Il re è nudo. Lo indica Antonio Tajani, nel bel mezzo del Consiglio dei ministri, sfregiando l'idillio di questa prima volta a Palazzo Chigi: "Scusate - prende la parola il vicepremier - questa cosa delle intercettazioni come strumento di indagine sui rave party non mi trova d'accordo. Si tratterebbe di una misura molto invasiva". Silenzio. Sguardi che ruotano verso Matteo Piantedosi, il ministro dell'Interno che Giorgia Meloni ha scelto come ariete di destra.
GIORGIA MELONI ANTONIO TAJANI
Tutti pensano che Tajani abbia concluso. Invece no: "Noi abbiamo sempre portato avanti una politica che tende a limitare gli ascolti a reati gravissimi, come quelli di mafia. Qua rischiamo di ritrovarci a intercettare i ragazzini che si messaggiano in chat per organizzare un rave...". L'immagine è efficace, lo schiaffo al progetto del ministro coglie nel segno. La premier si mette in scia, "hai ragione, Antonio, pensiamoci bene". Questa stretta, almeno questa, dovrebbe saltare.
È il primo incontro con la stampa. Poche domande, solo quattro, nonostante un'attesa lunga 35 giorni, quelli che separano l'esordio davanti ai cronisti dalla vittoria elettorale.
piantedosi salvini meloni tajani
L'ultimo quesito, il quinto, è un fuoriprogramma sulla marcia di Predappio che raccoglie due risposte imbarazzate della premier e del suo ministro dell'Interno. Ma a Meloni interessa poco, perché il messaggio politico è condensato nelle scelte di questo primo decreto: via l'obbligo vaccinale per i sanitari che sono a contatto con i fragili (e chissà come potrà sopravvivere la campagna vaccinale rivolta ai cittadini comuni, a questo punto), una norma per evitare di ammorbidire troppo l'ergastolo ai mafiosi, sei anni di carcere per un rave party. È un bignami di destra, senza trattini, che Meloni rivendica nei capannelli provati a Palazzo Chigi: "Sono scelte identitarie, chiare ai cittadini, che ci assicureranno consenso".
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È anche una strategia precisa, preparata a tavolino con Piantedosi. Visto che le risorse per affrontare le emergenze economiche scarseggiano, è meglio concentrarsi su un segnale securitario al Paese: il blocco alle ong, la "copertura" politica delle manganellate alla Sapienza, l'assalto ai rave. Con due obiettivi. Il primo è indicare l'atteggiamento del governo in vista di un autunno che molti prevedono caldo e "di piazza": sarà tolleranza zero. Il secondo è tutto politico e serve a sfilare a Matteo Salvini le dirette social e gli slogan "law and order". L'idea è scavalcarlo con messaggi duri e poco urlati. Depotenziarlo fino a renderlo ininfluente.
Così si muove la presidente del Consiglio. Aggiungendo tasselli e cercando di dribblare incidenti con il Colle. Sulle mascherine in ospedale, ad esempio. Il ministero della Salute voleva abolirle, su chiara indicazione politica dei vertici del governo. Poi si è fatto sentire Sergio Mattarella. Pubblicamente e, riferiscono fonti dell'esecutivo, ufficiosamente. Finché la norma è caduta.
matteo salvini giorgia meloni antonio tajani
Accanto ai messaggi securitari, la presidente del Consiglio continua anche a puntellare la squadra con fedelissimi. In questo senso, emblematica è la partita sulla delega ai Servizi. Meloni voleva tenerla per sé, almeno per qualche mese. Dopo interlocuzioni politiche e istituzionali, ha invece stabilito di restare ancorata al dossier dell'Intelligence, condividendone però il "peso". Nasce così il progetto di varare un provvedimento ad hoc per consentire ad Alfredo Mantovano - che è sottosegretario alla Presidenza e segretario del consiglio dei ministri - di rivestire l'incarico di autorità delegata: la legge prevede l'esclusività di questa funzione e va dunque modificata.
È evidente comunque che la strategia legalitaria può aiutare la partenza dell'esecutivo, ma non assicurare la navigazione. Meloni ha bisogno di risorse. Ne parlerà con Ursula von der Leyen nel corso della missione a Bruxelles in agenda per giovedì. Provando a mettere in discussione l'impostazione del Pnrr, che vorrebbe dedicato anche al caro energia. E lì, al cospetto della Commissione europea, la partita non si potrà risolvere per decreto.
ANTONIO TAJANI