1 – PARTECIPATE, LA NUOVA STRATEGIA È COMPRARE (COME PER TIM)
Estratto dell'articolo di Mario Sensini per il “Corriere della Sera”
GIANCARLO GIORGETTI
[…] Più che ad una nuova campagna di privatizzazioni nello stile «più mercato e meno Stato», come sollecita Forza Italia sostenitrice da sempre delle dismissioni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti pensa ad un riorientamento strategico della presenza dello Stato nell’economia. E l’intenzione, ora, è più quella di comprare che di vendere.
«Oggi discutiamo dello Stato che entra in una partecipazione strategica» ha detto il ministro spiegando l’operazione che porterà il Mef ad acquisire una quota della rete Tim, «domani potrebbero esserci altre realtà dalle quali potrebbe essere opportuno disinvestire».
Il Mef, dunque, si appresta a spendere 2,2 miliardi per entrare con il 20% nella rete Tim, che Giorgetti considera strategica anche per lo sviluppo della banda larga. Ma anche perché lì dentro c’è Sparkle, la società che possiede e gestisce 560 mila chilometri di cavi sottomarini in fibra ottica nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nel Pacifico.
maurizio leo giorgia meloni giancarlo giorgetti
[…]
La chiave per entrare sono i poteri speciali che lo Stato potrà esercitare una volta entrato nella società proprietaria della rete Tim. E che si prepara ad usare in molti altri settori «strategici». Il governo, con il decreto omnibus di agosto, ha appena deciso di ampliare, e di molto, i settori economici considerati strategici, nei quali intervenire con i poteri speciali.
Il Golden Power oltre che nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni potrà essere usato, dice il decreto legge, nei settori dell’intelligenza artificiale, dei semiconduttori, della cyber sicurezza, delle tecnologie aerospaziali, nello stoccaggio dell’energia, compresa quella nucleare e quantistica, fino alle tecnologie di produzione alimentare.
meloni tajani
Sull’altro piatto della bilancia, le aziende già controllate dallo Stato, ci sono circa 100 miliardi di euro. Alcune sono strategiche, non cedibili, e magari quotate, come Eni ed Enel, dove lo Stato mantiene giusto la quota che serve per incassare i dividendi ed esercitare i poteri speciali.
Ci sono però società come Ferrovie, che vale 40 miliardi, o la Rai, che ne vale 7, che potrebbero finire almeno in parte sul mercato, come anche Sogin e Cinecittà. Altre che dovranno essere cedute per forza, come Ita, la ex Alitalia, destinata ai tedeschi di Lufthansa e il Monte dei Paschi di Siena, di cui il Tesoro ha la maggioranza dopo il salvataggio.
E poi ci sono le concessioni, che potrebbero aprire la strada alla gestione dei privati. Anche nel settore portuale come chiede Forza Italia.
2 – LE BABY PRIVATIZZAZIONI
Estratto dell'articolo di Paolo Baroni per “La Stampa”
TITANIC D'ITALIA - VIGNETTA BY MACONDO
Il governo è pronto a ragionare su nuove privatizzazioni ma, nel caso, non intende cedere il controllo delle sue società. Insomma, bene far cassa ma poi tutto deve comunque restare in famiglia. È un modo per trovare nuove risorse e (forse) risolvere in partenza l'apparente contraddizione di un esecutivo che in questo campo ha fatto l'esatto opposto, decidendo di investire ben 2,2 miliardi per mettere un piede nella rete telefonica in tandem col fondo americano Kkr in nome della difesa dell'interesse nazionale.
Come ha spiegato lunedì sera il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti il governo a questo punto è pronto a «valutare una riallocazione delle partecipazioni dello Stato». Della serie un colpo al cerchio ed uno alla botte, o se vogliamo il tentativo di bilanciare in qualche modo un'uscita che di questi tempi è pesante concordata col fondo Usa dovendo già ricercare 20-30 miliardi in vista della prossima manovra.
QUOTE E INVESTIMENTI DEL TESORO NELLE PARTECIPATE - LA STAMPA
[...] Lo Stato, viene spiegato, manterrà comunque il controllo delle partecipate le cui quote verranno eventualmente messe sul mercato. Premesso che gli eventuali incassi, per loro natura una tantum, devono obbligatoriamente andare alla riduzione del debito e non certamente a finanziare spesa corrente, cosa può vendere lo Stato? O meglio cosa può valorizzare?
