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    NON DI SOLO COVID MUORE L'UOMO - LA SANITÀ ITALIANA È USCITA A PEZZI DALLA PANDEMIA: NEL 2020 SONO SALTATI 1 MILIONE E 200 MILA RICOVERI E 50 MILIONI DI VISITE SPECIALISTICHE E ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI, FAGOCITATI DALL'EMERGENZA CORONAVIRUS - OLTRE 300 MILIONI DI EURO STANZIATI PER DECRETO PERÒ NON SONO MAI STATI UTILIZZATI, SERVIREBBERO 15 MILA MEDICI DA ASSUMERE E ORA SI DOVRÀ BUSSARE ALLA PORTA DEL PRIVATO...


     
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    Paolo Russo per “La Stampa

     

    TERAPIA INTENSIVA TERAPIA INTENSIVA

    Dopo la pandemia da Covid bisognerà affrontare quella delle malattie causate dalle prestazioni sanitarie saltate in quest'anno e mezzo. Lo sanno bene i medici che da tempo hanno lanciato l'allarme e lo ha capito già un anno fa il governo, che con il decreto di agosto aveva stanziato 500 milioni per recuperare quel milione e 200mila ricoveri e 50 milioni di visite specialistiche e accertamenti diagnostici saltati tra gennaio e giugno del 2020, secondo i dati elaborati dall'Agenas.

     

    coronavirus il reparto di terapia intensiva del sant'orsola di bologna coronavirus il reparto di terapia intensiva del sant'orsola di bologna

    Un arretrato che secondo un'altra stima, quella della Fondazione Italia e Salute, ha lasciato 10 milioni di italiani almeno una volta senza risposta alla propria domanda di assistenza.

     

    Per recuperare il mezzo miliardo stanziato il Governo puntava sulle prestazioni delle strutture private, la libera professione di medici e infermieri dipendenti di asl e ospedali, le assunzioni a tempo determinato dei camici bianchi.

     

    roberto speranza 2 roberto speranza 2

    Tutte cose sollecitate anche in era pre-Covid da regioni e aziende sanitarie che poi però si sono dimostrate incapaci di spendere il tesoretto messo loro sul piatto dal decreto. La Corte dei Conti ha certificato infatti che il 67% di quelle risorse stanziate ad agosto non sono state utilizzate e nemmeno è in programma di farlo.

     

    Sempre secondo i magistrati contabili al Sud non si è speso quasi il becco di un quattrino, visto che il 97% delle risorse giace ancora nei forzieri dello Stato. Percentuale che scende al pur sempre cospicuo 54% al Nord e al 45% al Centro. Di fronte a questo lassismo il Governo ora ci riprova stanziando la stessa somma nel Decreto sostegni bis.

     

    coronavirus il reparto di terapia intensiva del sant'orsola di bologna coronavirus il reparto di terapia intensiva del sant'orsola di bologna

    E nel frattempo qualche regione si è data una mossa. Come il Veneto che in questi giorni ha varato un Piano anti liste di attesa per le sue asl mentre la Toscana ha speso 17 milioni dei 30 a sua disposizione e sta ora programmando come impiegare gli altri 13. Ma in gran parte d'Italia tutto tace.

     

    «Questo mezzo miliardo è solo il primissimo pezzo di un impegno che dovremo rafforzare», ha assicurato Speranza pochi giorni fa. Prima di mettere sul piatto altre risorse sarà però bene capire perché intanto non si siano utilizzate quelle che già c'erano. Gli 80 euro l'ora per far recuperare l'arretrato ai medici e i 50 previsti per gli infermieri hanno fatto flop perché «il personale con la seconda ondata non ha più avuto tempo per erogare prestazioni extra orario di lavoro a causa della pressione che il Covid è tornato ad esercitare sulle strutture sanitarie», spiega Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Anaao, il più rappresentativo sindacato dei camici bianchi ospedalieri.

     

    coronavirus terapia intensiva 2 coronavirus terapia intensiva 2

    Si sarebbero potuti assumere altri professionisti «ma di medici formati a spasso ce ne sono ben pochi», assicura sempre Palermo. Che un'alternativa l'aveva già indicata a suo tempo: assumere gli specializzandi degli ultimi due anni, «da impegnare in attività meno impegnative, sotto la supervisione di un tutor».

     

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    Parliamo di 15 mila medici «che avrebbero potuto dare una bella mano a smaltire l'arretrato se non fosse che l'Università si è frapposta con mille cavilli burocratici pur di non perdere il controllo degli specializzandi», mette in chiaro il leader del sindacato.

     

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    Resta la possibilità per gli assistiti di bussare alla porta del privato senza dover anticipare un euro, come prevede il Piano nazionale liste di attesa di qualche anno fa nel caso non si riesca a prenotare nel pubblico nei tempi massimi prefissati. Che sono 72 ore per quelle urgenti, 10 giorni per quelle non differibili con codice B (30 giorni nel caso della visita), 60 per un esame da codice D differibile e 120 giorni per quelle programmabili.

     

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    «Teoricamente già oggi la legge consente al cittadino di rivolgersi al privato convenzionato per ottenere gratuitamente le prestazioni», spiega il segretario generale di Cittadinanzattiva, Antonio Gaudioso.

     

    «Ma la norma è rimasta largamente inapplicata, sia perché le Asl si guardano bene dall'informare gli assistiti dell'opportunità, sia per il fatto che i Cup non rilasciano nulla che attesti il mancato rispetto dei tempi di attesa». Tutte distorsioni alle quali converrà mettere mano per evitare che i soldi taglia liste d'attesa restino congelati in freezer.

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