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    PASOLINI E' VIVO - FULVIO ABBATE: “POCHI FILM SANNO ESSERE COSÌ CRISTOLOGICAMENTE PERFETTI COME “LA RICOTTA”, MOLTO DI PIÙ DEL “VANGELO SECONDO MATTEO”. UNA MACCHININA POETICA PERFETTA, CARBURAZIONE ELEGIACA STRAORDINARIA, UN AGGEGGIO CINEMATOGRAFICO COMPOSTO, DISEGNATO CON LA SUA POESIA - NELLE NOTE DI REGIA PPP SCRIVE: “IL RUTTO SULLA CROCE NON È UN RUTTO, MA UN SINGHIOZZO, IL SINGHIOZZO DI CHI, MORTO DI FAME IL BUON STRACCI, SI È FINALMENTE RIMPINZATO” - IN QUEL 1963, A COMMENTO DELL’ARRIVO DEI SOCIALISTI DI NENNI AL GOVERNO, PASOLINI SCRISSE UNA POESIA, “VITTORIA”, DOVE IMMAGINA IL RITORNO DEI PARTIGIANI, ECCOLA IN CODA A QUESTO MIO BIGLIETTO PER TE’’ - VIDEO DEL FILM


     
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    Fulvio Abbate per Dagospia

     

    fulvio abbate foto di bacco (1) fulvio abbate foto di bacco (1)

    Caro Robertino, ti do un dolore: non sei l’unico a ritenere “La ricotta”, lo dico con parole semplici, il più bel film di Pier Paolo Pasolini. Una macchinina poetica perfetta, carburazione elegiaca straordinaria, un aggeggio cinematografico composto, disegnato con il doppio decimetro, con il cacciavite, appunto, della sua poesia. 

     

    Su tutto, la corona di spine destinata alla scena della crocifissione, custodita dagli attrezzisti dentro un cartone di salsamenteria o forse un cestino destinato al pranzo della troupe, marchio “Federici”, lì Roma trova il suo assoluto.

     

    pasolini La ricotta pasolini La ricotta

    Così come l’intera scrittura del film, perfetta come un componimento mozartiano. A proposito di Mozart, Pasolini ne riteneva la musica segnata da “allegria funebre”. Forse lo stesso sentimento che trovi ne “La ricotta”.  

     

    Certo, noi - io, tu e molti altri - di quel suo lavoro riconosciamo una sincerità espressiva assoluta, che suscita tenerezza, di più, compassione come il bambino del portinaio che, d’inverno, fa i compiti nel buio della guardiola.   

     

    Straordinari i figuranti accampati sul set, e le comparse, gli angeli, cherubini e serafini, che ballano il twist, nel modo più rionale, come fossero davanti ai jukebox di un baretto di allora o piuttosto nei locali della sezione del Partito comunista italiano di Pietralata, in occasione della festa de l’Unità del 1963; Pietralata è il quartiere che vanta la squadra “comunista” dell’Alba rossa.

    Orson Welles e Pasolini Orson Welles e Pasolini

     

    Pochi film sanno essere così cristologicamente perfetti come “La ricotta”, molto di più del “Vangelo Secondo Matteo”, sempre suo, con Mario Cipriani, Stracci, il protagonista, faccina da manovale preso, “capato”, direbbero tra i banchi di Porta Portese, dallo smorzo della vita romana.

     

     

    "La ricotta" di Pasolini "La ricotta" di Pasolini

    Per i dettagli filologici, aggiungiamo che Pasolini nel film omaggia ora Rosso Fiorentino ora Pontormo ricostruendone, come in un tableau vivant, la deposizione e la crocifissione. Perfino le forzature, le voci dell’aiuto regista che urla: “Inchiodateli!”, “Schiodateli!” sono lì perfette, assomigliano a loro volta alle fermate della Via Crucis che tra acquasantiere e confessionali di noce scura costellano le pareti delle chiese di borgata, solitamente affidate a modeste mani di artisti che stilizzano tutto come farebbe Bernard Buffet.

     

    "La ricotta" di Pasolini "La ricotta" di Pasolini

    Nel film, lo si è detto, c’è un manifesto ideologico pasoliniano o forse si tratta di una semplice constatazione antropologica, affidato a un Orson Welles seduto nella sua sedia da regista, Pasolini gli fa dire infatti cosa pensa dell’Italia: "Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa."

