Francesca Santolini per repubblica.it
Gli impatti del cambiamento climatico dimostrano già oggi che saranno le fasce sociali più deboli della società a pagare il prezzo più alto.
MIAMI GENTRIFICAZIONE CLIMATICA
A livello globale, si fa riferimento al termine “giustizia climatica” per indicare il fenomeno in base al quale le popolazioni che subiscono maggiormente le conseguenze del riscaldamento globale, sono quelle che meno hanno contribuito a creare il fenomeno.
Non parliamo quindi solamente di cambiamento climatico, ma di cambiamento climatico in un mondo ingiusto e disuguale. E questo è particolarmente vero se si guarda agli effetti su scala locale, e all’intersezione tra le dinamiche climatiche e il mercato immobiliare. Secondo Jesse Keenan, autore dello studio “Climate gentrification: from theory to empiricism in Miami-Dade County, Florida”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricercatori dell’Harvard University, il riscaldamento globale, dovuto ai cambiamenti climatici in atto, sta modificando la topografia delle città e portando a quello che l’autore dello studio ha definito "climate gentrification", cioè gentrificazione climatica.
MIAMI GENTRIFICAZIONE CLIMATICA
Il termine gentrificazione è stato utilizzato per la prima volta nel 1963, dalla sociologa inglese Ruth Glass, per indicare la trasformazione di un quartiere popolare in una zona abitativa di prestigio, con il conseguente innalzamento dei prezzi delle abitazioni e il cambiamento della composizione sociale degli abitanti.
Jesse Kennan è partito da questo concetto per identificare un tipo differente di gentrificazione, cioè quella motivata dall'assenza di rischi collegati al cambiamento climatico.
Partendo dal caso della città di Miami, in Florida, lo studio dimostra come l’aumento del livello del mare stia causando ondate di gentrificazione nelle città più vulnerabili al clima, con un conseguente spostamento della popolazione più benestante verso quartieri popolari, situati in aree delle città meno esposte al rischio di inondazioni, siccità, uragani e incendi.
MIAMI GENTRIFICAZIONE CLIMATICA
Un fenomeno globale ma già ampiamente in atto in molte città degli Stati Uniti, dove si prevede una vera e propria forma di migrazione urbana che cambierà radicalmente la distribuzione territoriale della popolazione da qui al 2070. A Miami l’aumento del livello del mare fa già parte della vita quotidiana, ma non colpisce tutti nello stesso modo.
A partire dagli inizi degli anni 2000, la tendenza delle famiglie ad alto reddito è stata quella di lasciare gradualmente la ricca Miami Beach ed investire in quartieri popolari come il ghetto nero di Liberty City, oppure Little Haiti, oggi considerata tra le zone più cool della città, e cioè in quartieri popolari dove vivono tradizionalmente afro americani, cubani e in generale i ceti sociali più bassi.
Questi quartieri trovandosi nell’area interna della città sono più protetti e meno esposti al rischio di inondazioni, e quindi in prospettiva rappresentano un investimento più vantaggioso di una bella casa sulla costa, che potrebbe finire sott’acqua in un futuro non troppo remoto. Così facendo, però, si sta creando una vera e propria bolla immobiliare con un innalzamento dei prezzi delle case e dei servizi che va a svantaggio dei tradizionali abitanti. Ma non c’è solo Miami.
MIAMI GENTRIFICAZIONE CLIMATICA
A Los Angeles, a causa degli incendi, chi abita sulle prestigiose colline cittadine, sta lentamente decidendo di andare a vivere in luoghi meno soggetti al rischio climatico, spostandosi in quartieri che sono prevalentemente abitati dai ceti più bassi. Un simile fenomeno sta accadendo anche a Phoenix, in Arizona, dove le ondate di calore hanno portato le temperature massime a un soffio dal record di 122 gradi Fahreneheit (50 gradi Celsius) e il problema è sempre lo stesso: i più ricchi possono affrontare un ricollocamento abitativo, i meno abbienti invece ne pagano le conseguenze.
Secondo lo studio, la gentrificazione climatica può manifestarsi attraverso tre percorsi principali. Il primo, e il più comune, è semplicemente il luogo in cui gli investitori iniziano a spostare il capitale in quartieri che si trovano in zone meno esposte e quindi meno vulnerabili al rischio climatico. Il secondo viene definito cost-burden pathway ed è una sorta di gentrificazione al contrario, dove solo le fasce sociali più alte possono permettersi di vivere nelle zone più a rischio, a causa dell’aumento del costo della vita associato alle spese di mitigazione del cambiamento climatico (costi di assicurazione, tasse sulla proprietà, manutenzione).
proteste contro il cambiamento climatico
In questo caso, lo studio cita come esempio la città di Venezia, dove la tendenza delle fasce sociali medio-basse è quella di spostarsi verso Mestre, sulla terraferma, per evitare i costi legati alla mitigazione dalle inondazioni e dell’acqua alta. Il terzo percorso di gentrificazione si verifica quando un quartiere viene riprogettato per essere più resiliente; in questo caso si parla di resilience investment pathway, per definire le conseguenze "indesiderate" di investimenti pubblici nella maggiore resilienza di edifici e infrastrutture, ed è quello che sta succedendo a Copenaghen.
Qui l'aumento delle tasse e degli affitti per finanziare piani di mitigazione dalle alluvioni nel distretto climatico di Copenaghen St Kjeld, sta causando lo spostamento dei residenti a basso e medio reddito in altri parti della città.
Secondo Kennan, preoccupante sarà anche l’evoluzione del fenomeno. Tra non molto, in uno scenario che gli esperti definiscono business as usual, e cioè dando per scontato che la politica non affronterà l'emergenza climatica, chi potrà permetterselo inizierà a trasferirsi in aree dove troverà condizioni meteo climatiche meno critiche, mentre il resto della popolazione si troverà sempre di più senza difese.
MIAMI GENTRIFICAZIONE CLIMATICA