Ilario Lombardo per "La Stampa"
FRANCO GABRIELLI MARIO DRAGHI
Liste di proscrizione, dossieraggio, mandato politico. Parole che fanno ripiombare l'Italia nelle zone oscure della propria storia e che rischiano di sfregiare la credibilità delle istituzioni, dai servizi segreti al governo. È questo il rischio che ha percepito Mario Draghi nella confusione del dibattito che si è scatenato in questi giorni, dopo la notizia di un report degli 007 su una presunta rete di opinionisti etichettati come «filoputiniani»: il pericolo di uno scivolamento verso un epilogo pericoloso che stava per investire direttamente la presidenza del Consiglio. Sentire in programmi televisivi e leggere sui giornali interrogativi e ipotesi sul ruolo che avrebbe avuto il governo nello schedare pareri contrari, ha convito Draghi che fosse arrivato il momento di intervenire.
La decisione di indire la conferenza stampa di Franco Gabrielli, e di declassificare il rapporto dell'intelligence, nasce da qui. Da questa preoccupazione.
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Il premier d'accordo con il sottosegretario con delega ai servizi segreti capisce che è necessaria un'operazione di totale «trasparenza», nella convinzione che «non possono esserci ombre» su Palazzo Chigi. Sarà Gabrielli, collegato a distanza, a spiegare cosa sapeva e fino a che punto Draghi. A chiarire il senso dell'ormai famoso Hybrid Bullettin, una relazione sullo stato delle cose della disinformazione che si presume abbia la regia del Cremlino e che potrebbe avere avuto un'intensificazione con la guerra in Ucraina.
Sono quattro i bollettini da febbraio a oggi, rivela il sottosegretario. E tutti e quattro erano stati messi a conoscenza dello staff del presidente del Consiglio.
L'ultimo viene protocollato il 3 giugno e inviato al Copasir, il comitato parlamentare che esercita il controllo sull'intelligence, il 6 giugno.
FRANCO GABRIELLI - MARIO DRAGHI - ADOLFO URSO
A Draghi non vengono segnalate particolari emergenze, semplicemente perché, a detta di Gabrielli, non ce ne sono. Il report lavora su fonti aperte, perlopiù commenti sui social e interventi televisivi. Niente di misterioso, niente che possa minare la sicurezza della Repubblica e attivare indagini vere e approfondite dell'intelligence. Gabrielli e Draghi sono in contatto continuo. Da quando è cominciata l'invasione russa in Ucraina si sentono «quotidianamente»: «E non ho percepito particolari criticità», spiega l'ex numero uno della Polizia, considerato da sempre uomo di fiducia del presidente del Consiglio.
mario draghi in conferenza stampa a bruxelles 1
Le scorie del sospetto, però, sono difficili da smaltire. Se sarà necessario, il premier è pronto a tornare anche personalmente sull'argomento. Nel clima di scontro tribale tra le opinioni, Draghi non accetta di passare per censore. Tanto più perché, all'interno del bollettino, il monitoraggio si concentra diverse volte su tesi critiche nei confronti del capo del governo, ritenuto «responsabile della crescita dei prezzi dei generi alimentari ed energetici», «allineato alle decisioni americane» e «disinteressato alle sorti del suo popolo». Leggendo, qualcuno potrebbe per questo poi sentirsi autorizzato a pensare che la censura sia conseguente, macchinata da Palazzo Chigi per soffocare la diffusione di argomenti del genere.
Non è così, ripete più volte Gabrielli, consapevole delle possibili interpretazioni del documento e degli effetti delle rivelazioni di stampa.
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Non c'è alcun mandato politico a indagare su professori e ospiti dei talk show, confermano fonti vicine al capo del governo. Il bollettino, nato nel 2019 sotto la responsabilità del Dipartimento dell'informazione per la sicurezza (Dis), forse non sopravviverà in questa forma, di analisi molto superficiale della rete e del suo flusso isterico. Ma ciò non significa che governo e intelligence saranno meno preoccupati a respingere l'opera di infiltrazione, di falsificazione e di hackeraggio che sono le armi della guerra ibrida, in cui la Russia di Vladimir Putin si è rivelata maestra.
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