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    P2 AMARCORD - QUANDO PADELLARO DISSE AL DIRETTORE DEL “CORRIERE” ANTONIO DI BELLA CHE ERA NELLA LISTA DI GELLI – GIAN ANTONIO STELLA: “FU UN MOMENTO DURISSIMO. CHE VIDE IL NOSTRO QUOTIDIANO SULL’ORLO D’ESSERE TRAVOLTO” – “DOPO 40ANNI SONO RIMASTE LE CRONACHE DI VICENDE CHE OGGI SEMBRANO LONTANISSIME, MA CHE HANNO AVUTO UN PESO ENORME: L’AFFARE SINDONA, L'INTERVISTA DI COSTANZO A GELLI, L’OMICIDIO AMBROSOLI, LA MORTE DI ROBERTO CALVI…”


     
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    antonio padellaro (3) antonio padellaro (3)

    Gian Antonio Stella per www.corriere.it

     

    «“Scrivete tutto”. Così disse, quel giorno, in riunione da Milano in collegamento con Roma, Franco Di Bella. Rivedo tutto come fosse ieri. Arrivo di corsa, trafelato, ho l’elenco di tutti i nomi degli iscritti P2.

     

    Roberto Martinelli, che guida l’ufficio romano, si intromette nel collegamento: “Franco, Franco, abbiamo l’elenco”. Il direttore: “Dicci, dicci”.

    franco di bella franco di bella

     

    E io, imbarazzato: “Ci sei anche tu”. A quel punto scese di colpo un silenzio irreale. Teso. Interminabile. Finché lui disse: “Scrivete tutto”».

     

    Quarant’anni dopo Antonio Padellaro ricorda quella frase come un passaggio doloroso della vita sua, di quella di tutti i colleghi, di tutti i collaboratori.

     

    Fu un momento durissimo. Che vide il nostro quotidiano sull’orlo d’essere travolto da polemiche anche pretestuose («Non è più tollerabile», scriverà il giorno dell’insediamento il nuovo direttore Alberto Cavallari, «la campagna di diffamazione che coinvolge tutto il giornale»), tradito da una proprietà che per superare i problemi finanziari aveva calpestato ogni decoro, scosso dal vedere più colleghi coinvolti nello scandalo, lasciato tra il dolore collettivo da figure come Enzo Biagi che per primo si era ribellato alla deriva e solo anni dopo sarebbe tornato...

    GIAN ANTONIO STELLA GIAN ANTONIO STELLA

     

    Ma un passaggio che segnò per il nostro quotidiano anche il preciso istante in cui furono più forti lo spirito di gruppo, l’appello a restare uniti, la consapevolezza dell’obbligo di dare ai lettori tutte le informazioni possibili. Non fu facile.

     

    E non mancarono le contraddizioni. Come la pubblicazione di quel famoso elenco di iscritti interrotto da continue parentesi: Tizio (ha smentito...), Caio (ha smentito...), Sempronio (ha smentito...). Il «Corriere» ne uscì ammaccato. Ma ne uscì. Al punto di potere oggi ricordare quella vicenda fangosa, non solo per noi, passo per passo. Con onore. Sapendo che i lettori han saputo distinguere.

    licio gelli licio gelli

     

    Tutto cominciò il 17 marzo 1981, come ha ricordato il giudice Gherardo Colombo l’altra sera a Bersaglio mobile in una intervista a Silvia Frasca, nell’ambito dell’inchiesta sul rapimento (finto) di Michele Sindona, con la perquisizione nella villa e in tre uffici di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi: «Giuliano Turone ed io ci trovammo verso le 10.30 al bar del tribunale a prendere un caffè. Eravamo nervosetti.

     

    Torniamo in ufficio e iniziamo a ricevere telefonate da chi faceva le perquisizioni». In una valigia vengono trovate 33 buste sigillate con nastro adesivo con intestazioni tipo «Rizzoli-Calvi, deposito azioni», «Accordo riservato Calvi-Pesenti», «Contratto Eni-Petromin»... Praticamente, racconta l’allora giudice istruttore, «dentro a ogni busta c’era una notizia di reato…». Cose che avrebbero aperto vari filoni d’inchiesta.

