
mara carfagna
2 - L'APERTURA DI CARFAGNA E TOTI A UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE
Amedeo La Mattina per “la Stampa”
La linea, quella più dura, la detta Giorgia Meloni. Con questo Parlamento non si può governare: l' unica soluzione sono le elezioni. Punto. Altre opzioni non ce ne sono. E con questa linea la leader di FdI, Matteo Salvini e Antonio Tajani sono saliti al Colle per un incontro con il capo dello Stato. I tre hanno lasciato a casa gli altri piccoli alleati che negli ultimi giorni erano stati invitati a tutti i vertici del centrodestra per evitare la loro fuga in soccorso del governo.
Fuga che non c' è stata da parte dei tre senatori di Idea-Cambiamo che fanno capo a Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello, e dei tre dell' Udc adesso allo sbando in seguito alle dimissioni del segretario Lorenzo Cesa finito dentro un' inchiesta per 'ndrangheta. Ma per i centristi chiedere le elezioni non serve.
ANTONIO TAJANI
«Non credo che questo Parlamento abbia voglia di andare a casa - spiega il governatore ligure - visto che tre quarti dei parlamentari non tornerà al suo posto. A forza di dire "votiamo votiamo" il centrosinistra si rafforza. Toti lo ha sottolineato nelle riunione del centrodestra e ha pure chiesto di non scartare l' ipotesi di un governo di salute pubblica. La pensa così anche Mara Carfagna di FI: «È insensata l' alternativa o un governicchio sorretto dai transfughi oppure elezioni anticipate. La sola prospettiva patriottica sarebbe un governo di salvezza nazionale, con una guida autorevole».
È chiaro perché all' incontro con il capo dello Stato siano andati solo Meloni, Salvini e Tajani che hanno sintetizzato la loro posizione in una nota. Grande preoccupazione per la condizione dell' Italia e per «l' inconsistenza della maggioranza».
berlusconi toti
«In questo Parlamento è impossibile lavorare. Il centrodestra ha ribadito al Presidente la fiducia nella sua saggezza». Ma la saggezza come la intendono loro non porterà Mattarella a sciogliere il Parlamento fintantoché c' è una maggioranza anche relativa a Palazzo Madama: solo se Conte si dovesse dimettere la parola passerebbe al capo dello Stato.
Certo, nessuno sul Colle smentisce che il governo Conte dopo il voto di martedì e lo sganciamento di Renzi sia debolissimo.
C' è un certo imbarazzo: non si nega che questo Parlamento, dopo il referendum taglia-poltrone e il mutamento dei consensi a favore del centrodestra e a detrimento dei 5S, abbia perso corrispondenza con la volontà popolare.
Mattarella Salvini
È proprio su questo punto hanno battuto i tre leader del centrodestra. Mattarella si è limitato ad ascoltare i suoi interlocutori che hanno chiuso a ogni ipotesi di larghe intese. Salvini ha detto a Mattarella che è «meglio perdere due mesi per dare voce al popolo che due anni a litigare per le poltrone». L' ipotesi di Giorgetti delle larghe intese è stata asfaltata. Anche Berlusconi sta parlando con «la lingua di Meloni», per dirla con Osvado Napoli, e non con quella di Gianni Letta. Perché? Vedono uno spiraglio per il voto e si rendono conto che andare al governo con gli scappati di casa non è edificante.