Federico Capurso per la Stampa
GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI
È una barca sempre più difficile da condurre, quella di Mario Draghi e del suo governo, dove ormai, se si cerca di riparare una falla, per reazione se ne apre di colpo una nuova, non meno pericolosa. All'alba del faccia a faccia che il premier auspica essere pacificatore con Giuseppe Conte, dopo le forti tensioni dell'ultima settimana, palazzo Chigi cerca di tendere la mano ai Cinque stelle sul decreto Aiuti.
Concede tempo e aperture, soprattutto sul Superbonus, nel tentativo di svelenire il clima prima dell'incontro con il leader M5S, perché è lì che poggiano le preoccupazioni più forti del presidente del Consiglio per la tenuta del governo. Ma se da un lato si offrono ramoscelli d'ulivo, dall'altro si vedono insorgere altri pezzi della maggioranza, dalla Lega a Italia viva, da Forza Italia ai dimaiani di Insieme per il futuro, tutti infuriati per le particolari attenzioni che improvvisamente vengono riservate ai grillini.
«Se il governo apre a delle modifiche solo per dargli un contentino - minacciano dal centrodestra -, in futuro neanche noi voteremo più la fiducia senza prima veder approvate le nostre richieste».
INCONTRO DRAGHI CONTE - VIGNETTA BY ROLLI
La prima preoccupazione del premier è però rasserenare gli animi dei Cinque stelle, scacciando lo spettro di una crisi. E lo fa concedendo un giorno in più per trovare un accordo di maggioranza sul Superbonus, misura che lo stesso Draghi, pochi mesi fa, aveva definito «una delle più grandi truffe della storia del nostro Paese». Ma ogni soluzione proposta dai grillini si rivela inapplicabile. Gli sherpa di Conte passano la giornata al telefono, con l'Associazione delle banche italiane, l'Agenzia delle entrate, gli uffici del ministero dell'Economia, senza trovare nessuno disposto a mettere il timbro sulle loro proposte. Non ci sono le coperture finanziarie, mancano 3 miliardi di euro.
«Abbiamo fatto tutto il possibile», ripetono gli uomini di Draghi agli emissari dei Cinque stelle, promettendo che ci sarà la possibilità di intervenire sul Superbonus in un'altra occasione, prima della fine dell'estate. «Stiamo facendo tutto il possibile», dice anche il ministro M5S per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, chiedendo «pazienza» ai compagni di partito che si aggirano nervosi per i corridoi di Montecitorio. Ma il possibile non è abbastanza. «Se mettono la fiducia, dobbiamo uscire dal governo», minacciano i deputati M5S.
draghi conte
Quanto a Conte, non ha ancora deciso la linea da prendere. È chiuso da ore nella sede del partito, in via di Campo Marzio, «nervoso, fa una riunione dopo l'altra, ma non ha le idee chiare», racconta uno dei vicepresidenti. Tra l'altro, oggi potrebbe arrivare la sentenza del tribunale di Napoli che deve pronunciarsi sul ricorso di alcuni iscritti contro la nomina del presidente M5S.
Un'altra spada di Damocle, in caso non ce ne fossero abbastanza.
L'ex premier non vorrebbe staccare la spina adesso, ma sono molti i falchi a dirgli che così non si va avanti. L'umore, nel quartier generale grillino, è pessimo. L'incontro con Draghi doveva essere risolutore e invece rischia di essere «una farsa», è il commento che emerge a fine giornata, dopo aver preso atto di non essere riusciti a concretizzare nessuna delle aperture concesse dal governo.
Tra i parlamentari più fedeli a Conte, adesso, si inizia a sentire la necessità di una svolta da parte del leader. Troppo ondivaga la linea tenuta finora.
grillo draghi conte
Troppe volte sono state spese parole incendiarie, poi rivelatesi un fuoco di paglia. Viene portato ad esempio il caso dell'inceneritore di Roma previsto proprio nel decreto Aiuti: un mese fa Conte, dopo una riunione con i consiglieri M5S del Lazio, aveva minacciato di far cadere il governo se si fosse posta la questione di fiducia, mentre ora, dopo aver parlato con Beppe Grillo, sembra essersi rimangiato tutto. È il segno di una leadership indebolita dalle troppe voci che le gravitano intorno.
E di fronte a questa debolezza, torna Grillo a fare da «padre padrone». Il fondatore è sempre più attivo sul suo blog e torna a difendere il Reddito di cittadinanza con un post in cui elogia la madrina della misura, l'ex ministra Nunzia Catalfo. «Così, se Draghi salverà il reddito, sarà merito suo e non di Conte», stilla veleno un senatore fedelissimo del leader. Ma anche nel cerchio magico contiano ormai si ammette che da parte dell'ex premier serve un cambio di passo. Altrimenti, altri se ne andranno. Come Virginia Raggi, data in possibile uscita dal M5S.
Ieri Alessandro Di Battista scriveva su Instagram: «Mi auguro che Virginia non faccia la cazzata di aderire a "Insieme per la colla vinilica"». La voce che possa passare con Di Maio si diffonde, ma fonti vicine al ministro degli Esteri negano: «È no vax e filo Putin». E forse sta anche qui il problema di Draghi. Riuscire a gestire un partito che nemmeno il suo leader riesce a tenere insieme.
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