Costanza Cavalli per “Libero quotidiano”
figli di trans
Se per trovare la madre basta la natura, per trovare il padre bisogna sfoderare il diritto: «Mater semper certa est, pater numquam». La madre è sempre indiscutibile, il padre mai: è una norma millenaria finita anche nel nostro codice civile.
In Inghilterra, però, dove guidano contromano e la mattina mangiano uova e fagioli, anche il diritto potrebbe andare incontro a una stortura e passare dalla tradizionale «presunzione di paternità» alla «presunzione di maternità», anzi, all' assenza completa di maternità.
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È successo infatti che una donna ha recentemente partorito suo figlio, avuto grazie all' inseminazione intrauterina dopo essersi resa conto, molti anni prima, di sentirsi trans. La donna già nel 2004 aveva ottenuto un certificato di riconoscimento di genere (maschile) e aveva anche subito un intervento chirurgico per «ridisegnare» la parte superiore del corpo.
Quella inferiore, però, era rimasta "naturale", e questo le ha consentito, a distanza di anni in cui ha vissuto mezzo maschio e mezza femmina, di concepire.
BATTAGLIA IN AULA
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All' anagrafe, però, sono cominciati i problemi: la legge, infatti, dice che la persona che ha dato alla luce il bambino deve essere registrata come madre. Ma se la "madre" è legalmente maschio, diventerà automaticamente "padre" del bambino, con la conseguenza che la madre non esiste più?
Il genitore pretende di sì, e chiede che gli venga riconosciuto non di essere madre ma di essere «solo padre» e che questo venga scritto sul certificato di nascita del figlio; il bambino quindi potrebbe diventare la prima persona nata in Inghilterra o nel Galles (di cui è competente l' anagrafe cui si egli è rivolto) a non avere alcuna mamma.
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Il transgender a metà ha così intrapreso un' azione legale contro l' anagrafe inglese, e contro le discriminazioni che subiscono i genitori trans o intersessuali quando di tratta di regolare nascite e morti.
In tribunale ha impugnato l' arma dei diritti umani: costringerlo, secondo quanto decide la legge, a registrarsi come "madre" del bambino, ha dichiarato, gli nega il rispetto della sua vita privata e familiare.
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Durante l' udienza preliminare, alla High Court di Londra, il giudice ha dichiarato che, se l' uomo dovesse vincere la causa, dato che la questione non è mai stata sollevata in un tribunale britannico, il Parlamento dovrà cambiare la legge. Il verdetto dovrebbe arrivare a settembre.
La questione è subito uscita dalle aule di giustizia ed è approdata sui giornali e all' opinione pubblica. I gruppi Lgbt si sono schierati con il genitore: fra questi, il portavoce del gruppo britannico Gendered Intelligence ha dichiarato a Newsweek: «Non ha senso che un uomo trans abbia il suo genere legalmente riconosciuto su passaporto, che possa sposarsi come uomo, ma debba essere registrato come "madre" sul certificato di nascita del figlio».
CATENA INFINITA
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Ma il problema - che né i giornali inglesi né le parti che hanno rilasciato dichiarazioni hanno affrontato - non è legale, ma è di sostanza.
Una donna che ha un bambino, può arrogarsi il diritto di lasciare suo figlio senza madre, anzi, di cambiarsi ruolo a suo piacimento, perché «si sente uomo»? E quanto gli interventi ormonali che hanno reso maschio la genitrice possono avere influito sulla gestazione del bambino?
Questo è solo l' ultimo ed estremo caso di una catena che sembra destinata ad allungarsi all' infinito: negli Stati Uniti, in Canada, e perfino in Russia e in Grecia le leggi hanno cominciato a piegarsi alla «fluidità» di genere anche nei documenti ufficiali.
operazione trans
E nessuno che tenga conto della questione di base: quando una persona ha un figlio, è il figlio a contare. Succede così in tutti i mammiferi, senza bisogno di tribunali.
Non accade invece nei pesci e negli anfibi, specie i cui esemplari cambiano sesso secondo necessità sociale di equilibrio riproduttivo: perfino loro non decidono da soli. Bisognerà dirlo, agli uomini, che stanno puntando a scendere un gradino sotto la cernia e il pesce pappagallo.