Maria Guidotti per “il Giornale”
Domenica a Misano Valentino Rossi saluterà per l'ultima volta i suoi tifosi. Sarà un concentrato di emozioni, come lo è stato quel caldo pomeriggio di agosto in Austria, quando il Doc ha annunciato il ritiro a fine stagione. Fra i tanti messaggi arrivati, uno fra tutti ha colpito Rossi, quello dell'antico rivale Max Biaggi.
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Icona del Motociclismo come il 9 iridato, il Corsaro aveva commentato con un tweet: Buona vita, Valentino, magari un giorno ci troveremo davanti a un bicchiere di vino e ci faremo due risate. Ho sentito che una parte di me se ne va con lui. Siamo sempre attenti a primeggiare. Ma poi quando tutto finisce si volta pagina. Il momento andava onorato perché la nostra rivalità è stata autentica. Non abbiamo mai fatto finta di essere amici». Un gesto di grande sportività che ha infiammato i cuori dei tifosi.
Oggi, a distanza di tanti anni di cosa parlerebbe con Rossi?
«Non devo aggiungere una virgola. L'ho pensato e scritto di getto, è stata una cosa genuina. Se ci devo ripensare, allora...».
Se Rossi accettasse l'invito, si presenterebbe?
«Rispondo quando lo ricevo» (sorride).
Con il ritiro di Rossi si chiude un'era.
«Rossi era l'ultimo baluardo della nostra era, l'ultimo superstite di quella generazione. Per questo mi sono sentito di scrivergli, ma le sue gesta rimarranno per sempre».
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Non è facile tendere la mano ad un rivale, neanche dopo tanti anni.
«Il mio messaggio social non cambia le cose. Con gli anni si matura e cambiano i punti di vista. Oggi mi volto indietro, sorrido e guardo con simpatia a tutto quello che è successo tra noi».
Qual è stato il vostro duello più bello?
«Welkom 2004, anche se vinse Rossi. Io commisi un errore perché non mi ero reso conto che era l'ultimo giro. Dentro di me ne aspettavo un altro per la zampata finale. Ma ce ne sono tanti penso a Assen 2001 con le 500cc» (con Max vincitore, ndr).
Riavvolgendo l'album dei ricordi, da cosa è nata la vostra rivalità?
«Credo sia nata perché doveva nascere. Perché entrambi volevamo vincere».
Il valore di un campione si misura anche dai suoi rivali. Cosa resta della sua carriera stellare?
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«Difficile scegliere perché ho avuto una carriera ricca di soddisfazioni: dal primo titolo in 250cc con Aprilia vinto a Barcellona all'ultima gara, alla vittoria a Phillip Island con Honda, un successo giunto sempre all'ultima gara. E poi il debutto in 500. Un momento speciale. Tutte le prime volte, direi. La vittoria in SBK dopo un anno di stop dalla MotoGP arrivata sempre alla prima gara. Tutto è stato bello».
Quanto è stato importante ritirarsi da campione del mondo?
«È il finale perfetto di un bellissimo film: la mia carriera è finita con il titolo all'ultima gara in Francia per mezzo punto. Il massimo. In ogni sport, ritirarsi da vincente è un privilegio perché resta un ricordo indelebile, ma è anche il più doloroso perché sai di essere ancora forte e potresti continuare a correre».
Di tutte le moto che ha guidato, quale le è rimasta nel cuore?
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«Per unire i due mondi, direi Aprilia perché ho vinto con i 2 e 4 tempi, sia nel Motomondiale che in SBK».
Rimpianti?
«Nessuno. Mi ritengo un uomo fortunato, perché posso permettermi di alzarmi al mattino, accompagnare i miei figli a scuola e poi fare colazione con un amico. Possiamo restare a parlare per ore. Questo è un privilegio».
Cambierebbe qualcosa?
«Darei un giro al tempo e farei tornare mio padre, la persona che mi manca di più in assoluto».
A 50 anni chi è oggi il Corsaro?
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«Prima era un pilota chirurgico, attento a tutti i dettagli. Questo richiedeva uno sforzo enorme. La moto dà tanto, ma può togliere anche tanto. In ogni senso. Oggi sono molto più leggero, sereno. Nella quotidianità, la famiglia regna sovrana, c'è l'amore per i miei figli Leon (10 anni) e Inés (11).
La mia passione mi traghetta verso nuovi orizzonti: il team in Moto3 e il progetto con la Voxan per battere il record di velocità con moto elettrica. A novembre andremo in America per nuovi record».
Per concludere, Rossi si dedicherà alle 4 ruote. Per lei non sono mai state un'opzione?
«Avevo avuto la possibilità di fare il salto nel '99 con Ferrari. Era un progetto biennale, ma ero all'apice della mia carriera in 500. Non avendo una passione smisurata per le auto, ho optato per le moto».
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