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    “PACCIANI ED I SUOI ‘COMPAGNI DI MERENDE’ NON SONO I COLPEVOLI MA, AL MASSIMO, DEI COMPRIMARI” - PARLA NATALINO MELE, CHE ERA SOLO UN BIMBO QUANDO NEL 1968 IL “MOSTRO DI FIRENZE” UCCISE SUA MADRE BARBARA LOCCI E IL SUO AMANTE, ANTONINO LO BIANCO: “CHI HA UCCISO ERA UNA PERSONA COLTA CHE CONOSCEVA L'ANATOMIA E CHE AVEVA UNA MIRA ED UNA FREDDEZZA INCREDIBILE. PENSI CHE SPARÒ AL BUIO A QUEL GIOVANE CHE CERCAVA DI SCAPPARE DALLA MACCHINA. HO SEMPRE PENSATO CHE CI FOSSE QUALCUNO MOLTO VICINO AGLI INQUIRENTI…”


     
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    Giovanni Terzi per “Libero quotidiano”

     

    NATALINO MELE NATALINO MELE

    Il primo omicidio del mostro di Firenze fu quello avvenuto a Castelletti di Signa il 21 agosto del 1968. La stessa arma, una Beretta calibro 22 con una "H" punzonata sul fondello, fu usata per tutti i sedici omicidi avvenuti nelle campagne fiorentine e attribuite al mostro di Firenze. Se sul "Mostro di Firenze" fiumi di inchiostro sono stati spesi, di quel primo omicidio del 1968, che vide vittime una donna Barbara Locci ed il suo amante, Antonino Lo Bianco, poco si conosce.

     

    Ma ancor meno si è al corrente del figlio della Locci, Natalino Mele che all'epoca dei fatti aveva solo sei anni e che si trovava addormentato sul sedile posteriore della Giulietta su cui furono uccisi la madre ed il suo amante mentre stavano facendo l'amore. Natalino fu dunque l'unica persona ad aver visto davvero il Mostro di Firenze ma i suoi interrogatori furono sempre all'insegna di una superficialità stupefacente e spesso venne trattato più come colpevole che come vittima. Natalino, dopo il delitto della mamma, venne abbandonato a se stesso, senza genitori, e oggi a cinquantotto anni vive in una casa occupata al limite della indigenza e dimenticato da tutti.

    NATALINO MELE NATALINO MELE

     

    L'ho cercato Natalino Mele e grazie a Paolo Cochi, documentarista e scrittore romano che della vicenda del mostro di Firenze è un profondo conoscitore, l'ho trovato. Paolo Cochi ha un rapporto sincero e vero con Natalino ed è una delle poche persone che, ancor oggi, lo aiutano e lo sostengono. «Di quella sera ricordo pochissimo, può ben immaginare che sono passati cinquantadue anni...».

     

    Così esordisce Natalino Mele nell'intervista. Non vuole assolutamente essere reticente, anzi vorrebbe lui per primo sapere e conoscere la verità su quell'orribile delitto che lo ha praticamente reso orfano ed è stato il primo di altri quindici omicidi seriali. Si dice che lei fu portato sulle spalle dell'omicida fino ad una casa illuminata e che quest' ultimo cantasse la canzone "Tramontana" di un celebre cantante di quei tempi. «Mi creda, io di quella sera ricordo ben poco. Ricordo che furono gli spari a svegliarmi e che vidi mia mamma in un pozzo di sangue. Questa immagine fa parte degli incubi che ho ancora oggi».

    I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE

     

    E poi cosa ricorda?

    «Una luce accesa in fondo ad una strada. La fissavo e cercavo di raggiungerla ma non so se questo avvenne sulle spalle dell'omicida o camminando da solo. Mi ricordo che poi furono gentili con me le persone che mi accolsero».

     

    Di quell'omicidio fu accusato suo padre. Un delitto nato dalla gelosia. Quale è il suo pensiero a riguardo?

    «Io papà nella mia vita lo vidi sì e no cinque volte in carcere. Era una persona buona, mite che sicuramente non ha ucciso la mia mamma e nemmeno fu parte degli omicidi del "mostro" perché era in carcere».

     

    A questo proposito è importante pubblicare il colloquio tra Natalino ed il papà avvenuto in carcere. Un colloquio che fa capire l'atteggiamento degli inquirenti nei confronti del Mele.

