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Luca Mastrantonio per “Sette - Corriere della sera”
Trasuda orgoglio da figlio di operai Antonio Albanese mentre gira per gli studi torinesi della Rai dove le maestranze hanno ricostruito i sotterranei dove vivono i protagonisti di I topi, la fiction tv che sta girando: «Sono artisti, non artigiani, guarda questo muschio, gocciola davvero!». Fuori da quei cunicoli, andiamo nel camerino per parlare di Cetto C’e senzadubbiamente, terzo episodio della saga cinematografica dell’imprenditore politico calabrese, campione di illegalita, Cetto La Qualunque.
Scritto con Piero Guerrera, per la regia di Giulio Manfredonia (e prodotto da Wildside), sara nei cinema dal 21 novembre. «Il percorso di Cetto non era finito, ma serviva un’idea spiazzante», racconta Albanese: «Abbiamo provato con Cetto presidente della Repubblica, Cetto golpista sudamericano, Cetto impotente, Cetto prete... Poi una mattina, finalmente lo spunto giusto. Con Piero Guerrera stavamo leggendo che in Italia sta crescendo la nostalgia verso la monarchia! Non solo tra vecchi presunti nobili, ma tra gli italiani, i potenziali sudditi!».
Penso a Pino Aprile e altri neoborbonici, sovranisti...
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«Si. Una cosa assurda, ma e anche comica. Fare qualcosa di piu surreale della realta e oggi molto difficile. Portiamo alle estreme conseguenze la sfiducia nella democrazia. Nasce cosi Primo Cetto Buffo di Calabria. Quest’idea, un criminale che si nobilita a fini politici, ci ha dato una spinta mostruosa a scrivere».
Cetto, che all’inizio vediamo biondo come Trump, e Re grazie a un referendum online, ama le armi piu del vecchio Savoia, via web parla del Paese che ama e manda affanculo Cavour. C’e di tutto in questo Re giullare: Pantalone travestito da Arlecchino?
«Amo le maschere, sono fuori dal tempo, e nella comicita non devi mai essere in ritardo. Cetto-Trump l’ho fatto 5 anni fa da Fazio! E la comicita che mi folgoro da bambino e la tv di Oggi le comiche: sono del ’63, avevo 10 anni e Stanlio e Ollio, Buster Keaton mi ipnotizzavano con quella comicita muta, che fa parlare il corpo. Poi all’Accademia ho studiato la comicita nobile, difficile e rischiosa: Brecht e Karl Valentin. Mi affascina l’ironia che arriva dalla sofferenza, dal dolore, che lacera i corpi ed e seria anche nei non sense.
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Non amo il demenziale, il non sense deve essere rigoroso, come nel monologo di Valentin L’acquario, dove per uccidere un pesce preso dall’acquario, lo si butta nel fiume, inquinato. Capito? Cosi si puo affogare un pesce! Ucciderlo in un fiume! Questa ambiguita e stringente, come nella poesia. O in certa pittura, penso all’espressionismo tedesco legato a Brecht, di Grosz e Otto Dix. Colleziono alcuni disegni, costano meno dei quadri e mi piace lo schizzo, c’e il germe dell’idea: in uno dei miei disegni preferiti c’e un uomo, orribile, che si fa la barba con una mano e con l’altra disegna una donna nuda, ma lo fa a partire dal culo. C’e un’ironia potente».
Non la vedo, dov’e l’ironia?
«Nel mostrare brutalmente quanto sia ridicolo quell’uomo, che disegna, sa fare qualcosa di bello, ma parte dal culo della donna, e volgare. Io faccio lo stesso con i miei personaggi, Cetto guarda cosi le donne, lo disegno cosi. Mi piace indebolire, rendere ridicoli e mostrare quanto sono brutali i personaggi cattivi. Credo sia un modo efficace per contrastare questo mondo».
Facciamo i sovranisti. Torniamo a qualche maschera italiana.
«Dovrei dire Toto, che con un corpo anarchico e un volto unico ha creato una maschera senza tempo. Ma per me Fantozzi, il primo libro, e un capolavoro e Paolo Villaggio un genio. Amo la brutalita di come racconta i vizi e i virus inconfessabili del boom economico. Lui accettò di farmi un cammeo in Tutto tutto niente niente in cambio di una promessa: “Se muoio mi devi bollire”».