     

    Il film è del 1963, anno del varo del primo governo di centro sinistra, nonché di fondazione del movimento letterario omonimo, il Gruppo 63, appunto. I socialisti di Nenni, in quei giorni, sulla tessera del loro partito, accanto a falce martello libro e sole nascente, vollero mettere anche il disegno di un’autostrada, e l’“Avanti!” titolò: “Da oggi ognuno è più libero”.  

     

    Orson Welles e Pasolini Orson Welles e Pasolini

    Nel 1991, Laura Betti pubblicò un libro dedicato al cinema di Pasolini, “Le regole di un’illusione”, nel capitolo dedicato a “La ricotta”, citando il precedente del “Vangelo”, Pasolini scrive che il film è “una variante della stessa suite come può essere allegro rispetto all’adagio”, e parla di Stracci come di “un santo”, c’è poi il trattamento e il racconto dei processi subiti.

     

    Stracci - "La ricotta" di Pasolini Stracci - "La ricotta" di Pasolini

    Alfredo Bini, il produttore, racconta di avere preso a pugni Pasolini perché questi, nottetempo, si presentò alla “Fono Roma” in fase di doppiaggio per modificare il cognome del giornalista ottuso che intervista Orson Welles, utilizzando con quello di un giudice che lo aveva denunciato per oscenità, Pedote o Pedoti. Bini racconta che si menarono di brutto.

     

    dalema veltroni mussi annunziata con amendola dalema veltroni mussi annunziata con amendola

    Con un trenino degli anni Cinquanta messo a disposizione dalle ferrovie, era il 1995, andammo a Ciampino per ricordare Pasolini nel ventennale della morte. Prima di raggiungere la trattoria per festeggiare, appunto, con una ricotta offerta dal Fondo, si svolse una partita di calcio, sempre in ricordo di Pasolini: politici contro magistrati. 

     

    VELTRONI PASOLINI VELTRONI PASOLINI

    In campo, tra i politici Veltroni e D’Alema, tra i magistrati invece Gherardo Colombo. Quel giorno, le telecamere di “Striscia la notizia” colsero il tic di D’Alema che soffiava sui pugni chiusi, e ne nacque un tormentone televisivo di cui forse qualcuno ha ancora memoria. 

     

    C’erano Franco Citti, Ninetto Davoli e anche Mario Cipriani. Per l’occasione, gli raccontai che il mio amico Mariano l’aveva incontrato davanti a un’autoscuola a Talenti: “Ma lei è Stracci?”. Cipriani e la faccina di sempre, la stessa che mostra lassù sulla croce, un volto bambino vecchio, sorriso mite da borgataro, espressione da gommista malinconico e insieme dolce, arreso a se stesso, alla vita.

    Pier Paolo Pasolini Alfredo Bini Pier Paolo Pasolini Alfredo Bini

     

    Ne “La ricotta” c’è anche Rossana Di Rocco, già l’angelo di “Uccellacci e uccellini” e del “Vangelo”, nel film fa parte della povera famiglia di Stracci, Rossana ha in braccio un bambino, e aspetta, seduta sull’erba tra i ruderi, che arrivi proprio la ricotta. Tra coloro che visitano il set, accanto a Elsa de’ Giorgi, Enzo Siciliano, Adele Cambria e Robertino Ortensi, amico fratello maggiordomo di Mario Schifano.    

     

    A proposito del film, Pasolini scrive: “Martedì 5 marzo 1963 mattina: “Era l’inizio del giorno, pochi istanti fa, una luce vecchia, morente, e ora ecco l’azzurro di un golfo del Meridione, nel gelo della tramontana, un giorno che bastava soltanto a scoprire, era su noi, splendidamente remoto da ogni nostra passione”. Nelle note di regia aggiunge: “Il rutto sulla croce non è un rutto, ma un singhiozzo, il singhiozzo di chi, morto di fame il buon Stracci, si è finalmente rimpinzato.”

