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    “NON CHIAMATELI MEME: I MIEI SONO COME FOTOROMANZI DI GRAND HOTEL” - FEDERICO PALMAROLI CREATORE DE “LE PIÙ BELLE FRASI DI OSHO”: "TUTTI MI CREDONO UN SUO SEGUACE PENTITO. MANCO CE SO MAI ANNATO, IN INDIA. DRAGHI? ANCORA DEVO INQUADRARLO. CONTE E CASALINO? COME RIC E GIAN. LE IRONIE SUL PAPA? PIÙ IL SOGGETTO È ALTO E PIÙ FUNZIONA IL CRASH CON IL LINGUAGGIO DEL VOLGO. NON HO MAI AVUTO LA TESSERA DEL MSI. MI IDENTIFICO CON LA DESTRA SOCIALE"


     
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    Stefano Lorenzetto per il “Corriere della Sera”

     

    È il Raffaello del meme, ma il paragone lo irrita: «No, guardi, i miei sono fotoromanzi, come quelli di Grand Hôtel .Sintetici: una sola scena».

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    Per fare satira, a Federico Palmaroli basta un'immagine. Sopra ci scrive in negativo, con il font Franklin gothic, dialoghi surreali in romanesco, l'idioma del popolo che da 2.774 anni dà del tu al potere. Il risultato è esilarante, talvolta profetico.

     

    Il presidente Sergio Mattarella a Mario Draghi durante la cerimonia di congedo dalla Bce: «Te posso chiamà se me serve 'n premier ar volo?».

    Giuseppe Conte, in mascherina, riceve Silvia Romano strappata alla prigione jihadista: «Sei riuscita a vedelle le mie dirette?».

    Lo stesso premier, a Brexit consumata, al numero 10 di Downing Street con il portone chiuso: «Me sa che so usciti».

    Vito Crimi al computer, dopo aver rimpiazzato Di Maio alla guida del M5S, si rivolge alla segretaria: «Che per caso te ricordi che programma usava Luigi pe eliminà la povertà?».

     

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    Palmaroli vede ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno coglie appieno: il lato comico della politica. Ha cominciato nel 2015 su Facebook con «Le più belle frasi di Osho», arrivando a 1,1 milioni di follower, fino a quando uno studio legale di Londra non gli ha ingiunto, per conto della Osho international foundation, di rimuovere la foto del mistico indiano morto nel 1990. Ha debordato su Twitter, catturando 430.000 seguaci.

     

    Ora spopola con una fotovignetta quotidiana sulla prima pagina del Tempo e con almeno due per «Porta a porta», reclutato da Bruno Vespa in persona. Sparita la caricatura di Osho Rajneesh che campeggiava sulle copertine dei suoi primi libri, Palmaroli ha calciato lungo con "Vedi de fa poco 'o spiritoso" (Rizzoli), affidandosi al volto corrucciato di un ormai ex, Conte, con la mano destra minacciosamente protesa verso il lettore. Il premier ci prendeva le misure? «Il gesto io l'ho interpretato come un "Vedi de abbassà le penne"». «O ti sistemo».

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    Si sentiva un semidio.

    «Un pochettino. Un uomo solo al comando, incoronato dalla pandemia».

    Che voto gli darebbe in pagella?

    «Sei e mezzo. Ha commesso tanti errori. Ma non so chi avrebbe fatto meglio».

    Lo rivedremo?

    «Se dovesse accadere, mi calerebbe parecchio. Alla caduta del governo gialloverde disse che la sua esperienza in politica sarebbe finita lì. Invece ha fatto il Conte 2 ed era pronto al Conte 3, 4, 5... Anche 15. Una volta che lo tocchi con le tue manine, il potere fatichi a mollarlo».

    Nel caso, tornerà con Rocco Casalino?

    «Penso proprio di sì. Sono una coppia indissolubile, come Ric e Gian».

     

    Su Draghi la vedo un po' in difficoltà.

    «Ancora devo inquadrarne l'espressività. Con le mascherine è più difficile».

    Da dove viene questa vena creativa?

