Carlo Bertini per “La Stampa”
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Lo scontro è duro, i toni sono aspri e non è il primo attacco del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al ministro del Lavoro Andrea Orlando, reo questa volta di aver operato «un ricatto» proponendo aiuti alle imprese in cambio di un aumento dei salari. «Siamo disposti a fare sacrifici ma ad una condizione: il Governo apra realmente la stagione del riformismo competitivo», dice Bonomi.
Ma ridotta all'osso, per il Pd la questione va affrontata sul lato fiscale e sui rinnovi contrattuali (introducendo anche un salario minimo che rispetti la direttiva europea), ma le imprese frenano, «perché è impensabile con l'aumento del costo delle materie prime e dell'energia che noi si possa aumentare i salari», dice la Confindustria.
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Orlando risponde piccato che «non c'è nessun ricatto», che «non è eversivo» parlarne, «sorpreso da questa reazione perché dà l'idea di una inconsapevolezza di quello che si può produrre nel Paese nei prossimi tempi». Ed è proprio il caos sociale che evoca Enrico Letta, definendo «inaccettabile» il linguaggio di Bonomi: «Scoppierà molto prima dell'autunno - dice da Vespa - se non si interviene rapidamente per fermare la recessione. Serve una manovra choc, di almeno quindici miliardi, con una contribuzione che abbassi il cuneo fiscale sui salari e dia più soldi in tasca ai lavoratori. Vogliamo che ci sia un assegno energia per le imprese e per le famiglie».
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Da settimane il leader del Pd aveva riunito i suoi esperti per mettere a punto un pacchetto di proposte mirate a lenire gli effetti della guerra sui lavoratori e le famiglie. E ieri il Pd ha lanciato l'affondo per chiedere una manovra straordinaria.
Un assegno una tantum Il caso Confindustria esplode a pranzo proprio mentre Letta e compagni sono riuniti in una Agorà sulle «retribuzioni giuste», in cui chiedono al governo «di fare di più sui salari che sono la vera emergenza». Lanciando una serie di proposte a Draghi, come un contributo un tantum contro il "caro inflazione" e "caro benzina", un assegno a tutti i lavoratori di 300 euro, da coprire con una buona parte di quei 15 miliardi di intervento choc; e poi dimezzare fino all'estate il prezzo del biglietto di bus e treni locali.
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Un summit convocato in pompa magna, con Maurizio Landini e i leader sindacali, con Roberto Speranza, Andrea Orlando, per riappropriarsi dei temi economici e sociali e non farsi scavalcare, a sinistra dai grillini e a destra dalla Meloni. «Non vogliamo delegare a nessuno la questione sociale, tantomeno regalarla alla destra», dice infatti il vicesegretario Peppe Provenzano, che ha messo in piedi questa iniziativa. In un certo senso, al Pd fa gioco la tensione con la Confindustria (imprevista, visto che una settimana fa Letta aveva parlato con Bonomi e il suo stato maggiore) per rilanciare oggi la sua immagine di partito dei lavoratori.
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Salario minimo e sgravi
E la raffica di proposte sul tappeto, illustrate da Provenzano, dà l'idea di quanto i dem investano su questa campagna: utilizzare la leva fiscale con il taglio dei contributi per i redditi più bassi, detassare gli aumenti retributivi che derivano dai rinnovi contrattuali per oltre sei milioni di lavoratori; garantire giuste retribuzioni con una legge per debellare «i contratti pirata» e riconoscere il valore legale dei contratti firmati dai maggiori sindacati. E poi introdurre un salario minimo sul modello tedesco e dare vantaggi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato
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