    ALFREDO BINI PIER PAOLO PASOLINI ALFREDO BINI PIER PAOLO PASOLINI

     

    In quel 1963, a commento dell’arrivo dei socialisti di Nenni al governo, Pasolini scrisse una poesia, “Vittoria”, dove immagina il ritorno dei Partigiani, eccola in coda a questo mio biglietto per te.

       

    VITTORIA

    di Pier Paolo Pasolini

     

    Dove sono le armi? Io non conosco 

    che quelle della mia ragione:

    e nella mia violenza non c'è posto

     

    NEANCHE PER UN'OMBRA DI AZIONE

    NON INTELLETTUALE. Faccio ridere

    ora, se, suggerite dal sogno,

     

    in un grigio mattino che videro

    morti, e altri morti vedranno, ma per noi 

    non è che un ennesimo mattino, grido

    Aldo Moro e Pasolini alla Biennale Aldo Moro e Pasolini alla Biennale

     

    parole di lotta? Non so poi

    che ne sarà di me a mezzogiorno, 

    ma il vecchio poeta è «ab joi»

     

    che parla, come lauzeta o storno

    - e come un giovane vorrebbe morire. 

    Dove sono le armi? Non ritornano

     

    i vecchi giorni lo so, ogni aprile 

    rosso, di gioventù, è passato.

    Solo un sogno, di gioia, può aprire

     

    una stagione di dolore armato. 

    Io che fui un partigiano inerme

    - un mistico, imberbe Innominato -

     

    adesso sento nella vita il germe

    craxi nenni craxi nenni

    orrendamente profumato della Resistenza. 

    Nel mattino le foglie sono ferme

     

    come sul Tagliamento o la Livenza: 

    non è un temporale che viene,

    né una sera che scende, è l'assenza

     

    della vita, che si contempla, si tiene 

    lontana da sé, intenta a capire

    quali terribili, quali serene

     

    forze ancora la empiano: profumo d'aprile! 

    un giovane armato per ogni filo d'erba, 

    volontario per voglia di morire!

     

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    FULVIO ABBATE - QUANDO C ERA PASOLINI FULVIO ABBATE - QUANDO C ERA PASOLINI

    Bene, mi sveglio per la prima volta in vita mia 

    col desiderio d'impugnare un'arma.

    Il ridicolo è che lo dico in poesia

     

    - e a quattro amici di Roma, due di Parma – 

    che mi capiranno, in questa nostalgia

    idealmente tradotta dal tedesco, in questa calma

     

    archeologica, che contempla un'Italia solatia 

    e spopolata, sede di partigiani barbari,

    che scendono Alpi o Appennini, per la Vecchia Via...

     

    Non è la mia che frenesia dell'alba.

    A mezzogiorno sarò coi miei connazionali

    alle opere, ai pasti, alla realtà che inalbera

     

    la bandiera, oggi bianca, dei Destini Generali. 

    E voi, comunisti, miei compagni non compagni, 

    ombre di compagni, straniati cugini carnali

     

    persi nei giorni presenti come in lontani, 

    non immaginati giorni del futuro, voi, padri 

    senza nome, che avete sentito richiami

    pasolini orson welles pasolini orson welles

     

    che io credevo simili ai miei, quelli che ardono 

    oggi come dei fuochi abbandonati,

    sulle fredde pianure, lungo i margini

     

    dei fiumi dormienti, sui monti bombardati...

     

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    Prendo tutta su di me la colpa (vecchia 

    mia vocazione, inconfessata, facile fatica) 

    della disperata nostra debolezza

     

    per cui milioni di noi, con una vita 

    in comune, non furono in grado 

    di andare fino in fondo. È finita,

     

    trallallà, cantiamo, cadono

    le ultime foglie della Guerra

    e della martire vittoria, sempre più rade,

     

    distrutte a poco a poco da quella

    PIER PAOLO PASOLINI PIER PAOLO PASOLINI

    che sarebbe stata la realtà,

    non solo della cara Reazione, ma della bella

     

    Socialdemocrazia nascente, trallallà. 

     

    Prendo (con piacere) su di me la colpa

    di aver lasciato tutto com'era:

    della sconfitta, della sfiducia, della sporca

     

    speranza degli Anni Amari, trallallera. 

