Disgrazie editoriali
Estratto da “Solo la verità lo giuro”, di Antonio Padellaro (ed. Mondadori)
ANTONIO PADELLARO - SOLO LA VERITA LO GIURO
Poi un giorno penso di scrivere un libro, un libretto, che tratti di Schadenfreude, la gioia provocata dalle disgrazie altrui e dalla frustrazione indotta dai successi degli amici. Come modello penso a me stesso nel soccombente corpo a corpo con la classifica dei libri, a ogni uscita di una mia fatica letteraria.
“Il gesto di Almirante e Berlinguer” era andato piuttosto bene e un anno dopo, il giorno successivo l’uscita di “La strage e il miracolo” (sul fallito attentato all’Olimpico di Cosa Nostra) prendo a tempestare il mio editore. «Come sta andando?» «Calma è uscito ieri, i primi dati li avremo tra una settimana. Ma non ho notizie di assalti alle librerie.» Dopo tre giorni richiamo. «Allora?» «Bene, sei già piazzato nella saggistica subito dopo Cosa fare mentre fai la cacca.»
Quando smanetto su Amazon non sono nemmeno tra i primi cinquecento. «Come mai?» «Ora non ho tempo di rispondere perché stiamo lanciando l’ultimo best seller di Travaglio.» Per strada vengo intercettato da una simpatica signora agé che mi presenta al marito (o facsimile). «Lo sai chi è questo? Il dottor Belpietro.» E lui. «Ma certo, sono un suo ammiratore, la seguo sempre in tv, forza non date tregua a questi quattro stronzi di comunisti.»
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C’è stato un tempo, come racconta Mordecai Richler, in cui lo scrittore o presunto tale non faceva in tempo a depositare il manoscritto sulla scrivania dell’editore e già costui gli aveva consegnato brevi manu la raccomandata con il saldo del libro precedente. Quel tempo è ora. «Mi devi ancora metà dell’anticipo dell’altra volta.» «Te lo tolgo dall’anticipo di oggi e così siamo pari.»
Le classifiche librarie non erano ancora il dogma dell’Immacolata. Bastava che una settimana dopo l’uscita non ti avesse ancora chiamato nessuno per complimentarsi e sapevi di essere fottuto.
ANTONIO PADELLARO MARCO TRAVAGLIO FURIO COLOMBO
Oggi se vai su Google ti risparmi l’attesa. Poi comincia il tour delle promozioni. Sento l’editore su di giri. «Vai al Salone del libro di Torino. Ho dovuto umiliarmi con La Gioia. In cambio ha voluto Travaglio sabato e domenica nella Sala Rossa, quella con mille posti.»
Mi sistemano in un retropalco, «molto riservato», da una cinquantina di seggiole. Dopo che l’altoparlante ha strillato che possono trovarmi nella Sala Grigia si avvicina un tizio con in mano una copia di un libro che non è il mio. «Me lo può firmare?» «Ma io non sono Scanzi.» «Fa lo stesso.»
antonio padellaro foto di bacco
Facciamo un briefing seduti al bar. Dice la giovane editor che indossa scarponcini blindati: «Il tuo problema è che non hai nemici, vai d’accordo con tutti, chi ti compra se non insulti nessuno? Guarda qui, quando vai in tv i momenti di maggiore ascolto coincidono con X», e il social media manager (un altro che viene pagato per umiliarmi) mostra un tizio dal cranio lucido e barba da hipster.
Osservo che X ha l’aria di uno che si prepara alla Notte dei cristalli. «Okay, allora, alza la voce, aggrediscilo, abbandona lo studio.» Ma qui siamo al Salone del Libro, obietto. La editor mi ignora e mentre se ne va dice al Smm con aria rassegnata: «La prossima volta proviamo a pagare una claque che lo mandi direttamente ’affanculo, come recensione può funzionare».
A una presentazione in una ridente località della Calabria vengo aggredito da un tizio che mi accusa di qualsiasi cosa. Poiché rappresenta circa la metà del pubblico presente cerco di mostrarmi propenso al dialogo mentre lui mi mostra l’indice. Al temine, mi viene incontro con un sorriso smagliante e propone: «Ci facciamo un selfie?»
scanzi twitta la redazione del fatto con travaglio padellaro gomez
Una volta ebbi un folto pubblico. Infatti, l’editore aveva pregato Massimo Fini di presentarmi. Fu gentile, parlò tutto il tempo del suo ultimo saggio su Nietzsche senza mai menzionarmi. Ebbe molti applausi. La volta precedente avevo chiesto la cortesia a un’altra prestigiosa firma, sempre molto disponibile. Eravamo nell’aula magna della Luiss, gremita di matricole, tutte con il pollice verde dello scrittore.
