PAOLO BORSELLINO
(ANSA) - ROMA, 19 LUG - "Ricordo una domenica caldissima, io ero di pattuglia con altri due colleghi in una Palermo deserta: erano quasi tutti al mare. Noi ci trovavamo a poche centinaia di metri da via D'Amelio. Stavamo soccorrendo una donna che aveva forato una gomma quando all'improvviso abbiamo sentito un fortissimo boato. Si è alzata una colonna di fumo, l'abbiamo seguita e siamo arrivati in via D'Amelio, dove ci si è presentata una scena da guerra".
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A parlare, in un filmato postato dalla Polizia di Stato, è Vincenzo Policheni, che il 19 luglio 1992, giovane agente delle volanti di Palermo, fu tra i primi ad arrivare sul luogo dell'attentato. "Non potevamo entrare nella via - ricorda Policheni - e stiamo rimasti all'imbocco cercando di capire cosa era successo. Ad un certo punto è uscita una persona, era Antonio Vullo, col volto bruciacchiato, che ci ha detto cosa era accaduto e che i suoi colleghi erano a terra a pezzi insieme al magistrato.
strage via d'amelio 1
Arrivato lì ho notato brandelli di carne, fuoco, le armi dei colleghi che sparavano da sole a terra perchè i proiettili a contatto col fuoco esplodevano. Ho avuto un mancamento, dei conati di vomito, non si vedevano persone vive".
"Mi sono sentito vuoto", prosegue il poliziotto: "mi sono reso conto che potevano farci quello che volevano, che la mafia ci poteva colpire quando voleva ed era più forte di noi. Si respirava un'aria pesante a Palermo in quei giorni dopo la strage di Capaci e posso capire con che stato d'animo i colleghi scortavano alcune persone come Borsellino. Ci voleva un senso del dovere spiccato; era più facile andare via che rimanere e rischiare. Per questo penso che i colleghi morti devono essere considerati eroi".
via d'amelio giovanni falcone e paolo borsellino LA BORSA DI PAOLO BORSELLINO giovanni falcone paolo borsellino