    E prendo su di me lo straziante

    dolore della nostalgia più nera,

     

    quella che si rappresenta le cose rimpiante 

    con tanta verità, che spera

    quasi di ricrearle, o ricostruirne le infrante

     

    pasolini pasolini

    condizioni che le necessitavano, trallallera...

     

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    Dove sono sparite le armi, pacifica 

    produttiva Italia che non importi al mondo? 

    Nella schiava bonaccia che giustifica

     

    oggi la ristrettezza come ieri il benessere - dal profondo 

    al ridicolo - e nella più perfetta solitudine -

    j'accuse! No, calma, non il Governo, o il Latifondo,

     

    o i Monopoli - ma solo i loro drudi, 

    gl'intellettuali italiani, tutti,

    anche coloro che giustamente si giudicano

     

    miei forti amici. Saranno stati questi i più brutti

    anni della loro vita: PER AVERE ACCETTATO 

    UNA REALTA CHE NON C'ERA. I frutti

     

    di questa connivenza, di questo ideale peculato, 

    sono che la realtà reale ora non ha poeti.

    (Io? Io sono inaridito e superato.)

     

    pasolini pasolini

    Ora che Togliatti se ne va con gli echi 

    degli ultimi scioperi di sangue,

    vecchio, nel numero dei profeti

     

    che, ahi, hanno avuto ragione - sogno nel fango 

    armi nascoste, nel fango elegiaco

    tra piccoli che giocano, vecchi padri che vangano,

     

    mentre dalle lapidi cade la malinconia, 

    le liste dei nomi si incrinano,

    i coperchi delle tombe saltano via,

     

    e i giovani cadaveri con la spolverina 

    che usava in quegli anni, i calzoni

    larghi, e sulla chioma partigiana la bustina

     

    pasolini capello pasolini capello

    militare, scendono lungo i muraglioni 

    dove stanno i mercati, giù dai viottoli 

    che uniscono i primi orti ai costoni

     

    delle colline: scendono dai cimiteri. Giovanotti 

    con negli occhi qualcos'altro che amore:

    una follia segreta, di uomini che lottano

     

    come chiamati da un destino diverso dal loro. 

    Con quel segreto che non è più segreto, 

    scendono giù, muti, nel primo sole,

     

    e, pur così vicino alla morte, il loro è il passo lieto 

    pasolini pasolini

    di chi ha tanto cammino da fare nel mondo.

    Ma essi sono abitanti del monte, del greto

     

    selvaggio del fiume padano, del fondo

    della fredda pianura. Cosa fanno fra noi? 

    Tornano, e nessuno li ferma. Non nascondono

     

    le armi - che stringono senza dolore né gioia -

    e nessuno li guarda, come accecato dal pudore 

    per quell'osceno brillare di mitra, quel passo d'avvoltoi,

     

    che scendono al loro oscuro dovere, nella luce del sole.

     

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    pasolini pasolini

    Vorrei vedere chi ha il coraggio di dirgli 

    che l'ideale che arde segreto nei loro occhi

    è finito, appartiene ad altro tempo, che i figli

     

    dei loro fratelli da anni ormai non lottano 

    più, e la storia crudelmente nuova,

    ha dato altri ideali, li ha quietamente corrotti...

     

    Toccheranno, rozzi come barbari poveri,

    le nuove cose che in questi due decenni l'uomo 

    crudele si è dato, cose inette a commuovere

     

    pasolini pasolini

    chi cerca giustizia...

     

    Ma facciamo festa, prendiamo le bottiglie 

    del buon vino della Cooperativa...

    A sempre nuove vittorie, e nuove Bastiglie!

     

    Il Refosco, il Bacò... Evviva, Evviva! 

    Salute, vecchio! Forza, compagno! 

    E tanti auguri alla bella comitiva!

     

    Viene da oltre le vigne, da oltre lo stagno 

    delle Fonde, il sole: dalle tombe vuote, 

    dalle lapidi bianche, dal tempo lontano.

     

    Ma adesso che violenti, assurdi, con ignote 

    voci di emigranti, sono qua,

    impiccati a lampioni, straziati da garrote,

     

    chi, alla nuova lotta, li guiderà? 