     

    FRANCO DI BELLA, BARBIELLINI AMIDEI E BERLUSCONI FRANCO DI BELLA, BARBIELLINI AMIDEI E BERLUSCONI

    Quella che esploderà come una santabarbara, però, è la lista scoperta nella cassaforte dell’ufficio in uso a Gelli alla Giole (Giovane Lebole), un’azienda di abbigliamento. Contiene, come riassumerà Paolo Biondani, «962 nomi di affiliati alla loggia massonica “Propaganda 2”.

     

    Ci sono quattro ministri, 44 parlamentari, tutti i capi dei servizi segreti, l’intero vertice della Guardia di finanza, decine di generali e colonnelli dei carabinieri, esercito, marina, aviazione». Più diversi magistrati. E giornalisti. Di varie testate.

     

    GHERARDO COLOMBO GHERARDO COLOMBO

    Mentre ancora sono in corso le perquisizioni, arrivano già le prime telefonate allarmate. Come quella del generale della Finanza Orazio Giannini che chiama (dice tutto una deposizione in commissione P2) il colonnello Vincenzo Bianchi: «So che stai lì e hai trovato degli elenchi. Ti comunico che ci sono anch’io negli elenchi… Statti accorto, ci sono i massimi vertici».

     

    Corriere della sera - articolo sulla P2 Corriere della sera - articolo sulla P2

    La penetrazione della loggia segreta dentro lo Stato è così profonda e capillare che Colombo e Turone, avuti i documenti, decidono di metterli al riparo da eventuali «manine» che potrebbero farli sparire.

     

    VINCENZO BIANCHI VINCENZO BIANCHI

     

    «Passammo una notte a fotocopiare quelli più rilevanti. E li nascondemmo nell’archivio di una grande stanza piena di fascicoli, in uno d’un altro giudice sulle Formazioni comuniste combattenti».

     

    Quando si presentano a Roma a Palazzo Chigi perché, con il presidente Sandro Pertini in Sudamerica, vorrebbero avvertire almeno il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani, si vedono aprire la porta dal suo segretario, il prefetto Mario Semprini, tessera 544.

     

    È la conferma, se mai servisse, di come l’inchiesta sia destinata a incontrare intoppi, sgambetti, ostilità... Spiegherà Sergio Mattarella in una intervista alla Rai prima di salire al Colle: «Si trattava di una struttura di potere alternativa al governo e contro il governo, che aveva il timore dei contatti fra governo e opposizioni, rapporti che potevano rafforzare le istituzioni, perché istituzioni più forti e condivise fra le forze politiche attenuano e riducono gli spazi di potere indebito».

     

    Licio Gelli e Giulio Andreotti Licio Gelli e Giulio Andreotti

    E via via che montano lo scandalo e l’attesa per la famosa lista, che porteranno Forlani a dare le dimissioni (troppi silenzi, rinvii, ambiguità...), emerge più chiara la figura del «materassaio» (così lo definiva chi temeva ogni coinvolgimento, a partire da Giulio Andreotti) che pareva avere in pugno l’Italia intera.

     

    Ed ecco saltar fuori la tessera del fascio, la schedatura da parte della questura di Pistoia come «pericolosissimo fascista», informatore delle SS ma anche informatore all’ultima ora dei partigiani...

     

    LICIO GELLI TESSERA PDUE LICIO GELLI TESSERA PDUE

    Su tutto, però, torna a galla un’intervista data dal figuro a Maurizio Costanzo («Sono stato un cretino», dirà contrito a Giampaolo Pansa) e pubblicata pochi mesi prima dal «Corriere».

     

    Intervista dove, sparato a zero sui partiti, invocata la pena di morte come nell’Urss («Mi risulta che lì siano rarissimi furti, rapine, spaccio...»), giurato che la «sua» massoneria era «l’unica che ammette soltanto i credenti», spiegava che fin da piccolo voleva fare «il burattinaio». Un ruolo al quale fu inchiodato sul serio dalla commissione d’inchiesta parlamentare presieduta da Tina Anselmi (che bollò la P2 come «un’organizzazione criminale») e dalla magistratura.

    roberto calvi cadavere roberto calvi cadavere

     

    Che riconobbe al vanitoso faccendiere e ai suoi adepti, con una serie di condanne e processi, un ruolo di primo piano in alcune delle vicende più oscure della nostra storia. Compresi vari depistaggi tra i quali quelli sulla strage di Bologna compiuta il 2 agosto 1980.

