Irene Ghergo per Dagospia
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Villaggio si è sempre preso gioco della morte. Quando andammo insieme alla veglia funebre notturna di Giovanni Paolo II, mentre facevamo una lunga fila per arrivare al feretro mi voleva assolutamente convincere che anche il Papa aveva terrore della morte… Sosteneva di avergliela vista negli occhi poco prima del suo ultimo ricovero.
Dichiarava grande invidia per quelli che definiva i “Funerali di successo”, particolarmente per quello di Fabrizio De André, suo grande amico. Paolo sosteneva da anni di conoscere giorno, ora e anno del suo prossimo trapasso. Non è stato così. Fortunatamente ci sono state ancora tante serate esilaranti.
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L’ultima con Renzo Arbore, a casa della comune amica Mimma Nocelli, facevano a gara a chi aveva più acciacchi, un’escalation di mutilazioni. La sordità era il tema dominante: la conversazione era ad un tale volume da far intervenire i vicini. Renzo generosamente come sempre si è prestato a fargli da spalla. Un duetto irripetibile!
Di Fantozzi non mi hai parlato, di Dostoevskij molto.
Se il Padreterno mettesse a sua disposizione un fax, Paolo continuerebbe a mandarmeli anche da lì, come ha sempre fatto.
Come dicevi tu, Paolino, adios.
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