    Togliatti, lui, è finalmente vecchio 

    come per tutta la vita egli ha

     

    pasolini pasolini

    voluto, e si tiene allarmato nel petto

    come un pontefice, il bene che gli vogliamo, 

    sia pur fissato in epico affetto,

     

    lealtà che accetta anche il più disumano 

    frutto di lucidità arsa e tenace come scabbia. 

    «Ogni politica è una realpolitica», anima

     

    guerriera, con la tua delicata rabbia!

    Non riconosci un'altra anima, eh? Questa 

    dove c'è tutta la prosa dell'uomo abile,

     

    del rivoluzionario attaccato all'onesta 

    media dell'uomo (anche la complicità 

    con gli assassinii degli Anni Amari s'innesta

     

    ORSON WELLES – LA RICOTTA – DI PIER PAOLO PASOLINI ORSON WELLES – LA RICOTTA – DI PIER PAOLO PASOLINI

    nel classicismo protettore, che fa

    il comunista perbene): non riconosci il cuore 

    che diventa schiavo del suo nemico, e va

     

    dove il nemico va, condotto dalla storia 

    ch'è storia di tutti due, e li fa, nel profondo, 

    stranamente fratelli; non riconosci i timori

     

    d'una coscienza che, lottando col mondo, 

    ne condivide le norme della lotta nei secoli, 

    come per un pessimismo in cui affondano,

     

    per farsi più virili, le speranze. Lieto 

    d'una lietezza che non sa retroscena 

    è questo esercito - cieco nel cieco

     

    sole - di giovani morti, che viene

    ed aspetta. Se il suo padre, il suo capo,

    lo lascia solo nei bianchi monti, nelle serene

    FELLINI E PASOLINI FELLINI E PASOLINI

     

    pianure - assorbito in un misterioso dibattito 

    con il Potere, legato alla sua dialettica

    che la storia rinnova senza pace -

     

    piano piano dentro i barbarici petti 

    dei figli, l'odio si fa amore per l'odio, 

    ardendo solo in essi, i pochi, i benedetti.

     

    Ah, Disperazione che non conosci codici! 

    Ah, Anarchia, libero amore

    di Santità, con i tuoi canti prodi!

     

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    Prendo, anche, su di me la colpa del tentare 

    franco franchi moravia totò e pasolini franco franchi moravia totò e pasolini

    tradendo, del lottare arrendendosi, 

    dell'accettare il bene come il minor male,

     

    antinomie simmetriche che io tengo

    in pugno come vecchie abitudini...

    Tutti i problemi dell'uomo, col loro tremendo

     

    volerci ambigui (il nodo delle solitudini 

    dell'io che si sente morire

    e non vuol presentarsi davanti a Dio nudo):

     

    tutto prendo su me, onde poter capire, 

    da dentro, il frutto di quell'ambiguità: 

    un uomo adorabile, da cui in questo aprile

     

    incalcolato, mille giovani scesi dall'Aldilà, 

    aspettano fiduciosi un segno che abbia

    la forza della fede senza pietà,

     

    a consacrare la loro umile rabbia.

    Struggente, è in lui, Nenni, l'incertezza

    pasolini bertolucci pasolini bertolucci

    con cui ha rimesso in gioco se stesso, e l'abile

     

    coerenza, l'accettata grandezza.

    Con cui ha rinunciato all'epico affetto 

    che poteva anche a diritto avere avvezza

     

    la sua anima: e, uscendo dalla scena di Brecht, 

    per ritirarsi nei bui retroscena,

    dove impara nuove parole reali l'eroe incerto,

     

    ha spezzato a sue spese la catena

    che lo legava al popolo come un vecchio idolo, 

    pasolini pasolini

    dando alla sua vecchiezza nuova pena.

     

    I giovani Cervi, mio fratello Guido,

    i ragazzi caduti a Reggio nel Sessanta, 

    col loro casto, il loro forte, il loro fido

     

    occhio, sede della luce santa,

    lo guardano, e aspettano le vecchie parole. 

    Ma egli, eroe ormai diviso, manca

     

    ormai della voce che tocca il cuore: 

    si rivolge alla ragione non ragione, 

    alla sorella triste della ragione, che vuole

     

    capire la realtà nella realtà, con passione

    che rifiuta ogni estremismo, ogni temerità.

