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    “NON RIESCO A DARMI PACE. NON C’ERANO SEGNALI DI DEPRESSIONE” – PARLA MAURIZIO RANIERI, COLLEGA DEL PRIMARIO CARLO VICENTINI CHE HA STERMINATO LA FAMIGLIA (LA MOGLIE CARLA PASQUA, EX FUNZIONARIA DI 69 ANNI, IL FIGLIO DISABILE MASSIMO, 43, E LA FIGLIA ALESSANDRA, 36, ANCHE LEI MEDICO) E POI SI È TOLTO LA VITA – “ERA LEGATISSIMO A SUO FIGLIO, NON HO CAPITO CHE STAVA CROLLANDO”


     
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    Estratto dell’articolo di Nicola Catenaro per corriere.it

     

    carlo vicentini carlo vicentini

    «Non so darmi pace e non riesco a trovare una spiegazione in quello che è successo. Il professore l’avevo sentito sabato scorso, era la persona di sempre, mi aveva accolto con quella che sembrava una battuta: sono qui al mare a Tortoreto, sto facendo una camminata da pensionato. Se mi fossi minimamente accorto che stava male o che era molto depresso, non avrei esitato a raggiungerlo a casa o a intervenire in qualche modo». Maurizio Ranieri, 55 anni, primario facente funzioni del reparto di Urologia dell’ospedale di Teramo, è il medico che da gennaio ha preso il posto di Carlo Vicentini.

     

    È scosso perché non riesce a credere che il suo ex capo e «padre professionale» è la stessa persona che a 70 anni, a tre mesi dal pensionamento, ha sterminato con una P38 l’intera famiglia (la moglie Carla Pasqua, ex funzionaria di 69 anni, il figlio disabile Massimo, 43, e la figlia Alessandra, 36, anche lei medico) e poi si è tolto la vita nella villetta di Tempera, alla periferia dell’Aquila, nella notte tra mercoledì e giovedì. L’autopsia sui quattro corpi verrà eseguita domani, nell’ambito delle indagini della Procura dell’Aquila con la squadra mobile.

     

    Dottor Ranieri, da quando conosceva Carlo Vicentini?

    la villetta della famiglia vicentini a l aquila la villetta della famiglia vicentini a l aquila

    «Da oltre venti anni perché è stato il mio relatore all’università quando, nel ’94, ho discusso una tesi sperimentale in urologia. Poi l’ho incontrato di nuovo quando ho iniziato a lavorare a Teramo nel reparto da lui diretto».

     

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    Le parlava mai dei suoi problemi in famiglia?

    «Ne parlava poco. Ma sembrava voler bene alla sua famiglia e, nello specifico, a suo figlio Massimo, dalle cose che diceva al telefono quando rispondeva alla moglie. Quanta premura nelle sue parole quando chiedeva del figlio, affetto da distrofia. Immagino cosa debba essere stato vederlo soffrire per quarant’anni e non poter fare nulla, da medico, per contrastare la malattia. Non ci siamo mai accorti, almeno fino a quando è andato in pensione e lo abbiamo visto lavorare al nostro fianco, che fosse depresso. Non c’era nessun segnale, niente che lasciasse presagire un fatto così grave».

     

    Come si spiega quello che è successo?

    la villetta della famiglia vicentini a l aquila la villetta della famiglia vicentini a l aquila

    «Non c’è nulla di razionale in quello che è accaduto. Quando era con la moglie e con i figli, il professore appariva come un marito e un padre affettuoso e sereno. Se è vero che lavorava molto, è altrettanto vero che non fuggiva mai dai suoi doveri familiari. La prima cosa che faceva era tornare a casa dal figlio, che spesso accudiva anche durante la notte e nelle prime ore del mattino prima di partire per Teramo. Li vedevo spesso insieme, anche al mare. Carlo e Massimo erano legatissimi».

     

    Carlo Vicentini Carlo Vicentini Carlo Vicentini Carlo Vicentini

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