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    “NON POTEVO CERTO INTERNARE MARADONA IN MANICOMIO SENZA L'AUTORIZZAZIONE DI UNO PSICHIATRA" – IL MEDICO DI DIEGO, LEOPOLDO LUQUE, INDAGATO PER OMICIDIO COLPOSO, NON CI STA: "SI INDAGHI SU CHI ERA MARADONA. ERA UN PAZIENTE DIFFICILE. A VOLTE MI CACCIAVA DI CASA, POI MI RICHIAMAVA INDIETRO. QUANDO E’ STATO DIMESSO, STAVA BENE" - RESTANO ZONE D'OMBRA SULLA FINE DI MARADONA. A CHE ORA È MORTO DAVVERO? I SOCCORSI SONO STATI CHIAMATI SUBITO? E L’INFERMIERA… - VIDEO


     
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    Maurizio Crosetti per repubblica.it

     

     

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    Il medico personale di Maradona è indagato per omicidio colposo. La procura di San Isidro ha perquisito lo studio e l'abitazione del dottor Leopoldo Luque, 39 anni, il neurochirurgo che il 3 novembre scorso aveva operato Diego al cervello e che, soprattutto, ha gestito le fasi delle dimissioni e dell'assistenza domiciliare. Svolta, secondo i magistrati, con incuria e negligenza.

     

    "Ma io so di avere fatto tutto il possibile", si è difeso con veemenza il medico nel corso di una conferenza stampa improvvisata. "Maradona è morto di cuore, la cosa più comune al mondo. Quel mondo che Diego odiava, lui odiava tutto e tutti ma io sentivo la responsabilità di volergli bene, io ero suo amico e lui aveva bisogno di aiuto".

     

     

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    La tesi difensiva del chirurgo è che nessuno può essere curato contro la propria volontà: "Maradona era un paziente molto difficile. Perché adesso non indagano su chi era quest'uomo? A volte mi cacciava di casa, poi mi richiamava indietro. Non potevo certo internarlo in manicomio senza l'autorizzazione di uno psichiatra, e neppure potevo obbligarlo ad entrare in una clinica di riabilitazione. Quando è stato dimesso c'era l'autorizzazione, abbiamo dei filmati in cui si vede chiaramente che stava bene. Non ho fatto meno del dovuto per lui, ma di più: ho le prove, ho i documenti e lo dimostrerò. A volte Diego non si alzava neppure dal letto per ricevere le figlie".

     

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    Eppure restano ampie zone d'ombra sulla fine di Maradona e sul dottor Luque, colui che chiamò l'ambulanza alle 12.23 di mercoledì 25 novembre con una voce assai calma, come se tutto fosse già accaduto, e senza neppure fare il nome di Maradona. Luque nella telefonata di soccorso con gli operatori parlò solo di un paziente di 60 anni in arresto cardiocircolatorio. Il campione si era molto legato a questo giovane medico di vent'anni più giovane, ma come spesso gli accadeva anche nei rapporti umani importanti passava dall'amore all'odio e di nuovo all'amore con grande disinvoltura, e con quegli sbalzi d'umore che spesso accompagnano le sindromi depressive.

     

     

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    Nell'inchiesta appena aperta si dovranno chiarire quelle cinque ore di cui si sa ancora troppo poco. A che ora è morto davvero Maradona? I soccorsi sono stati chiamati subito? Perché, chi era in casa, telefonò al dottor Luque e non al pronto soccorso? Forse Diego aveva già smesso di vivere? E come mai è stato dichiarato morto soltanto dopo le  13? Come mai Gisela Madrid, l'infermiera che lo accudiva, ha ritrattato la prima testimonianza in cui asseriva di avere assistito Maradona per tutta la mattinata, quando forse non lo aveva neppure visto? Chi l'ha costretta a mentire, e soprattutto perché?

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