Marco Giusti per Dagospia
EUPHORIA
“Sono piuttosto esausta, cazzo!”. Ci siamo. Non ci sarà ragazzetta serie-dipendente che non impazzirà per Zendaya e le sue avventure di sesso, droga e violenza nell’America di oggi raccontate in Euphoria, serie scandalo diretta in gran parte da Sam Levinson e ripresa dalla serie israeliana ideata da Ron Leshem. “Non siamo negli anni ’80. Devi trovarti un cazzo!”.
Ecco. Non siamo negli anni ’80 delle serie di mamma e papà, e nemmeno nel mondo del porno su video. La Rue di Zendaya, nata tre giorni dopo l’11 settembre (“i miei hanno passato tre giorni all’ospedale guardando il televisore”), con un’infanzia da ceto medio in un qualsiasi luogo americano, non ha avuto nessun trauma visibile, non è stata violentata da nessuno, ha dei genitori più che civili. E allora perché si fa dalla mattina alla sera di tutto? E è affetta da disturbi ossessivi compulsivi? Bipolare, forse… come Van Gogh, Sylvia Plath e Britney Spears.
EUPHORIA
“Il mondo era troppo veloce e il cervello troppo lento… Ogni tanto morivo”. In cinque minuti ci viene raccontata la sua storia, a cominciare da quando era felice nel brodo primordiale nella pancia della mamma a quando viene salvata da una crisi di overdose. Le sue amiche non sono tanto meglio di lei. Ossessionate anche loro da droga e sesso, pronte a far perdere la testa ai ragazzi. “Sei così sexy…” – “Lo so”.
EUPHORIA
In una festa piuttosto movimentata Rue diventa amica di Jules, interpretata da Hunter Schafer, transgender bionda alta e magra, pronta a vivere con lei unendo due situazioni di vita drammatiche. Tutto è raccontato da Rue, filtrato dalla sua voce, anche le avventure dei suoi amici e il loro passato, ma ogni volta vediamo le scene di quel che Rue racconta e di quello che le sue amiche e amici hanno vissuto.
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Nulla di diverso, diciamo, da quello che ci hanno raccontata già Harmony Korine e Larry Clark con i loro ragazzi e le loro ragazze fuori di testa, solo che qui siamo in un potente seriale americano e non in un film più o meno da festival e Zendaya è una superstar dopo il successo di Spider Man. E stiamo parlando di una generazione Z, quella nata dopo l’11 settembre appunto, che non si capisce quale peccato debba espiare. Certo. Harmony Korine e Larry Clark avevano una costruzione più visiva e realistica, meno letteraria e seriale di quella di Ron Leshem e Sam Levinson. Ma i tempi sono davvero cambiati. In onda da stasera su Sky Atlantic.
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