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    “NON SARÒ MAI DI DESTRA, MA NESSUNO MI FA INCAZZARE COME LA SINISTRA” - LA FIGLIA DALIA RACCONTA GIORGIO GABER: "QUANDO MIA MADRE SI CANDIDO’ CON BERLUSCONI, QUALCUNO SOSTENEVA PERSINO CHE DOVEVA DIVORZIARE - ANCHE LEI LO SOSTENNE, PERSINO QUANDO NEL 1970 DECISE DI MOLLARE LA TV: LASCIARE LA RAI PER IL TEATRO FU UNA BRUTTA BOTTA ECONOMICA" – LE CONTESTAZIONI DEL 1977 (“QUALCUNO GLI URLÒ: “NON È GIUSTO CHE CANTI SOLO TU...”. E LUI: “MAGARI ALTRI SONO STONATI, NO?”) - COME MAI NESSUNO RICORDA MAI, PARLANDO DI GABER, LA SUA APPASSIONATA STORIA D'AMORE CON MARIANGELA MELATO. FORSE PERCHE' IL "SIGNOR G" AVEVA FAMIGLIA? - VIDEO


     
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    Paolo Di Stefano per il “Corriere della Sera” - Estratti

    gaber la figlia dalia e ombretta colli gaber la figlia dalia e ombretta colli

     

    Dalia Gaberscik, che immagine di suo padre viene fuori dal docufilm «Io, noi e Gaber», che sarà proiettato oggi alla Festa del Cinema?

    «Per me era un uomo simpaticissimo, la persona più piacevole con cui passare una serata. Il film è un magnifico racconto affettuoso».

     

    Piacerebbe a suo padre?

    «Il papà odiava riguardarsi, anzi rivedere i suoi spettacoli a casa era vietato, mentre quando era nella fase creativa prima o poi tirava fuori il tormentone o l’ossessione del momento, sentiva l’urgenza di confrontarsi».

     

    Era diverso a casa dal Signor G del teatro-canzone?

    io noi e gaber cover io noi e gaber cover

    «Il lavoro era il suo gioco preferito. Si svegliava tardi, all’una o alle due, colazione, sigaretta, prove nel tardo pomeriggio, un toast prima dello spettacolo, primo tempo, secondo tempo, e anche un terzo tempo...».

     

    Terzo tempo?

    «Raggiungeva la felicità alla fine dello spettacolo, una gioia fisica quando aveva consumato tutte le cellule: mi sembrava persino di vederlo più piccolo. Faceva due tempi per potersi cambiare la camicia nell’intervallo, che era fradicia, e alla fine ne buttava via un’altra, era come svuotato e rimpicciolito, ma era la felicità pura, si asciugava e in camerino cominciava il terzo tempo con la gente che andava a trovarlo. Più che i complimenti ascoltava le critiche, le domande...».

     

    (...)

    Che coppia erano suo padre e sua madre, Ombretta Colli?

    GIORGIO GABER OMBRETTA COLLI GIORGIO GABER OMBRETTA COLLI

    «Uniti quasi in forma patologica, con una complicità che superava ogni elemento esterno, comprese me e mia nonna. Comunque, quel che diceva mia madre era legge per lui, quel che diceva mio padre si poteva mettere in discussione. Poi a sorpresa lei lo sosteneva quasi sempre: persino quando nel 1970 decise di mollare la tv... Lasciare la Rai per il teatro fu una brutta botta economica».

     

    (...)

    Fu una lunga malattia?

    «Nell’87, aveva 48 anni e io 21, stavo studiando alla scrivania, lui arriva e mi fa: “Cazzo, ho fatto un esame medico e non è andato bene”. Il tumore si è ripresentato nel ‘93».

     

    Ha fumato fino all’ultimo?

    «Era astemio, come noi tutti, e non era un mangione. Ma ha fumato Marlboro rosse per tutta la vita, 40, 50 al giorno. Diceva: “Più di così non posso”. Verso la fine non aveva voglia, e ci siamo preoccupati».

