Paolo Baroni per la Stampa
RENZI PADOAN ORECCHIE
In ballo oltre alla manovrina c' è soprattutto il prossimo Def, il documento di economia e finanza che il governo deve presentare entro il 10 aprile. Un testo impegnativo, il cui orizzonte va ben oltre il 2017. Si tratta infatti del principale strumento della programmazione economico-finanziaria che tra l' altro aggiorna il Programma nazionale delle riforme e indica la strategia di finanza pubblica per i tre anni successivi.
PADOAN
Ieri il ministro dell' Economia ha confermato l' intenzione di voler proseguire «con determinazione nei prossimi mesi l' azione di riforma, di risanamento dei conti pubblici e di sostegno alla crescita avviata dal governo italiano nel 2014». E per questo ha negato di aver mai pensato alle dimissioni smentendo una sua insofferenza rispetto alla situazione che si è creata nelle ultime settimane su una molteplicità di dossier su cui sta lavorando da tempo il Mef.
Già il compito di Padoan e del suo staff non è semplice, se a questo si aggiunge il bombardamento continuo da parte di altri membri del governo, di spezzoni del Pd se non addirittura di Renzi in persona, si capisce bene perché il ministro possa sentirsi ostaggio della situazione. Un po' come due settimane fa, quando è stato invitato a prendere parte alla direzione Pd per sentirsi dire da Orfini e Delrio che occorreva ripensare alle privatizzazioni, a cominciare dalle Ferrovie, e dall' ex premier che «non possiamo spremere ulteriormente i cittadini» e che «i 3,4 miliardi che ci chiede l' Europa non si recuperano aumentando le accise ma facendo salire la curva della crescita».
Renzi Padoan
Un uno-due pesante che guasta molti dei piani messi a punto in queste settimane. Perché se si bloccano le privatizzazioni, tra l' alta velocità Fs che doveva andare in Borsa ed il collocamento di una seconda tranche delle Poste si pensava di incassare all' incirca 3 miliardi di euro, si rinuncia a scalfire di un poco il debito pubblico e soprattutto si manda l' ennesimo pessimo segnale all' indirizzo della Commissione Ue, pronta di qui a due mesi ad aprire la procedura d' infrazione proprio a causa del debito eccessivo.
Mentre se non si possono manovrare le accise è praticamente impossibile far quadrare la manovrina che con Bruxelles ci siamo impegnati a varare entro il 30 aprile per limare un poco il nostro deficit. Non solo Padoan non vuole tutti questi condizionamenti, a partire dai paletti posti da Renzi in giù, ma nel prossimo Def vorrebbe mettere ancora più sostanza: magari la riforma del fisco che tutti aspettano da anni o un intervento serio sulla scuola ed il sistema formativo italiano.
gentiloni padoan1
«Riforme, riforme», continua a ripetere in ogni occasione. E lo stesso a iniziato a fare il premier Gentiloni. E' quello che Bruxelles ci chiede segnalando un certo rallentamento dei programmi da qualche mese a questa parte, ed è quello in cui Padoan crede fermamente. «Gli effetti delle riforme si vedono - ha twitatto ancora lunedì scorso commentando il rapporto di primavera della Commissione Ue -. Crescita è tornata, occupazione aumenta, credito funziona meglio, ma dobbiamo fare di più».
mattarella calenda
L' insofferenza in questa fase non è solo del ministro dell' Economia. Il responsabile dello Sviluppo Carlo Calenda, ad esempio, dopo aver sostenuto in più occasioni che la fine anticipata della legislatura sarebbe oltremodo dannosa per il Paese, venerdì scorso ad un convegno organizzato dal «Foglio» ha detto chiaramente che il Pd si dovrebbe sedere ad un tavolo col governo per definire due cose: orizzonte temporale d' azione e agenda. «Dire le privatizzazioni no, nuove tasse no, e una procedura di infrazione no, sono cose che non possono stare insieme».
il palazzo della commissione europea a bruxelles
Anche se vale appena due decimi di punto di Pil a questo punto i tecnici del Tesoro non sanno davvero come comporre la manovrina di primavera. Tra vincoli posti dal Pd, settori che minacciano di rivoltarsi (dai petrolieri ai commercianti) e difficoltà tecniche (non si sa ancora se Bruxelles autorizzerà o meno l' estensione dello split payement), la composizione annunciata a suo tempo da Padoan infatti non regge più.
Difficile restare ancorati ad un 25% dei tagli ed un 75% di nuove entrare: difficile affondare la lama sulle spese dei ministeri senza far danni alla crescita e troppo fragile costruire la correzione dei conti con un intervento di tipo strutturale imperniandolo soprattutto su entrate incerte come quelle della lotta all' evasione. Un evergreen che per comodità si mette sempre in campo ogni anno ma che questa volta Bruxelles, tra l' altro, potrebbe respingere al mittente.