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    OLIO O PETROLIO? PARLA ALESSANDRO BAZZONI, RISTORATORE VENETO FINITO NELLA BLACKLIST DI TRUMP DOPO ESSERE STATO SCAMBIATO PER UN TRAFFICANTE DI PETROLIO - IL PRIMO FEBBRAIO SCORSO SI È VISTO BLOCCARE TUTTI I CONTI IN BANCA – “MIO FIGLIO DI 12 ANNI HA VISTO IL MIO NOME ASSOCIATO A 32 MILIONI DI DOLLARI E MI HA DETTO: MA LI ABBIAMO DAVVERO TUTTI QUEI SOLDI? ALLORA PERCHÉ MI DICI SEMPRE NO QUANDO TI CHIEDO DI COMPRARMI QUALCOSA?”


     
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    Enrico Ferro per repubblica.it

    ALESSANDRO BAZZONI 3 ALESSANDRO BAZZONI 3

     

    Altro che sconfinamento del fido, conto in rosso o  assegno in protesto: quando la filiale veronese della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, il 1 febbraio scorso, chiama Alessandro Bazzoni si capisce subito che il problema è più serio.

     

    “C’è più di qualche problemino”, esordisce al telefono un imbarazzato direttore di filiale, allora Alessandro, 45 anni, titolare del ristorante Dolce Gusto di Verona, padre di due figli, lascia il pentolone dove sta mantecando il risotto con zucca e tastasal e corre in banca, in quella filiale ha tre conti correnti. «Arrivo e mi dicono che sono tutti bloccati per un problema con il governo americano.

    alessandro bazzoni ristorante 4 alessandro bazzoni ristorante 4

     

    Gli chiedo se mi stiano prendendo in giro ma non ride nessuno. E infatti non c’era proprio niente da ridere», racconta il ristoratore. E' stato con il fiato sospeso due mesi, fino a giovedì 1 aprile, giorno in cui è finita l'istruttoria. Una storia surreale: il ristoratore veneto era stato scambiato per un trafficante di petrolio.

     

    trump trump

    Perché? Perchè a Lugano c’è un secondo Alessandro Bazzoni che però ha una società da 32 milioni di dollari  e che ha aiutato il Venezuela ad eludere le sanzioni americane contro l'industria petrolifera nazionale. Ora che il gigantesco equivoco è stato chiarito ci scherza su perfino la rete Cnbc con i titoli dei notiziari: «Cooking oil or crude?»  Ovvero "Olio da cucina o petrolio?". Ma Alessandro Bazzoni, quello del risotto al tastasal, ancora non riesce a ridere.

     

    Davvero le hanno bloccato i conti correnti per due mesi?

    «Purtroppo sì. Qualsiasi cifra entrasse nel mio conto era sottoposta a verifica. I bonifici in partenza venivano automaticamente bloccati. Mi sono visto fermare persino il passaggio di mille euro a una carta prepagata. Un incubo».

     

    Così, di punto in bianco?

    «Mi hanno chiamato urgentemente in banca e me l’hanno comunicato. E io con tutta l’attività di ristorazione da gestire, sono rimasto senza un soldo. Siamo un zona rossa però l’asporto funziona comunque. Bisogna far fronte alle spese correnti e, insomma, ho pur sempre una famiglia da mantenere».

     

    Dunque cos’ha fatto?

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    «Sono corso dai carabinieri, in questura, alla guardia di finanza, persino in Procura. Nessuno sapeva nulla. Allora ho cominciato a informarmi da solo, navigando in Internet».

     

    E cos’ha scoperto?

    «Il vero colpevole. Un uomo che attraverso una società partner della compagnia statale Petróleos de Venezuela (Pdvsa) ha messo in piedi una commercializzazione parallela di petrolio venezuelano, con triangolazioni a Singapore e negli Emirati Arabi. Roba da fantascienza».

     

    Ha capito perché hanno bloccato proprio lei?

    «Hanno preso tutti gli Alessandro Bazzoni d’Italia, una ventina circa, ma alla fine siamo rimasti in due, gli unici con partita Iva: io e un Alessandro di 35 anni che abita a Porto Torres e lavora come grafico pubblicitario. Un delirio».

     

    I suoi familiari cosa le hanno detto?

    «Mio figlio di 12 anni ha visto in Internet il mio nome associato a  32 milioni di dollari e mi ha detto: ma li abbiamo davvero tutti quei soldi? Allora perché mi dici sempre no quando ti chiedo di comprarmi qualcosa? È stata l’unica volta che ho sorriso in questi due mesi».

     

    Qualcuno l’ha aiutata a risolvere la situazione?

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    «Dallo Stato italiano nessun aiuto. Poi voglio stendere un velo pietoso sugli avvocati che mi hanno contattato via mail, proponendomi di risolvere la pratica con una parcella da 20 mila euro. Ho fatto tutto da solo».

     

    Cos’ha fatto precisamente?

    «Mi sono messo in contatto con il Dipartimento del Tesoro statunitense, ho mandato loro tutti i miei documenti: carta d’identità, passaporto, partita Iva e visura camerale della mia società. Ho cercato di dimostrare che nulla avevo a che fare con l’uomo di Lugano».

     

    Come si è conclusa la vicenda?

    «Senza chiedermi nemmeno scusa, dopo due mesi di attesa, hanno tolto il blocco e mi hanno restituito il possesso dei conti correnti. Gli ho scritto nuovamente per chiedere che almeno mi facciano avere una carta verde. Penso di meritarmela dopo tutta questa storia».

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