    Che cosa dirgli? Che la realtà ha una nuova tensione

     

    che è quella che è, e ormai non ha 

    più senso altro che accettarla...

    CHE LA RIVOLUZIONE DIVENTA ARIDITÀ

     

    S'È SENZA MAI VITTORIA... che forse non è tardi

    per chi vuol vincere, ma non con la violenza 

    delle vecchie, disperate armi...

    paolo di paolo mondo perduto pasolini 3 paolo di paolo mondo perduto pasolini 3

     

    Che bisogna sacrificare la coerenza 

    all'incoerenza della vita, tentare un dialogo 

    creatore, anche contro la nostra coscienza.

     

    Che la realtà, anche di questo piccolo, avaro 

    Stato, è più di noi, è sempre un'immensa cosa: 

    e bisogna rientrarne, se pure è così amaro...

     

    Ma che ragione volete che ascolti questa ansiosa 

    masnada di uomini, che hanno lasciato - come 

    dicono i canti - la casa, la sposa,

     

    la vita stessa, proprio nel nome della Ragione?

     

    ENZO SICILIANO PASOLINI ENZO SICILIANO PASOLINI

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    Ma c'è forse, una parte dell'anima dí Nenni, che vuole 

    dire a questi compagni - venuti da laggiù,

    con vesti militari, i buchi nelle suole

     

    delle scarpe borghesi, e la loro gioventù 

    innocentemente assetata di sangue –

    «Dove sono le armi? Avanti, su,

     

    prendetele, dalla paglia, dal fango,

    non vedete che non è cambiato niente? 

    Coloro che piangevano ancora piangono.

     

    Quelli di voi che hanno cuore puro e innocente 

    vadano a parlare in mezzo ai tuguri,

    ai caseggiati della povera gente,

     

    pier paolo pasolini e italo calvino al caffe rosati pier paolo pasolini e italo calvino al caffe rosati

    che dietro i suoi vicoli e i suoi muri 

    nasconde la peste vergognosa, la passività 

    di chi si sa tagliato fuori dai giorni futuri.

     

    Quelli di voi che possiedono un cuore 

    votato alla maledetta lucidità,

    vadano nei laboratori, nelle scuole,

     

    a ricordare che nulla in questi anni ha

    mutato la qualità del conoscere, eterno pretesto, 

    forma utile e dolce del Potere, NON MAI VERITÀ.

     

    Quelli di voi che obbediscono a un onesto 

    vecchio imperativo di religione

    vadano tra i figli che crescono

     

    col cuore vuoto di ogni reale passione,

    pasolini godard bertolucci pasolini godard bertolucci

    a ricordare che il loro nuovo male

    è SEMPRE, ANCORA la divisione del mondo. Quelli

     

    infine tra voi a cui una triste nascita casuale

    in famiglie senza speranza, ha dato spalle dure, capelli 

    ricci di criminale, oscuri zigomi, occhi senza pietà,

     

    vadano, tanto per cominciare, dai Crespi, dagli Agnelli, 

    dai Valletta, dai potenti delle Società

    che hanno portato l'Europa sulle rive del Po:

     

    è giunta per ognuno di loro l'ora che non ha 

    moravia e pasolini 1 moravia e pasolini 1

    proporzione con quanto ebbe e quanto odiò. 

    Coloro poi che hanno sottratto al bene comune

     

    capitale prezioso, e che nessuna legge può 

    punire, ebbene, andate, legateli con la fune 

    dei massacri. In fondo a Piazzale Loreto

     

    ci sono ancora, riverniciate, alcune 

    pompe di benzina, rosse nel quieto 

    solicello della primavera che riviene

     

    col suo destino: è ora di rifarne un sepolcreto.»

     

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    Se ne vanno... Aiuto, ci voltano le schiene, 

    le loro schiene sotto le eroiche giacche

    di mendicanti, di disertori... Sono così serene

     

    le montagne verso cui ritornano, batte

    così leggero il mitra sul loro fianco, al passo 

    ch'è quello di quando cala il sole, sulle intatte

    pier paolo pasolini con la madre susanna colussi 3 pier paolo pasolini con la madre susanna colussi 3

     

    forme della vita - tornata uguale nel basso

    e nel profondo! