Paolo Russo per la Stampa
vaccino antinfluenzale
«Io e mio marito, rispettivamente di 68 e 70 anni siamo stati costretti a rivolgerci a una struttura privata pagando 60 euro a testa per poterci vaccinare. È una vergogna». Sono decine i post nella pagina Facebook #OdisseaDeiVaccini che denunciano appuntamenti rinviati dal medico di base e ricerca disperata di un antinfluenzale.
E i numeri che a fatica si riescono a ottenere dalle regioni confermano lo sfogo: meno della metà di quei 18 milioni di dosi acquistate è stata iniettata ai circa 24 milioni di italiani ricompresi nelle fasce a rischio: over 60, piccoli da sei mesi a sei anni e soggetti con patologie gravi.
Proiettando su base nazionale i dati raccolti su un plotone di sette regioni (Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Puglia, Friuli e Basilicata) possiamo dire che poco più di un italiano su quattro di quelli a rischio è riuscito fino a oggi a proteggersi dall'influenza. Questo nonostante già il 5 giugno una circolare del ministero della Salute avesse raccomandato «di anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale a partire dall'inizio ottobre». Per evitare che la sovrapposizione di Covid e influenza facesse prendere d'assalto i pronto soccorsi già allo stremo. Arrivati al 20 novembre siamo ancora in alto mare.
vaccino antinfluenzale
«Ci sono ritardi nelle consegne da parte delle aziende produttrici un po' in tutta Italia», spiega Pierluigi Bartoletti, vicepresidente vicario del sindacato dei medici di famiglia Fimmg. «Il Lazio si è mosso per primo acquistando le dosi ad aprile, ma le altre regioni le hanno prenotate in estate come tutti gli altri anni. La Lombardia addirittura ad inizio autunno».
«Altri Paesi - prosegue - si sono mossi già quest' inverno e così da noi le dosi stanno arrivando con il contagocce». Come se non bastasse, per un controllo su alcuni lotti, si sono ora bloccate anche le consegne del vaccino della Sanofi, che di ordini ne ha per qualche milione, spiega sempre Bartoletti. A settembre la Fondazione Gimbe aveva conteggiato 17 milioni e 866mila dosi acquistate dalle regioni, ora lievitate appena sopra i 18 milioni.
Per otto regioni (Abruzzo, Basilicata, Lombardia, Molise, Alto Adige, Piemonte, Umbria e Valle d'Aosta) quantitativi comunque insufficienti a garantire lo standard minimo del 75% di copertura della popolazione a rischio. I ritardi delle consegne poi hanno fatto il resto. In Lombardia ci ha messo del suo la Regione, prima partendo in ritardo con gli ordinativi, poi sbagliando a ottobre un bando di acquisto che ha fatto sfumare l'invio di un milione e 400mila dosi nonostante 15 milioni di pagamento anticipato. L'Ats di Milano ieri è tornata a smentire l'indisponibilità di vaccini, sostenendo di averne distribuiti in questi giorni 235mila ai medici di base.
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Ma poi «scopriamo oggi che le risicate dosi distribuite in regione sono prive di ago», denuncia il consigliere regionale Pd, Samuele Astuti. A Bergamo città, lamenta a sua volta il sindacato pensionati della Cisl, su 55 medici che li hanno prenotati solo in 7 se li sono visti consegnare. Mentre gli stessi medici di base lamentano di aver potuto ritirare solo 50 dosi a testa, a fronte di una richiesta 10 volte superiore.
Come dire che si è soddisfatto un decimo di quei 4 milioni che del vaccino ne avrebbero avuto bisogno più di altri. In Piemonte «complessivamente abbiamo consegnato 900mila dosi di vaccino e sono state fino a ora vaccinate dai medici di famiglia 572mila persone, oltre alle 78mila dosi destinate a operatori sanitari, ospiti delle Rsa e, in alcuni casi, a cittadini e bambini a rischio», assicura l'assessore regionale alla sanità, Luigi Icardi.
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Ma a fare i conti si scopre che le 650 mila dosi inoculate sono poco più della metà di quel milione e 200mila acquistate e un quarto dei cittadini a rischio. E proprio ieri il portale regionale informava i medici dell'arrivo di 120mila dosi, che però «serviranno a rifornire tutti i medici che finora hanno ricevuto un quantitativo inferiore rispetto a quanto somministrato nel 2019».
Ossia meno della metà di quanto previsto quest' anno, visto che, almeno sulla carta, le dosi sarebbero dovute passare da 700mila a un milione e 200mila. Nel Lazio, informa l'assessore alla salute, Alessio D'Amato, sono state acquistate 2,4 milioni di dosi, 1,1 somministrate ai cittadini. Quindi la metà.
«Colpa delle aziende che consegnano in ritardo, ma intanto in questo momento noi medici di famiglia siamo tutti senza», ammette Bartoletti, che è anche vicepresidente dell'Ordine dei medici di Roma. Nelle farmacie va ancora peggio. Anche perché rispetto alle 900mila dosi dello scorso questa volta le regioni hanno lasciato loro le briciole: appena 250 mila dosi.
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Altroconsumo ha setacciato 200 farmacie di tutte le grandi città senza trovarne una sola dose e solo nel 6% si accettano prenotazioni. Tra poco le temperature si abbasseranno e allora il pasticcio dei vaccini sarà evidente anche agli occhi di chi finge di non vedere.