     

    Come reagì quando sua madre entrò in politica?

    «All’inizio era molto perplesso su Berlusconi, ma quando capì che la mamma era convinta, le disse: “Vai, penso che la politica abbia bisogno di persone perbene”. Si infuriò perché la sinistra lo aveva messo in croce, qualcuno sosteneva persino che doveva divorziare...».

    GIORGIO GABER GIORGIO GABER

     

    Ha avuto un rapporto difficile con la sinistra?

    «Diceva: “Non sarò mai di destra, ma nessuno mi fa incazzare come la sinistra”. E poi: “ Io sono di sinistra, non della sinistra”. La morte di Berlinguer in casa fu un vero colpo: non ricordo se piansero ma poco ci mancò».

     

    Gli altri conflitti politici?

    «Il momento più duro fu nella stagione ’77-’78: anche mio padre fu contestato, gli tiravano addosso di tutto. Anche Milani e Bisio ricordano di averlo fischiato».

     

    Come reagì?

    GIORGIO GABER DALIA GABERSCIK GIORGIO GABER DALIA GABERSCIK

    «Raccontava che a un certo punto qualcuno gli urlò: “Non è giusto che canti solo tu...”. E lui: “Magari altri sono stonati, no?”. E quelli: “La stonatura è un’invenzione dei padroni”.

    Era un clima di follia. Si è fermato per un anno, ma senza teatro si annoiava terribilmente. Fino a due anni prima andava a prendere mia madre alla Statale in Jaguar senza problemi. A pensarci rideva ancora dopo anni».

     

    (…)

    Avevate spesso la casa piena di gente?

    «Ricordo le serate con Mina, una figura mitologica anche in casa; se poi si era per strada, quando passava lei si fermava il mondo, non ce n’era per nessuno. Spesso venivano Ric e Gian, Cochi e Renato, Enzo, Milva. Una mattina suona in via Frescobaldi un tale Battiato, gli apre mia madre e quello dice: “Vorrei fare l’artista”. Papà ascolta un po’ di cose sue, sperimentali e strane, rimane perplesso, ma gli dà fiducia. Conduceva in Rai un programma con Caterina Caselli, dove ciascuno dei due portava un esordiente: Caterina portò Francesco Guccini e papà Francesco Battiato. Ma siccome erano tutt’e due Francesco, mio padre gli disse: “Facciamo che ti chiami Franco”. E da allora per tutti, anche per sua madre, diventò Franco».

     

    Rimase l’amicizia?

    JANNACCI GABER JANNACCI GABER

    «Mia madre lo prese come chitarrista nelle serate estive. Lei portava delle minigonne inguinali, era di una bellezza incredibile, e Franco raccontava che in un paesino del sud a un certo punto percepì che un ragazzotto in prima fila aveva fatto dei gesti verso la minigonna e di colpo lo vide cadere al suolo: mia madre gli aveva spaccato il microfono in testa. Era tremenda. Soccorritori, ambulanze.... Franco è rimasto un amico storico».

     

    Serate divertenti?

    «A casa nostra c’era un poker stabile con papà, mamma, Battiato, Roberto Calasso, il direttore dell’Adelphi, e sua moglie Fleur Jaeggy. Giocavano fino alle due o alle tre mettendo in palio i libri dell’Adelphi. Dunque Roberto perdeva anche quando vinceva».

     

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    E con Sandro Luporini che amicizia era?

    «È un tipo strano, storto, indolente, un ipocondriaco. Si vedevano da noi in Toscana tutti i giorni per lavorare. Sandro arrivava e cominciava: “Ho male qua, ho male là...”. Un giorno aveva male persino ai capelli. Papà rideva: “Tu mi sotterri”. Infatti».

    L’ultimo ricordo?

    «Papà era campione mondiale del biliardino, faceva morir dal ridere, intimoriva l’avversario, rullava, faceva gol di gancio, micidiale. Quel che mi manca è la sua allegria».

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