     

    i delitti del mostro di firenze i delitti del mostro di firenze

    Natalino Mele: «Babbo, non devi aver paura. Io quella notte non ti ho visto. Non ho visto nessuno. Se io avessi visto il mostro, da tempo mi avrebbe fatto fuori».

    Stefano Mele: «Non potevi avermi visto, perché io non c'ero».

    Natalino: «E perché hai confessato?».

    Stefano: «Io ero il marito. I carabinieri, i tuoi zii, tutti in paese erano convinti che ero stato io a uccidere la mamma. Negli interrogatori mi hanno picchiato. Alla fine riescono sempre a farti dire quello che vogliono».

    pietro pacciani pietro pacciani

    Natalino: «Ma perchè hai accusato i Vinci e gli altri amanti della mamma?».

    Stefano: «Perché mi hanno fatto un grande male. Alla fine erano diventati prepotenti».

    Natalino: «Ma tu non li hai visti ucciderla?»

    Stefano: «No, non li ho visti».

    Natalino: «Dunque non devi accusarli».

    Stefano: «Ma sono convinto che siano stati loro ad ucciderla».

    Natalino: «Basta babbo! Se non li hai visti, non puoi saperlo. Non devi continuare ad accusare gente perché a te hanno fatto del male. E poi, perché hai accusato gli zii Giovanni e Pietro».

    Stefano: «È stato il giudice Rotella a farmelo dire. Mi ha fatto confondere. Anche quest' ultima volta che mi ha tenuto in galera, ha tentato di farmi dire altre cose. Per convincermi a parlare, mi ha detto che tu eri morto. Che il tuo cadavere era stato trovato nei boschi».

     

    Natale come furono gli anni dopo l'omicidio di sua mamma?

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    «La mia è stata una vita durissima. Mi hanno sempre trattato come se la colpa degli omicidi del mostro fosse in parte anche mia. Mio babbo non c'entrava nulla e l'hanno trattato da criminale e, mi creda, la stessa cosa accadeva a me».

     

    Cosa intende dire?

    «Quando mi facevano gli interrogatori cercavano di intimorirmi anche attraverso piccole violenze».

     

    Tipo?

    «Cercavano di bruciarmi i polpastrelli delle dita con l'accendino».

     

    Ma a che scopo?

    «Farmi dire, credo, che mio babbo era l'omicida».

     

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    Lei venne messo in orfanotrofio?

    «Sì, e le posso dire che sia l'orfanotrofio che il collegio dai Salesiani furono gli anni migliori. Mi fecero crescere con principi buoni, altrimenti sarei diventato un balordo al cento per cento».

     

    E dopo?

     «Diventato maggiorenne venni completamente abbandonato a me stesso. Non avevo più riferimenti e mai nessuno mi aiutò. La mia vita è stata segnata in modo indelebile dell'omicidio della mia mamma. Praticamente divenni orfano. Mio padre, che non era colpevole, morì senza ricevere alcun risarcimento».

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    Cosa vuol dire con questo?

    «Che ci fu una ingiustizia e tutti ne pagammo le conseguenze; solo che siamo povera gente e non possiamo permetterci avvocati importanti».

     

    Il suo pensiero sul mostro di Firenze quale è?

    «Io credo che Pacciani ed i suoi "compagni di merende" non siano i colpevoli ma, al massimo, dei comprimari».

     

    Perché dice questo?

    «Chi ha ucciso era una persona colta che conosceva l'anatomia e che aveva una mira ed una freddezza incredibile. Pensi che sparò al buio a quel giovane che cercava di scappare dalla macchina».

     

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    Lei ha visto che tipi erano i "compagni di merende?"

    «Certo che li ho visti... la legge però ha individuato in loro i colpevoli. Le dirò un'altra cosa: a lei sembra ragionevole che trovino i bossoli nel giardino di Pacciani? Può una persona, colpevole di terribili delitti, seppellire nel proprio giardino i bossoli dell'arma usata?».

     

    E quale è la sua idea riguardo il colpevole?

    «Io ho sempre pensato che ci fosse qualcuno molto vicino agli inquirenti. Qualcuno colto e capace di cambiare le carte in tavola».

    pietro pacciani circondato dai carabinieri pietro pacciani circondato dai carabinieri

     

    In questi anni chi le è stato vicino?

    «Nessuno a parte l'amico Paolo Cochi e pochi altri. Ho due figli grandi con cui non ho rapporti e per vivere ho dovuto occupare una casa perché la tenda dove vivevo è andata a fuoco. Chissà se non ci fosse stato il delitto di mia mamma come sarebbe andata la mia vita...».

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