Su un totale di quasi 3.500 società a controllo pubblico quelle che fanno capo al Mef sono circa 400. Ma non tutte sono «privatizzabili». In cima alla lista c'è certamente il Monte dei paschi di Siena, non foss'altro perché dopo il salvataggio del 2017 (salvo nuove proroghe) l'impegno preso con Bruxelles prevede che la banca esca dall'orbita pubblica entro il 2024.
monte dei paschi di siena
Oggi Mps, alleggerita di molto personale, completamente risanata ed in buona salute (per quest'anno a Siena si prevede un utile di 1 miliardo di euro), in borsa capitalizza circa 3,2 miliardi, ma negli ultimi sei anni al Tesoro che oggi controlla il 63% del capitale di miliardi ne è costati ben 7. Fino ad oggi però i tentativi di accasarla prima con Unicredit, poi con Bpm e Bper non hanno dato frutti. Ma il suo destino in un modo o nell'altro è segnato. Spiegava già a fine maggio lo stesso Giorgetti: «Vedo una partita da vincere. Oggi Mps può diventare una preda ambita invece che un qualcosa da tenere lontano».
Poi c'è Ita, l'ex Alitalia, ma per questa operazione servirà tempo: perché i tedeschi di Lufthansa che hanno da poco rilevato il 40% del capitale prima di prendersi la maggioranza si aspettano che il nuovo piano industriale vada a regime e la compagnia raggiunga l'utile. Insomma, salvo sorprese, se ne riparla tra il 2026 ed il 2027.
MONTE DEI PASCHI DI SIENA MPS
Sempre nel campo dei trasporti potrebbero intanto uscire dai cassetti i vecchi progetti relativi al Gruppo Fs che risalgono alla gestione dell'allora ad Mauro Moretti, che aveva ipotizzato di avviare il collocamento in Borsa del 40% delle Ferrovie, o lo spin off del Frecciarossa teorizzato dal suo successore Renato Mazzoncini che in questo modo puntava ad incassare 2-3 miliardi di euro. [...]
Per il resto i margini di manovra del governo non sono molti anche se le sei grandi società quotate controllate direttamente o indirettamente (tramite Cassa depositi) sul mercato valgono complessivamente ben 143 miliardi. Quasi la metà di questa cifra riguarda l'Enel, di cui il Tesoro possiede di fatto già la soglia minima che le consente il controllo, ovvero il 23,59%. Quota che non ha molto senso limare ulteriormente ed è impensabile scaricare l'intero pacchetto sulla Cassa depositi che già controlla il 25,76 dell'Eni. Il gruppo guidato da Claudio Descalzi in borsa vale 48,5 miliardi per cui il 4,34% rimasto in portafoglio al Mef ne vale 2,1.
matteo salvini giorgia meloni antonio tajani
Liberarsi di questo pacchetto in pratica potrebbe compensare l'importo che il governo si è impegnato a versare a Kkr per il 20% della rete di tlc. Su Poste italiane, una delle ultime vere operazioni di privatizzazioni (ma parliamo oramai del 2016!) i margini sono più ampi: il Mef infatti controlla il 29,26% del capitale mentre un altro 35% è stato ceduto a suo tempo a Cdp. A fronte di una capitalizzazione di circa 13,4 miliardi la quota del Tesoro oggi vale insomma ben 3,9 miliardi. [...]
claudio descalzi
Nel suo «giardinetto» poi Giorgetti ha un gioiello di questi tempi particolarmente prezioso: detiene infatti il 50% di St holding a cui fa capo la quota di controllo (27,5%) di StMicroelectronics, uno dei leader mondiali nel campo dei semiconduttori che in borsa capitalizza circa 40 miliardi, con un fatturato 2022 di 15 ed un utile di 4. Il problema è che l'altro 50% è in mano allo Stato francese e per entrambi i paesi questa è una partecipazione assolutamente strategica. Di fatto intoccabile.
giancarlo giorgetti al meeting di rimini di Comunione e liberazione ANTONIO TAJANI E GIORGIA MELONI COME MASSIMO SEGRE E CRISTINA SEYMANDI MAURIZIO LEO E GIANCARLO GIORGETTI