Manuela Gatti per “il Giornale”
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È la legge del mercato: se la domanda resta uguale e diminuisce l' offerta, il prezzo sale. In Cina decenni di politica del figlio unico hanno creato uno squilibrio di 30 milioni di uomini in più rispetto alle donne. E il «costo» delle spose (una sorta di dote al contrario, che la famiglia del futuro sposo deve versare a quella della futura moglie) è schizzato alle stelle. Soprattutto nelle zone rurali, dove le tradizioni sono difficili da estirpare e la reputazione è il bene più prezioso da difendere.
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Pechino, però, vuole dire basta alle «usanze volgari e immorali» e ha annunciato una «riforma completa» delle cerimonie nuziali. Dopo i funerali - molte amministrazioni locali cinesi hanno reso obbligatoria la cremazione, per risparmiare spazio e risorse - anche in occasione del «sì» sarà il governo centrale a stabilire l' etichetta e a decidere quanto (poco) si potrà spendere.
Nel mirino dei funzionari della Repubblica popolare, come annunciato dal ministero per gli Affari civili, ci sono anche le cerimonie e i regali troppo lussuosi e gli hunnao, i riti goliardici pre-matrimoniali originariamente nati per scacciare gli spiriti maligni dalla coppia e trasformatisi poi in violenze legittimate.
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Tutte pratiche che, secondo il governo cinese, riflettono una «decrescente moralità» e un'«adorazione sfrenata del denaro». La famiglia della sposa può arrivare a chiedere in cambio della mano della figlia anche automobili, case e oro. Nella Cina agricola - e paradossalmente più povera - il prezzo di una sposa può arrivare a essere dodici volte quello dello stipendio annuale di chi deve sborsare quei soldi. Una tradizione che già a livello locale le autorità stanno tentando di debellare.
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Quest' estate, per esempio, aveva fatto notizia il caso di Da' anliu, villaggio rurale della provincia di Hubei dove una donna poteva costare anche 30mila dollari: l' amministrazione ha fissato un tetto massimo di 2.800 dollari, pari alla busta paga media del luogo, e chiunque lo sfori è imputabile per traffico di esseri umani.
E spending review sono in vigore anche nella provincia di Henan: alle feste nuziali gli invitati non possono essere più di 200, i doni non possono valere oltre gli 8.600 dollari e non ci si può indebitare per organizzare lo sposalizio. Il tutto è finalizzato anche a combattere la piaga della corruzione: le mazzette si mascherano bene dietro la scusa dei regali di nozze, ed è compito del Partito comunista assicurarsi che i propri membri siano puliti e onesti.
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Di qui l' idea di standardizzare i matrimoni. Le linee guida per le cerimonie e i regali consentiti saranno stabilite da un' apposita commissione - la stessa che si occupa della riforma dei funerali - con l' aiuto delle istituzioni locali.
Si comincerà dai personaggi pubblici, che dovranno dare il buon esempio senza cadere nella tentazione di organizzare matrimoni da paperoni, e dai giornali, che non dovranno dare spazio alle nozze vip. «Queste pratiche non impediscono solo la crescita e la riduzione della povertà - ha spiegato venerdì in una conferenza stampa nazionale un funzionario del ministero degli Affari civili - ma rovinano anche l' armonia delle famiglie e lo sviluppo sano della società».
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Ma l' intento è anche quello di «riflettere meglio» i valori della Repubblica popolare e aderire allo «Xi pensiero», la dottrina del presidente Xi Jinping. A partire da quella «frugalità» in nome della quale ogni mese, a partire dal 2012, vengono punite e sanzionate decine di migliaia di funzionari pubblici, rei di lasciarsi andare a lussi ed edonismo.
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Proprio ieri Pechino ha sapere che a ottobre sono stati multati in 7.819, per un totale di 68.500 «furbetti» nei primi dieci mesi di quest' anno.
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