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Fantozzi e umiliato dal lavoro, Cetto si nobilita non lavorando.
«In Cetto c’e il lato infame del lavoro: lavoro nero, criminale, lo sfruttamento. Fantozzi e un fannullone ora vittima ora carnefice, c’e il ribaltamento tipico della comicita».
Se si fossero incontrati?
«Sicuramente si creavano dei silenzi enormi, tanto e grande la distanza. Uno non poteva commentare l’altro ne viceversa. Cetto e il diavolo, Fantozzi al confronto un eroe».
L’umorismo di entrambi castiga i costumi, mettendoli a nudo.
«La comicita può educare, facendo emergere aspetti nascosti, rimossi. Anche I topi, la mia fiction, parla di illegalita. Voglio mostrare alle nuove generazioni che i delinquenti sono bestie, hanno depositi di soldi ma vivono nell’ignoranza totale, nell’infelicita: l’illegalita spegne la vita. Vale anche per Cetto, che ha questa capacita terribile di portare il figlio, un bravo ragazzo, dalla sua parte: e una mia fissazione, sporcare il racconto della criminalita».
Il movente e autobiografico?
«Si. Mio padre è andato al Nord, costretto a lasciare la Sicilia, un territorio bellissimo e meraviglioso, perche alcune persone non hanno saputo gestirlo e anzi l’hanno fatto in maniera criminale. Non e un problema solo meridionale, ovvio».
Lei e un estimatore del libro e del film di Gomorra. La fiction pero rende glam il crimine.
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«Gomorra film e un capolavoro. La fiction e vero, e glam, e show. Vale anche per il cibo, il glam fa perdere il contatto con la realta. Per me e una festa il cibo, come i panini imbottiti e le frittate che invadevano l’aria nei vagoni dei treni da Milano al Sud. Altro che chef».
Nel monologo alla nazione, Cetto invita tutti a ridere. Abbiamo avuto un premier barzellettiere, un comico leader e oggi i politici fanno a gara di battute su Twitter. Le risate ci stanno seppellendo vivi?
«In quel monologo la risata è stonata, segna un momento di grande disperazione e rassegnazione. Viviamo un momento delicato, drammatico, io ho un po’ di paura».
Cosa la spaventa?
«L’egoismo e la stupidita, l’individualismo menefreghista. Si sta perdendo il rispetto, la gentilezza, il valore dei rapporti veri. Parlo delle piccole cose. Un esaurimento nervoso non arriva per una notizia, ma da una somma. Se butti un mozzicone per terra o nel posto sbagliato, stai facendo un danno non solo agli altri, all’ambiente, ma anche a te stesso. La citta è anche tua».
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Che rimedi si possono attuare? A parte i posacenere portatili...
«Bisogna ripartire dai fondamentali. Pratico e ho insegnato ai miei figli gentilezza, garbo, rispetto. Salutarsi, non stare al cellulare se sei in compagnia di qualcuno... Serve piu serenita, saper individuare a chi credere per non farsi travolgere dalla centrifuga: fermarsi, capire cosa ci e finito dentro. Bisogna ascoltarsi, sentirsi di piu, fidarsi del proprio istinto e del proprio gusto, farsi condizionare il meno possibile».
Non farsi condizionare. Come?
«Coltivando una sana semplicita. Se hai un’idea, prova a vedere a cosa porta prima di esporla o di abbracciarla, pensa alle conseguenze. Cetto dice: prima vota e poi rifletti; no, noi dobbiamo fare il contrario».
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Oggi il ritmo e social, nevrotico.
«Si scrive prima e poi si pensa. Si insulta e poi si ragiona. Follia»
Un paradigma del successo oggi sono i video virali, contagiosi.
«Questione di gusti. E di tempo. Non voglio perderlo, amo lavorare, leggere, studiare. Che senso ha vedere assieme ad altri milioni di... un cane che suona il pianoforte? Invasi da miliardi di micronotizie, patiamo la noia, ci ferma, ci blocca».
E molto duro il suo giudizio.
«Non c’e bisogno di giudicare, basta osservare, farsi domande. Mi han mostrato un video con due che fanno l’amore sugli scogli: erano isolati per chilometri. Vengono filmati con un superzoom da una barca lontana, da dove commentano “guarda che zozzoni!”; aumenta lo zoom, e quelli “proprio zozzoni!”. Ma chi sono gli zozzoni? Nessuno a bordo s’e chiesto: “Siamo noi?”»
giampaolo letta antonio albanese
Quali sono gli effetti collaterali?
