Michele Boroni per “il Messaggero”
daniel ek spotify 3
Se avete provato a guardare la classifica ufficiale italiana (redatta da Fimi su dati Gfk) delle canzoni più vendute in realtà più ascoltate - nelle ultime stagioni, vi sarete accorti che la musica si assomiglia un po' tutta. In pratica la top 10 del 2019 e di questo 2020 è dominata durante tutto l'anno dai giovanissimi trapper maschi italiani dai nomi improbabili (Tedua, Ernia, Drefgold, Tha Supreme...), con qualche rara eccezione dopo Sanremo e in estate con qualche tormentone al ritmo reggaeton: l'anno scorso ha spadroneggiato Fred de Palma con Ana Mena, mentre quest' anno la gara è tra Rocco Hunt e Ana Mena (ormai donna dell'estate) e Boomdabash & Alessandra Amoroso con Karaoke. Pochissimi artisti stranieri, come pure le popstar italiane di lungo corso.
LA BOLLA
In tutto il mondo gli ascolti sono omologati, dal momento che la musica online è guidata dagli algoritmi delle piattaforme streaming che creano una sorta di bolla iniziata con la nostre prime scelte e alimentata da quello che ci viene costantemente suggerito. Tutti i giorni. Sempre. Bolla è la parola chiave per capire come funzionano i nostri consumi culturali al tempo del digitale - non solo della musica, ben inteso, vale anche per film, serie etc. una bolla dentro la quale stiamo anche bene, è la nostra comfort zone, ma dalla quale molto probabilmente non usciremo mai.
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«Nel 2016 ero consulente di una major discografica, ricordo quando arrivarono gli svedesi di Spotify che si stavano impiantando in Italia e la prima cosa che chiarirono fu: No Album Artist. Che voleva dire: basta con gli artisti che fanno dischi, vogliamo solo canzoni, a ripetizione», racconta Brando Grillo, 54 anni, musicista (con gli indimenticati Boppin'Kids, ha suonato spesso con i Rem), produttore discografico ed editore musicale con la sua Gowild Music (è lui l'artefice del successo di Emma, Modà, Nesli, Nigiotti, Edoardo Bennato etc.).
SINGOLI
«Questa cosa l'hanno capita bene i rapper e i trapper italiani e molto meno i cantanti pop che ancora ragionano come dieci anni fa. Perciò alla casa discografica che guadagna sugli abbonamenti, e non sugli ascolti, conviene pubblicare singoli nuovi a ripetizione. Tutti simili».
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Poi succede qualcosa che scardina questo meccanismo, come ha riportato cinque giorni fa il New York Times. I due fratelli Tim e Fred Williams, ventiduenni afroamericani dell'Indiana che, come loro molti coetanei, cresciuti musicalmente con rap e trap, si sono inventati su YouTube un format in cui si filmano mentre ascoltano per la prima volta, e poi giudicano, celebri canzoni pop del ventesimo secolo: non si tratta di pareri tecnici, ma d'istinto.
Un paio di settimane fa hanno pubblicato il video in cui ascoltavano per la prima volta In the Air Tonight, l'hit del 1981 di Phil Collins, brano fulminante grazie soprattutto all'apertura ritmica che fa andare fuori di testa i due fratellini Williams. Risultato: la loro video-recensione fa più di 6 milioni di visualizzazioni e grazie ai ripetuti ascolti nelle piattaforme da parte dei ragazzini, la canzone torna a scalare le classifiche dei singoli di Billboard. È una storia emblematica che racconta molto bene lo stato e il paradosso della musica ascoltata attraverso le piattaforme streaming dove potenzialmente si ha a disposizione milioni e milioni di canzoni diverse, ma gli algoritmi e le playlist predefinite guidano l'ascolto verso canzoni simili a quella che solitamente ascoltiamo, per cui è sempre più difficile ascoltare musica che non conosciamo.
phil collins
Ma torniamo alla situazione italiana. «Nella nostra classifica vince la trap perché la piattaforma più utilizzata oggi è Spotify, utilizzata soprattutto da ragazzini di 14-16 anni, che hanno come musica preferita proprio l'italian trap», racconta Paolo Madeddu, critico musicale di lungo corso, seguitissimo sul suo blog A Margine. «È così che i discografici pensano che gli italiani desiderino solo dischi rap e trap, ma in realtà lo vuole soltanto una microbolla di teenager maschi che ascoltano compulsivamente le playlist rap e trap proposte da Spotify e che da soli compilano la classifica. È un gatto che si morde la coda».
Complice anche il Covid, quest' anno dopo Sanremo non sono più usciti dischi italiani classificabili come pop e quei pochi che hanno azzardato - tipo Francesca Michielin - non hanno scalato le classifiche. Tutte le altre popstar stanno aspettando il momento giusto quando sarà possibile fare promozione, incontrare i fan nei negozi e tornare a fare i concerti in modo stabile e continuativo.
LA NOVITÀ
francesca michielin
Il social network cinese TikTok, però, adesso potrebbe sbaragliare le carte. Ce lo racconta Luca De Gennaro, dj, speaker radiofonico e dirigente di ViacomCbs, il gruppo dei canali Mtv e Vh1: «TikTok ha una grande influenza sui giovanissimi, ma non segue le stesse regole delle altre piattaforme. Basta un balletto di successo su una vecchia canzone dance ed ecco che quella torna ad essere riascoltata . Quindi è probabile che casi tipo In the air tonight si presentino anche in Italia, magari legati a qualche colonna sonora di serie o pubblicità che ripesca un vecchio pezzo».
IL PUBBLICO
La regola è sempre la stessa: la domanda è legata al mezzo e a chi lo usa. Ma ci sono delle novità. «Dopo la quarantena Facebook e YouTube hanno cominciato a distribuire i compensi alle case discografiche», aggiunge Brando, «e quindi è possibile che nei prossimi mesi nelle classifiche torneranno anche quegli artisti pop con un pubblico più maturo, visto che Facebook è molto frequentato soprattutto da quaranta-cinquantenni».