Estratto dell’articolo di Lavinia Lundari Perini per “la Repubblica”
il medico Ugo Gaiani spacca il telefono 1
Pochi minuti prima dell’ora fatidica, le 20 di venerdì, si è presentato nella piazzetta davanti al suo ambulatorio: cappellino, divisa e mazza da baseball. E mentre un suo paziente improvvisava le note di “Se telefonando”, lui ha dato «quattro colpi mortali a un ordigno infernale che ha condizionato i miei ultimi anni da medico»: un telefono, filo e cornetta.
Il dottor Ugo Gaiani, 66 anni, ha scelto questo gesto plateale per uscire di scena, per chiudere 33 anni di onorata carriera da medico di famiglia a Guastalla, nella Bassa reggiana, dopo la gavetta come guardia medica in Appennino. Fra gli applausi di decine di amici e pazienti, ma raccogliendo anche qualche malumore per un gesto considerato da alcuni «violento e diseducativo». «Se sono pentito? Niente affatto. È qualcosa che ho fatto per me stesso».
Gaiani, perché ne ha sentito il bisogno?
il medico Ugo Gaiani
«Perché negli ultimi anni il telefono ha squillato in continuazione, dalle 8 di mattina alle 8 di sera. All’inizio per scherzo dicevo fra me e me: l’ultimo giorno prendo una mazza da baseball e lo sfascio. Poi mi sono deciso a farlo davvero: ho comprato il materiale su Amazon, ho scelto simbolicamente l’ora e il giorno in cui si conclude la reperibilità del medico di famiglia. Con questa cerimonia catartica ho salutato amici, colleghi e pazienti».
Quand’è che il telefono è diventato suo nemico?
«Durante le prime fasi della pandemia le persone erano sconvolte, impaurite. Chiamavano noi medici di famiglia, come era normale che fosse. Centinaia di squilli al giorno. Io e i colleghi ci dicevamo: siamo in prima linea, prima o poi finirà. Ma poi la gente ha capito che il proprio medico c’era e rispondeva sempre, e le chiamate sono continuate anche dopo l’emergenza». […]
Pazienti poco pazienti, dunque?
IL MEDICO UGO GAIANI VA IN PENSIONE E DISTRUGGE IL TELEFONO IN PIAZZA
«Aggressivi no, ma senz’altro più insofferenti e preoccupati. Più spaventati. Basta fare i conti: una settantina di chiamate, 5 minuti l’una, e se ne vanno 6 ore, mezza giornata. Nelle altre sei ore devi incastrare tutto: l’ambulatorio, le visite domiciliari. Sono arrivato a 16 ore di lavoro al giorno per fare tutto».
Potesse tornare indietro, rifarebbe il medico?
«Sicuramente. È la professione più bella del mondo. Ti chiami medico di famiglia e in fondo ne fai parte, vedi le persone diventare grandi, segui i il travaglio di chi per anni cerca un figlio e alla fine ti chiama e ti dice: oggi è nata la mia bimba. Questo è davvero un lavoro bellissimo, difficile e complicato, che richiede un sacco di tempo. Il mio non è stato un gesto contro i miei pazienti ma per dimostrare che questo mestiere è diventato una follia».
[…]
Il suo camice è ora appeso al chiodo?
«Un medico di famiglia il camice non se lo mette quasi mai. Crea una barriera. Ora sono in ferie, ma non smetterò di lavorare: chiudo con la medicina di famiglia e proseguirò nell’ambito delle cure palliative, dove farò solo il dottore e basta».
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