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    NON FACCIAMOCI FOTTERE DA ERDOGAN - I TURCHI FANNO CASINO COI FLUSSI MIGRATORI, SPEDENDO I BARCONI VERSO L'ITALIA E ALLEGGERENDO LA ROTTA SPAGNOLA E GRECA - MENTRE I NOSTRI PESCHERECCI SONO VITTIME DELL'ASSALTO DI NAVI TURCHE: DIETRO ALLE RECENTI TURBOLENZE C'È SEMPRE IL "SULTANO" CHE GRAZIE A QUESTA STRATEGIA DELLA TENSIONE NON VUOLE MOLLARE LA PARTITA IN LIBIA - A CHIGI SI RIUNISCE LA CABINA DI REGIA, MA SARÀ DECISIVA LA VISITA DEL PREMIER DBEIBAH A ROMA...


     
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    Claudio Antonelli per "La Verità"

     

    recep tayyp erdogan recep tayyp erdogan

    Praticamente fatta. Il nuovo governo di Tripoli, guidato da Abdul Mohammed Dbeibah e destinato a portare la Libia alle elezioni, sembrava pronto ad accogliere a braccia aperte gli italiani. Merito della spinta Usa e della visita di Draghi.

     

    Ora l'esecutivo tripolino è spaccato: guarda a Nord perché aspetta segnali rassicuranti sugli investimenti e sul ripristino dello storico accordo firmato nel 2008 tra Gheddafi e Berlusconi, ma al tempo stesso guarda a Est dove le lusinghe di denaro e collaborazione sono molto più concrete.

     

    recep tayyip erdogan recep tayyip erdogan

    La Turchia non solo non vuol saperne di abbandonare il deserto della Cirenaica, ma ha deciso di alzare i toni e spostare la tensione lungo il Mediterraneo destinando al nostro Paese il maggior gradiente di destabilizzazione.

     

    È infatti l'Italia la sola nazione che in questo momento (l'ha detto chiaro Mario Draghi usando per Erdogan l'appellativo di dittatore) punta a indebolire gli storici rapporti di Ankara con l'Ue tramite Berlino.

     

    Recep Tayyip Erdogan Recep Tayyip Erdogan

    Una operazione complessa perché cade dall'alto e deve fare i conti con le tre facce della Turchia: quella dell'alleato Nato e quella dell'avversario sul terreno libico e quella del partner sull'immigrazione.

     

    Tant'è che Erdogan parte da quest'ultimo ruolo per riaffermare la propria volontà di creare l'impero blu. I rapporti consolidati nell'ultimo anno e mezzo con la Guardia costiera libica permettono ai turchi di contribuire alla gestione dei flussi migratori, dirottano con maggiore intensità i barconi verso il nostro Paese e al tempo stesso alleggeriscono la direzione spagnola e quella greca.

     

    AL SARRAJ ERDOGAN AL SARRAJ ERDOGAN

    Ankara sa bene che in questi giorni si tratta per rinnovare l'accordo con Bruxelles da almeno 6 miliardi. A Berlino fa comodo perché risolve la questione della rotta balcanica e a Erdogan consente di avere sempre tra le mani un rubinetto da aprire e chiudere. Gli consente anche di evitare le accuse di Draghi.

     

    Giusto ieri i rappresentanti di Ue e Unhcr elogiavano la Turchia quale Paese che più si dà da fare per accogliere i migranti. Quale dittatore lo farebbe? In un mondo come quello europeo che vive di facciata bastano due dichiarazioni ufficiali per rifarsi l'immagine e basta una sterzata nei luoghi giusti per rimettere in crisi il nostro Paese.

     

    crisi grecia turchia migranti lesbo crisi grecia turchia migranti lesbo

    Erdogan sa che il trattato di Malta è solo fuffa. Ma la strategia della tensione si misura anche nel contenzioso del mare. I nostri pescherecci, che dovrebbero comunque evitare di prestare il fianco, sono finiti nel mirino delle mitragliatrici libiche e, ieri al largo di Cipro, vittime dell'assalto di altre navi turche.

     

    Lì è intervenuta la nostra Marina e la Guardia costiera turca. Ciascuno ha cercato di allontanare i propri connazionali. Il tutto è avvenuto sotto l'egida dell'operazione «Sea guardian» con bandiera Nato. Eppure ciò non deve trarre in inganno, fa parte delle varie facce del Sultano. Un fatto che deve essere molto chiaro dalle parti di Palazzo Chigi.

     

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    Lo si comprende da come viene gestita la nascente cabina di regia sull'immigrazione. Ieri si sono incontrati i titolari di Interno, Esteri, Trasporti e Difesa. Nessuno ha comunicato. Non tanto perché non si siano prese decisioni in merito. Ma perché la strategia passa per Chigi dove l'opzione Malta 2 non è presa tanto sul serio.

     

    Primo perché sarebbe un accordo facoltativo e quindi totalmente aleatorio. Secondo perché finirebbe con l'aiutare il nostro avversario principale. La Turchia infatti avrebbe maggior gioco per chiudere l'accordo con Bruxelles. Per questo bisogna ripartire dalla Libia.

     

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    Il governo Dbeibah è più diviso e sebbene continui a guardare a Roma con interesse non vede all'orizzonte contratti e attività concrete. Ci sono sempre spinte che indicano per il nostro Paese la possibilità di tornare leader del Sud del Mediterraneo.

     

    La diplomazia di Tripoli sta organizzando un imminente viaggio per a Roma. Dbeibah sarebbe disposto a prender l'area ma ancora non è prevista né l'agenda né i contenuti dell'incontro. D'altronde se fino a poco tempo fa gli interlocutori erano pochi, adesso c'è la fila. La guerra è chiaramente arrivata ai capitoli finali e quindi sempre più nazioni puntano a tornare in Libia e a dire la propria nel Maghreb.

     

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    «I Paesi dell'Ue e dell'Africa del Nord hanno concordato sulla necessità di promuovere la migrazione legale, e di unire gli sforzi per combattere contro il traffico di esseri umani ed i network criminali», ha spiegato ieri il ministro dell' nterno portoghese, Eduardo Cabrita, al termine della Conferenza sulla gestione dei flussi migratori, a cui hanno partecipato anche la commissaria europea, Ylva Johansson, ed il vicepresidente, Margaritis Schinas.

     

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    Alla riunione - una delle iniziative principali della presidenza di turno portoghese sul tema della migrazione - hanno preso parte i ministri dell'Interno degli Stati membri dell'Ue, oltre ai rappresentanti di Libia, Algeria, Egitto, Mauritania, Marocco, Niger, Senegal e Tunisia.

     

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    Alle spalle di queste iniziative di facciata ci sono invece i veri interventi militari che mirano a controllare i confini pieni di buchi del Sahara. La presenza dei soldati italiani, francesi e tedeschi serve a creare un cuscinetto di sicurezza e al tempo stesso evitare che la Libia ricaschi nella guerra civile.

     

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    Se però i libici restano a Bengasi e Tripoli anche i russi rimarranno sul territorio. Per l'Italia è un gioco a incastro millimetrico. Che cade anche in un momento difficile per la nostra intelligence.

     

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    Ieri il numero uno del Dis è stato sentito dal Copasir sul rischio per i pescherecci ma l'audizione si incrociata con il caso sollevato da Report sull'incontro tra Renzi e Mancini. Il tutto mentre al Copasir manca un equilibrio istituzionale e a breve i vertici dello stesso Dis e dell'Aisi potrebbero cambiare.

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