Luciano Gulli per "il Giornale"
Bradley ManningChe non fosse più una cosa seria lo si era capito già nel 2009, quando premiarono un allocchito Barack Obama che per primo si chiese se quelli di Oslo c'erano o ci facevano; ovvero se gli avanzavano le palanche, o se erano a corto d'idee, o in vena d'umorismo, o che altro.
barack obamaIl Nobel per la pace al suo «straordinario lavoro per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli?» Poiché quella motivazione doveva essere giocoforza farlocca (all'epoca Obama non aveva ancora deciso neppure di che colore voleva la tappezzeria in camera da letto, alla Casa Bianca) pensammo che il vero motivo risiedesse altrove; e andasse per la precisione cercato nel fatto che, per dirla con Berlusconi, Obama era il primo presidente «abbronzato» degli Stati Uniti d'America; o forse anche nella circostanza (allora non precisamente nota all'universo mondo, come è ora) che fosse in grado di intonare correttamente «Sweet home Chicago» con o senza B.B. King.
C'era stato poi il caso, fra gli altri, della presidente liberiana Ellen Sirleaf Johnson, una matrona africana (di africano, essendosi formata negli Usa, dove ha figli e nipoti, ha solo gli abiti e il turbante a caramella) i cui émpiti pacifisti risultarono meno noti alle cronache di quanto non lo fossero, invece, i brogli elettorali di cui venne platealmente accusata all'indomani del premio ricevuto.
0 bill clinton 003Ed eccoci alle comiche odierne. Il segretario del Comitato per la consegna del riconoscimento, Geir Lundestad, ha spiegato -e come facesse a restar serio non si sa- che i candidati alla bazza intercontinentale 2012, dotata di un appannaggio di poco più di un milione di euro, sono 231. Non è il record del 2011, quando i candidati furono 241, ma siamo pur sempre ai massimi della sciàmbola.
helmut kohlTra vecchie lenze della politica, come Bill Clinton ed Helmut Kohl, figurarsi, ci sono delle new entry così strane, se proprio non vogliamo usare l'aggettivo «imbarazzanti», da chiedersi se non sia arrivato il momento di chiuderlo, questo sgangherato baraccone del pacifismo international.
Imbarazzante, non sapremmo come dire altrimenti, pare ad esempio il caso del soldato Usa Bradley Manning, presunta talpa che passò a Wikileaks, l'organizzazione di Julian Assange, migliaia di documenti top secret mentre era in servizio in Irak e che ora rischia l'ergastolo negli Usa. Non è strano che si rischi di premiare con il Nobel un soldato che tradisce il suo Paese: ovvero uno spione, per rivelare poi cosa?, se non dei retroscena coloristici e ininfluenti su una condotta militare già ampiamente sputtanata ed esecrata riferibile ad alcune pecore nere dello U.S. Army?
aljazeeraE che dire della candidatura di Al Jazeera, l'assai influente televisione pan araba di Hamid bin Khalifa Al Thani, padrone del Qatar? Possibile che le teste refrigerate di Oslo non sappiano, che non gli abbiano detto, che Al Jazeera raccontò sì in modo magistrale la rivolta libica contro Gheddafi, soffiando però allegramente sul fuoco che circondava il colonnello ma glissando contestualmente, e talvolta tacendo, sui morti e sulle ribellioni che in quello stesso torno di tempo scoppiavano nel Bahrein e in altri paesi del Golfo cari a «sua emittenza il grande turbante Al Thani»? E ad ogni modo: come si fa, con quali motivazioni si assegnerebbe un Nobel per la pace al lavoro di un'emittente tv che nel migliore dei casi avrebbe svolto solo il suo lavoro, in modo neutrale fra i contendenti, sugli insanguinati campi di battaglia del Maghreb?
Insomma, quello di Oslo sta diventando un caravanserraglio in cui, a parte qualche nome noto, come quello della Timoshenko, l'eroina della rivoluzione arancione ucraina, ultimamente al gabbio, tutti gli altri, con rispetto parlando, sono i soliti illustri sconosciuti, un manipolo di illustri chicazzè in cui quelli di Oslo sono specializzati da anni. Mancano guardie giurate, ladri, gasisti, ruffiane asmatiche, ingegneri cornuti, medici delle budella e specialisti del perepepè (per dirla con l'ingegner Carlo Emilio Gadda). Per il resto, ci si trova di tutto.