La sera prima, se ricordo bene, il mio mentore aveva visto al cinema Magnolia e ne fece una recensione entusiastica. Alla fine afferrò il mio saggio, lo agitò per aria come per infondergli un soffio di vita, lesse il titolo che evidentemente non ricordava e con un mirabile salto carpiato riuscì a mettere in relazione non so come Tom Cruise con Totò Riina (era un libro sulla mafia).
massimo fini
Un’altra volta, aspettavo in ambasce in una libreria Feltrinelli che arrivasse il mio illustre presentatore, firma storica del Corriere della Sera. Che, con il pubblico già piuttosto storto piomba finalmente in sala, trafelato ma caricato a mille. Si sofferma su una specifica pagina del mio libro che impreziosisce di elogi e di dotte citazioni a corredo.
Con una tale trasporto che penso di essermi sottovalutato. Più tardi, a cena, giunti al terzo bicchiere di bollicine gli chiedo di rivelarmi qual è il suo segreto, visto che per la fama di cui gode viene chiamato a presentare una montagna di libri. Li leggi tutti? «Fossi matto», e spiega: «Si prende una pagina, a caso, meglio se verso la fine del volume, si legge, sempre a caso, un capoverso piuttosto denso, mi raccomando ad alta voce come se fosse un passo del Vangelo, e dopo una pausa si dice che per comprendere il significato più autentico e recondito dell’opera bisogna partire da qui, dopodiché s’improvvisa». Esattamente come aveva fatto con me.
intervento di antonio padellaro
Ho vissuto anche giorni esaltanti. Come zompettare da una libreria all’altra di Roma per il firmacopie. La spiegazione è semplice, i librai possono restituire all’editore anche tutte le copie in giacenza, tranne quelle firmate. I librai, che non sono scemi, permettono il firmacopie solo in presenza di acquirenti con il libro in mano.
Altri fanno finta di niente per non inimicarsi l’editore. «Firmi pure che se restano invenduti li doniamo a Sant’Egidio per i missionari del Mali.» Vengo invitato a un giro in Liguria. A Imperia una piccola folla è in attesa. Va tutto bene e al termine si forma una piccola catena di affezionati lettori. Solo che mancano le copie. Protesto ma l’organizzatore s’innervosisce: «Non dovevi portarle tu? Non possiamo pensare a tutto noi».
ANTONIO PADELLARO MARCO TRAVAGLIO FURIO COLOMBO
Mi sottopongono ai talk show del primo mattino. Quelli con un pubblico assonnato che con un occhio guarda il teleschermo e con l’altro vigila sulla moka che non esploda. In studio, un paio di politici di terza fila, più il redattore di un quotidiano online che si firma vice. Chi conduce mostra per un nanosecondo la copertina del mio capolavoro e poi mi chiede se sono favorevole o contrario alla transizione sessuale degli adolescenti. Protesto: «Ma che c’entra?» «È quello di cui la gente parla.»
In un filo diretto radiofonico un collega assai informato mi presenta come un giornalista che ne ha viste di tutti i colori. Sto per addentrarmi sui terribili anni Ottanta, stragi terroristiche e quant’altro ma ecco che: «Abbiamo in linea un ascoltatore».
padellaro
«Sono Beppe da Talenti. Buongiorno dottor Padellaro e complimenti per la trasmissione. Tutto molto interessante. Vorrei sapere come giudica la campagna acquisti della Roma?» Una volta mi passano un tale che sostiene di essere mio cugino. «Mi chiamo proprio come te, Antonio, e telefono da Palermo.» «Ah, bene e che lavoro fai di bello?» «Sono disoccupato.» «Ohi, mi dispiace, e da quanto?» «Da ventitré anni.» «Caspita, e cosa fai per vivere?» «Il lotto clandestino. Posso venire a trovarti?» «Per carità, no.»
antonio padellaro padellaro antonio antonio padellaro antonio padellaro
monica giandotti antonio padellaro foto di bacco antonio padellaro a otto e mezzo 2 quotazione del fatto quotidiano marco lillo antonio padellaro peter gomez cinzia monteverdi marco travaglio LO SCONTRO TRA ANTONIO PADELLARO E ALESSANDRO DE ANGELIS antonio padellaro a otto e mezzo 1 antonio padellaro foto di bacco (3)