«Perdiamo dimestichezza con la bellezza, il senso della vita. Due che fanno l’amore, in un posto isolato, non vicino alla scuola, e una cosa bellissima, per loro, per tutti. Non è da zozzoni. E c’e anche la volgarità della cultura come show. Ieri e partito un quiz con i miei amici, su chi ha scritto sul giornale: “Nel nostro tempo il carisma etico del padre ha lasciato il posto all’apologia scientista del numero. Anche la pratica delle cure risente di questo mutamento di paradigma. Diagrammi, costanti biologiche rischiano di alimentare un feticismo della cifra”».
Massimo Recalcati?
antonio albanese
«Indovinato. Puoi essere colto ma se non hai l’intelligenza di farti capire diventi una brutta persona. Hai la tecnica, ma la tecnica e puttana, puo tradire e ti tradisce. Terribile, come il cane che suona il pianoforte. Come il video di quella che si denuda e ha un trafilato nel culo».
Cos’e un “trafilato”?
«Un pezzo di ferro... e un termine tecnico, chi ha lavorato in fabbrica come me lo sa. Vedi, ho nascosto la volgarita dietro la tecnica. Ma resta volgarita. Amo la comicita perche è popolare. Nel mio pubblico c’e l’operaio è l’amico latinista».
Tra gli estimatori, c’era Gaber.
«Nel 1995 mi consegno il premio Bernardini. Era garbato, pareva sereno ma era inquieto. Conversando, ti ascoltava riflettendo. Gli piaceva vivere e raccontare la vita, con talento naturale, una serieta incredibile e un’onestà enorme. Mi propose dei testi, mi chiese di fare Il grigio, ma era troppo suo il testo, una seconda pelle. Dissi no, non volevo sporcarlo. Non puoi rifare il gesto di un grande, e ridicolo: se tagli una tela non stai rifacendo il Concetto spaziale di Fontana, l’ha gia fatto lui. Forse dopo 50 anni puoi re-interpretarlo. Magari lo farò».
antonio albanese e moglie
Con Gaber, Jannacci, Celentano e Fo avete cantato in tv Ho visto un re. Nei titoli di coda del suo nuovo film canta un rap sovranista con Gue Pequeno: “Io sono il Re / Dio salvi me”.
«Gue è stato molto simpatico, ed era perfetto. Ha le catenozze da rapper, gli piace u pilu come a Cetto».
E molti tatuaggi. Le piacciono?
«Ho una cicatrice che mi son fatto in fabbrica. Ma tatuaggi non ne farei, non mi piace avere qualcosa che poi nel tempo io non possa togliere. Mi terrorizza l’idea di stancarmi».
Lei cos’ha in comune con Cetto?
«Nei personaggi comici metto poco di mio. Sono piu vicino a me stesso nei personaggi drammatici».
antonio albanese
In quale si riconosce di piu?
«Antonio Pane, in L’intrepido di Amelio. Mi sono chiuso nel mio io, ho cercato ricordi, emozioni per arrivare alla temperatura giusta. Per esempio, il militare. Avevo 19 anni, 35 anni fa, e stato un momento davvero triste della mia vita, orribile, prendere in mano le armi, fare 4 ore sull’altana di guardia, poi due ore riposo, di nuovo la guardia, uscire ma rientrare la sera... E triste costringere un giovane uomo a non fare le cose che vorrebbe fare».
recalcati
Lei ha una figlia di vent’anni e un figlio piu piccolo. Da padre e flessibile sugli orari? «Conta il rispetto. Ho una figlia meravigliosa di 25 anni, che ha seguito il suo percorso, di giovane donna, studentessa. Da adolescente le dicevo cosi: rispetto la tua energia, la voglia di uscire, amare, i tuoi sentimenti, ma devi rispettare la mia ansia da genitore. Se vuoi ti accompagno, ti prendo, se non c’e il tram devi prendere il taxi, ma non puoi. Quindi torna all’ora stabilità».
Altrimenti?
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«Altrimenti prendevo il magnesio per l’ansia. Ma chili di magnesio».
ANTONIO ALBANESE