     

    INTERVISTA DI MAURIZIO COSTANZO A LICIO GELLI INTERVISTA DI MAURIZIO COSTANZO A LICIO GELLI

    Quarant’anni sono passati, dalla scoperta di quella lista che vide alcuni iscritti pagarla carissima, altri cavarsela con un po’ di purgatorio, altri ancora buttarla in caciara come Silvio Berlusconi che, liquidata la sua vicenda come un incidente di percorso («Quando ricevetti la tessera c’era scritto che ero apprendista muratore e io, che allora ero un grande costruttore di case, non potei fare a meno di farmi una grande risata»), è riuscito a ottenere per due decenni e mezzo il voto di milioni di italiani.

     

    Cos’è rimasto, di quella bruttissima storia? Le cronache di vicende che oggi sembrano lontanissime, ma che hanno avuto un peso enorme: l’affare Sindona, il caffè avvelenato, l’omicidio dell’«eroe borghese» Giorgio Ambrosoli, la rapida scalata e il precipitoso tonfo di Roberto Calvi al ponte dei Frati Neri, i misteri intorno al ruolo di Umberto Ortolani, i dubbi sull’esistenza di una lista riservata di piduisti... Lista di altri iscritti che, al contrario dei 165 lingotti d’oro trovati nel giardino del faccendiere, non sono mai stati individuati...

     

    Tina Anselmi e l’indagine parlamentare

    TINA ANSELMI TINA ANSELMI

    Dopo la scoperta, il 17 marzo 1981, dell’elenco degli iscritti alla loggia P2, venne deciso di costituire una commissione parlamentare d’indagine sulle attività di Licio Gelli e del sodalizio di cui era il capo. La proposta fu approvata nel dicembre 1981 e la commissione divenne operativa in dicembre: alla sua presidenza venne eletta l’esponente democristiana Tina Anselmi, che in precedenza era stata responsabile del ministero del Lavoro. Da lei prende il nome la cosiddetta «legge Anselmi», che nel 1982 dispose lo scioglimento della P2. La commissione concluse i suoi lavori con una relazione, presentata dalla presidente Anselmi e approvata dai partiti di governo, che sottolineava i guasti prodotti dall’azione di Gelli per distorcere la vita economica e politica del Paese.

    umberto ortolani umberto ortolani

     

    Bibliografia

    Le attività di Licio Gelli e i suoi collegamenti con la politica ad alto livello sono ricostruiti nel libro appena uscito Colpevoli. Gelli, Andreotti e la P2 visti da vicino, scritto dalla giornalista ed ex parlamentare Sandra Bonsanti, che a suo tempo si occupò della questione, con Stefania Limiti (Chiarelettere, pagine 256, euro 16). Una interessante documentazione su tutta la vicenda è raccolta in un altro volume pubblicato da Chiarelettere, La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi (nuova edizione, 2018), con gli appunti privati dell’esponente democristiana che diresse a suo tempo la commissione d’inchiesta parlamentare sulla loggia guidata da Gelli.

     

    LICIO GELLI A VILLA WANDA LICIO GELLI A VILLA WANDA

    Il politologo Giorgio Galli, recentemente scomparso, aveva esposto la sua interpretazione del caso P2 nel libro La venerabile trama (Lindau, 2007). Rilevante anche la ricostruzione di uno dei magistrati che scoprirono l’elenco della P2, Gherardo Colombo, nel libro più volte ristampato Il vizio della memoria (Feltrinelli, 1996).

     

    Lo storico della massoneria Aldo Alessandro Mola si è occupato della questione nel volume Gelli e la P2 (Bastogi, 2008). Sul possibile coinvolgimento della P2 nella strage di Bologna: Roberto Scardova, L’oro di Gelli (Castelvecchi, 2020).

    licio gelli licio gelli

    UN GIOVANE LICIO GELLI UN GIOVANE LICIO GELLI LA STANZE CON LARCHIVIO DI LICIO GELLI LA STANZE CON LARCHIVIO DI LICIO GELLI licio gelli licio gelli licio gelli a villa wanda licio gelli a villa wanda villa wanda 5 villa wanda 5 VILLA WANDA DI LICIO GELLI VILLA WANDA DI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI LICIO GELLI E ANDREOTTI LICIO GELLI E ANDREOTTI giulio andreotti con licio gelli giulio andreotti con licio gelli LICIO GELLI LICIO GELLI villa wanda villa wanda

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