    «Sono cintura nera di luoghi comuni».

     

    Quindi è un luogocomunista?

    «No, per carità! È che fin da ragazzo annotavo le frasi fatte di mia madre».

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    Me ne dica una. «All'arrivo del temporale: "Meno male che me so ricordata de ritirà li panni". Oppure: "Lassa perde', so sempre raggi". Piuttosto di farmi sottoporre a una radiografia, mi lasciava con il braccio rotto».

     

    Quante vignette deve postare per pasturare l'orda famelica su Facebook?

    «Almeno una decina a settimana».

    Non rimpiange l'epoca senza i social?

    «No. Sono un mezzo per esprimermi. Però a volte mi sento uno schiavo».

     Anche palestre di odio che danno la parola a chi non ha nulla da dire.

    «Sicuramente. Può arrivargli la Digos a casa, ma i supporter dei politici continuano a insultarti a tutto spiano».

     

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    Però le hanno fatto vincere il premio Satira Forte dei Marmi con Fiorello, Ficarra & Picone e «Le Canard enchaîné».

    «Sì, ma la mattina in cui andavo a ritirarlo Facebook mi ha tolto il profilo personale su pressione della Osho foundation. E poche settimane fa mi ha oscurato un'altra volta per qualche ora».

     

    Perché prendersela con Rajneesh?

    «Tutti mi credono un ex sannyasin, un seguace pentito. Manco ce so mai annato, in India. L'ho scelto per la mimica facciale, molto adatta al romanesco. Usavo una sua foto con la mano a mezz' aria, come se dicesse: "Pare che j' ho detto cotica", cioè "Mica lo sto insultando"».

    Ma le vere frasi di Osho le conosce?

    FEDERICO PALMAROLI OSHO FEDERICO PALMAROLI OSHO

    «Qualcosa ho letto. Che te posso dì? Le trovo banalotte. Ne ricordo una che suona pressappoco così: "Se ti lascia una donna, perché soffrire? Ritorni nella situazione in cui ti trovavi prima, quando non ce l'avevi". Sì, vabbè, grazie ar c...!».

     

    «Parlare è la grande malattia di questo secolo», spiegava il santone indiano.

    «Che vor dì? Vale anche il contrario. Tacere spesso genera incomprensioni. Comunque un ragazzo italiano mi mandò una foto dall'India in cui si vedeva un cartello con questa mia frase appesa all'ingresso di un resort intitolato a Osho: "Ciò che non ti uccide, te rompe li cojoni". La tradusse in inglese agli adepti. Scoppiarono a ridere. E la tolsero».

     

    Draghi - Federico Palmaroli per Dagospia Draghi - Federico Palmaroli per Dagospia

    Se lavorasse per «Charlie Hedbo», farebbe una fotovignetta su Maometto?

    «Sì, perché sono nemico del politicamente corretto. Però quel tipo di umorismo non mi fa ridere. Mi fermo soltanto davanti alla morte e alla malattia».

     

    Da dove trae l'ispirazione?

    «Vado a naso. Il ministro Speranza richiude le piste da sci? Io apro Google immagini. Digito una stringa ad minchiam: "Speranza sci". Gli algoritmi qualcosa restituiscono. Ma il mio vero pusher è l'agenzia LaPresse, dalla quale posso scaricare le foto che uso per Il Tempo ».

     

    Quanto ci mette a fare la fotovignetta?

    FEDERICO PALMAROLI - OSHO FEDERICO PALMAROLI - OSHO

    «Da 3 minuti a un'ora. Mi capita di volgere lo sguardo all'estero, sempre tenendo la testa a Roma. Donald Trump non se ne voleva andare dalla Casa Bianca. Ho pigliato un'immagine con Melania e l'ho fatto parlare come un inquilino moroso dell'Ater: "M' ha detto un mio amico vigile che se dentro casa ce mettemo 'n anziano nun ce possono caccià via". Gli sfrattati s' immedesimano subito».

     

    Come riesce a capire se farà ridere?

