1 - IL PAPA E L'IPOTESI DEL VIAGGIO A KIEV «È SUL TAVOLO»
Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
PAPA FRANCESCO PUTIN
[…] Il Papa arriva a Malta, «cuore del Mediterraneo», e si rivolge subito all'Europa e al mondo con parole mai così nette contro «la logica scellerata del potere». Non nomina Putin, non lo ha mai fatto dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, ma dice: «Mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull'umanità, non facciamo svanire il sogno della pace».
Del resto «il vento gelido della guerra anche stavolta è stato alimentato negli anni», sillaba alle autorità, nel palazzo presidenziale del Gran Maestro: «Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi».
papa francesco vladimir putin 2
Francesco è un po' claudicante,il dolore al ginocchio persiste e scende dall'aereo grazie a un ascensore esterno, per la prima volta niente scaletta. I giornalisti in volo gli hanno chiesto se sta considerando l'invito del presidente ucraino Zelensky ad andare a Kiev: «Sì», ha risposto il Papa, e dopo qualche istante: «È sul tavolo». Francesco è già stato in un Paese in guerra, nel Centrafrica, scortato dai caschi blu il 29 novembre 2015: ma allora le parti avevano stabilito una tregua. Al momento non ci sono date: Francesco andrebbe se ci fossero le condizioni, un cessate il fuoco. E mostrare che sta pensando di andare a Kiev può anche essere un segnale per ottenerlo.
papa francesco vladimir putin
Nell'ultimo Angelus ha scandito che «è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell'uomo prima che sia lei a cancellare l'uomo dalla storia».
Ora scandisce: «Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di parole d'odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo». […]
2 - IN UCRAINA PER OTTENERE UNA TREGUA: IL MESSAGGIO È PER LO ZAR
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Per capire il significato delle parole di ieri di Francesco sulla sua possibile visita a Kiev, bisogna tornare a dieci giorni fa: al giorno successivo a quello dell'invito che gli rivolse per telefono il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prima di parlare il 22 marzo al Parlamento italiano.
papa francesco vladimir putin 1
Il 23 marzo, per due ore il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ricevette l'ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Avdeev. E tra le cose che discussero ci fu anche l'eventualità del viaggio del pontefice in Ucraina: una prospettiva che per il regime di Mosca sarebbe stata «un regalo agli Stati Uniti, prima e oltre che a Zelensky».
Il fatto che ieri, da Malta, il Papa abbia ribadito che non esclude di andare a Kiev, è un modo per segnalare a Vladimir Putin che se il conflitto non si ferma il viaggio potrebbe diventare l'estrema risorsa per ottenere un «cessate il fuoco». La durezza delle parole usate da Francesco contro l'aggressione militare di Mosca segna, se non una cesura, una sottolineatura ulteriore delle responsabilità di Putin rispetto al passato.
pietro parolin bergoglio
Dire che la possibilità di una visita a Kiev «è sul tavolo» significa rimarcare che il tempo del negoziato diventa sempre più urgente; e che, se una mediazione fallisce perché la Federazione russa la rifiuta, il Vaticano si muoverà comunque: a costo di sfidare «qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti», che «provoca e fomenta conflitti, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche». Nelle parole di Francesco manca il nome di Putin, ma pochi dubitano che il destinatario del messaggio sia in primo luogo lui.
Putin e Papa Francesco a novembre
E questo nonostante la Santa Sede si sia tenuta in una posizione di difficile equilibrio tra ortodossi russi, ucraini ed est europei, sui quali il conflitto militare si scarica con divisioni anche religiose e nazionalistiche; e nonostante il Papa abbia conservato un filo di dialogo con il Patriarca di Mosca, Kirill, che ha appoggiato inopinatamente il conflitto con motivazioni rozzamente anti-occidentali: tanto che l'ambasciatore Adveev ha potuto dire qualche giorno fa che Francesco e Kirill probabilmente si incontreranno «entro l'anno».
La presa di posizione di ieri, l'evocazione di «una guerra fredda allargata» fa capire tuttavia che i margini di manovra si riducono: per tutti, anche per il Vaticano, che ha scelto una strategia della prudenza e della pazienza messa a dura prova dall'inasprimento dei bombardamenti contro civili inermi.
Il conflitto ha reso impossibile lo sforzo di parlare di pace e dialogo senza additare sempre più esplicitamente le responsabilità russe. Ormai è cominciata una fase nuova e difficile. E il discorso di Malta conferma che è affiorata un'incrinatura inedita tra due realtà che, in particolare con l'elezione di Francesco nel 2013, avevano mostrato negli ultimi anni una sintonia vistosa: un asse confermato dalla protezione russa delle minoranze cristiane in Medio Oriente, e dal dialogo papale con Kirill.
Putin e il Papa lo scorso novembre
L'aggressione all'Ucraina l'ha sgualcita. Dopo il 24 febbraio, quell'architettura religioso-diplomatica costruita faticosamente per anni è stata almeno lesionata. E ieri il Papa ha fatto capire che, senza una presa di coscienza dell'enormità dell'aggressione armata all'Ucraina, il suo linguaggio sarà sempre più esplicito. A guardare bene, è la prima guerra tra cristiani che si consuma sul suolo europeo dopo decenni di pace.
E, dal punto di vista della Roma papale, può congelare per decenni gli sforzi compiuti per fare avanzare un dialogo tra religioni. La «guerra fredda allargata» che Francesco evoca e teme lascia indovinare l'estensione del conflitto dagli eserciti di soldati a quelli della fede: temibili, se contrapposti, quasi quanto i primi. E sarebbe pagata dai più deboli, si tratti dei profughi ucraini o degli immigrati africani in fuga nel Mediterraneo.