Re. Mi. per “il Giorno”
ANTONIO BINI
Non bastano cinquemila euro per cavarsela dopo averlo aggredito per una stupida questione di viabilità, morsicato all’orecchio staccandogli quasi il lobo, investito e trascinato con la macchina aggiungendo al conto il naso spaccato e la clavicola lussata.
ANTONIO BINI
E all’inizio di tutto quella frase, riportata dal tassista P. B. nell’intervista che ha rilasciato al Giorno: «Ti ammazzo come il tuo collega», un riferimento neanche velato all’omicidio di Luca Massari, pestato a morte per essersi fermato dopo aver investito un cane a Scalo Romana nel 2010. P. B., il tassista di 48 anni che martedì 28 novembre in via Lepetit, a due passi dalla Stazione Centrale, ha rimediato 30 giorni di prognosi (al Niguarda sono riusciti a ricucirgli l’orecchio), ieri ha rifiutato il risarcimento proposto dal suo aggressore Antonio Bini, 29 enne con un impiego in un hotel e una passione evidente per il culturismo, ora ai domiciliari con l’accusa di lesioni aggravate dai futili motivi.
ANTONIO BINI
«È una somma che non rappresenta un risarcimento soddisfacente», hanno spiegato Sostene Invernizzi e Mauro Mocchi, gli avvocati del tassista che si è costituito parte civile, al termine dell’udienza a porte chiuse, spiegando che il giudice Carlo Cotta dell’XI sezione penale ha rinviato il processo al 5 febbraio «per dare il tempo alle parti di trovare un accordo sul risarcimento».
Così come aveva fatto una settimana fa, quando Bini si era detto disponibile a risarcire P. B. «Attraverso il risarcimento si può accedere ai riti alternativi, patteggiamento o rito abbreviato, o alla messa alla prova» ai servizi sociali, hanno chiarito gli avvocati del tassista che nei prossimi giorni si incontreranno con le colleghe Beatrice Saldarini e Patrizia Pancanti, difensori del bodybuilder, per cercare ancora un accordo sulla somma da risarcire.
ANTONIO BINI
Più alta, si presume, dei cinquemila euro con i quali Bini avrebbe voluto liquidare la vicenda, anche se all’indomani dell’aggressione, davanti al giudice delle direttissime che gli aveva convalidato gli arresti domiciliari, aveva negato il morso all’orecchio, sostenendo che il tassista si fosse ferito cadendo e che l’avesse provocato. Sull’auto del culturista gli agenti delle Volanti avevano ritrovato un coltello e una sorta di artiglio di metallo.
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