    «Ho i tester. Uno è Claudio De Nicola, procuratore di calciatori e proprietario del Pan Bernardo, locale nei paraggi del Quirinale. Un'altra era una giornalista. Non mi chieda dove lavora, non lo dico».

    Perché tanta riservatezza?

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    «Era la mia fidanzata. Ci siamo lasciati pochi mesi fa. Sa, andando avanti con l'età, in amore mi scopro già guasto».

    Traduca.

    «Aumenta la predisposizione naturale a diventare prigioniero dei miei impicci mentali. La prima morosa durò cinque anni, ma allora ero un ragazzo. Le altre in media non resistono più di quattro».

     

    Quante ne ha avute?

    «Di storie spaccacuore? Quattro».

    Come giustifica questa incostanza?

    «Detesto la perfezione. Mi trovo bene solo con asimmetrici e scapigliati. Non ho mai viaggiato su binari dritti. In amore capitombolo a 100 chilometri orari».

    Su 134 foto del suo nuovo libro, ben 97 ritraggono politici. Perché sono divenuti così onnipresenti nelle nostre vite?

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    «I social hanno accorciato la distanza fra Palazzo e cittadino. Può essere un bene. A patto che i parlamentari si ricordino che rappresentano le istituzioni».

     

    Come prendono la sue battute?

    «Si divertono. Il portavoce Filippo Sensi, un mio fan, volle conoscermi. A Palazzo Chigi mi presentò Paolo Gentiloni. Quel premier sì che era tanta roba, me dava un sacco de soddisfazioni. Matteo Salvini l'ho conosciuto alla processione con la Macchina di santa Rosa a Viterbo e mi ha riempito di lodi».

     

    Chi le chiede le fotovignette originali?

    «Domenico Arcuri. Tipo autoironico».

    Il più divertente?

    «Il ministro Giovanni Tria quando andava a Bruxelles a prendere schiaffoni dal commissario Pierre Moscovici».

    Sbaglio o picchia duro sui grillini?

    «Non è colpa mia se fanno le capriole. Le contraddizioni generano la satira». Da quanto tempo segue la politica? «Avevo i calzoni corti. Mi bevevo persino le "Tribune politiche" con Ugo Zatterin. E adoravo "Mixer" di Giovanni Minoli».

     

    Ha cambiato spesso idea?

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    «No. Stimavo Giorgio Almirante. Anche Gianfranco Fini, prima che diventasse liberista con la Svolta di Fiuggi».

    Ecco perché passa per fascista.

    «Non ho mai avuto la tessera del Msi. Mi identifico con la destra sociale».

    Ora si spiega la sua presa in giro di Virginia Raggi «vicina a chi ha perso un lavoro in nero a causa del lockdown», con la battuta: «Pensa qui i pori zingarelli rimasti senza passeggeri da derubà». «Non le dico quanti improperi ho ricevuto. Che qualche nomade salga sui mezzi pubblici per dedicarsi al borseggio mi pare un'evidenza statistica».

     

    Non ha mai beccato querele?

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    «Per adesso no».

    Il principe Harry a Meghan mentre lasciano per sempre la casa reale: «Me sò 'nculato l'accappatoi». Ammetterà che il suo humour non è molto british.

    «E chi ha mai sostenuto il contrario? Però non frego accappatoi negli hotel: solo ciabattine e quarche sciampetto».

     

    Papa Francesco a piedi a Roma in una via del Corso deserta per il lockdown: «Provo 'n attimo a vedè se tante vorte è aperto Zara». Scherza con i fanti e lascia stare i santi, non gliel'hanno insegnato?

    «No. Più il soggetto è alto per autorevolezza e più funziona il crash con il linguaggio del volgo. Non è blasfemia».

     

    Che cosa c'è nel suo futuro?

    «Ho scritto una sit-com in 10 puntate, prodotta da Simona Ercolani. Il protagonista è un povero cristo, un Osho alla vaccinara. Forse lo vedremo sulla Rai».

     

    Le sembrano tempi da ridere, questi?

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    «Aldo Palazzeschi nel Controdolore scrive che devi entrare nel tunnel del dolore per uscire nella luce della risata».

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