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In questi 4 mesi difficili ho conosciuto medici straordinari, infermieri che mi hanno curato, supportato e sopportato, perché so di avere un carattere forte, a volte difficili, ma sono stati meravigliosi con me. Ho capito subito di essere nelle mani giuste, senza di loro non avrei potuto fare questo percorso che secondo me è andato molto bene".
Lo ha detto Sinisa Mihajlovic, in conferenza stampa a Casteldebole, facendo il punto sulle sue condizioni di salute dopo il trapianto di midollo osseo a cui è stato sottoposto lo scorso 29 ottobre. "Sono stati quattro mesi e mezzo tosti, sono stato rinchiuso in una stanza di ospedale, da solo. Il mio più grande desiderio era di prendere una boccata d'aria fresca e non potevo farlo. Non mi sono mai sentito un eroe, ma un uomo, sì forte, con carattere, che non si arrende mai, ma sempre un uomo con tutte le sue fragilità. Queste malattie non si possono sconfiggere solo col coraggio ma anche con le cure. E voglio dire a tutti quelli che sono malati, di leucemia o di qualche malattia grave, che non devono sentirsi meno forti se non affrontano la malattia come l'ho affrontata io. L'unica cosa che non devono perdere mai è la voglia di vivere, di lottare".
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Affiancato dall'ad Claudio Fenucci ("Sono strafelice di averlo qui con noi e di averlo rivisto in campo con la tuta del Bologna") e accolto anche dalla squadra ("Dire che ci sei mancato è poco, siamo stracontenti che sei tornato. Grazie di essere tornato", le parole di Blerim Dzemaili a nome del gruppo), dopo aver 'rimproverato' i giocatori ("Ma non dovevano essere in campo ad allenarsi? Mi fanno sempre delle sorprese...Fanno di tutto per non allenarsi"), Mihajlovic ha voluto ringraziare tutti per "le dimostrazioni di vicinanza e affetto che ho sentito in questi ultimi 4 mesi. L'ultima volta ci siamo sentiti il 13 luglio, quando ho annunciato la mia malattia. Pensavo fosse giusto, dopo il percorso fatto, parlare qui assieme ai medici che mi hanno curato per spiegare il mio stato di salute e quello che si deve fare per il futuro".
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"Per noi il cerchio ancora non si è chiuso, abbiamo ancora bisogno di tempo per capire la risposta finale ottenuta, per cercare di monitorare Sinisa e le possibili complicanze. Ma siamo felici di averlo restituito in questa ottima forma a tutta la comunità" ha detto Michele Cavo, direttore del reparto di Ematologia del Policlinico Sant'Orsola. "Sin dall'inizio abbiamo tracciato la strada maestra, consapevoli del fatto che sarebbe stato un percorso complicato, con un caso clinico complesso da affrontare con professionalità e cautela - racconta affiancato dal tecnico serbo - E già dopo il primo ciclo abbiamo ottenuto la remissione completa". "Da non tifoso di calcio ho visto però un affetto trasversale che gli ha dato forza - ha aggiunto il professor Cavo - Sinisa ha sempre visto le cose in positivo e si è sempre fidato ciecamente di noi, anche quando i no gli stavano stretti si è adeguato".
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"C'è stato l'attecchimento del midollo osseo, un primo passo fondamentale senza il quale gli altri passi non possono succedersi. E c'è assenza di complicanze, che non è poco" ha spiegato Francesca Bonifazi, medico ematologo del Sant'Orsola. "Le condizioni sono soddisfacenti, il decorso post-operatorio è regolare ma occorre cautela. I primi 100 giorni sono i più delicati, il sistema immunitario è ancora molto fragile. Il ritorno alla vita normale avverrà gradualmente in funzione di tanti fattori, valuteremo di volta in volta la possibilità che Sinisa possa essere presente". La dottoressa Bonifazi precisa che "il bollino del guarito si può dare dopo cinque anni" ma già dopo due anni il rischio di recidiva è minimo.
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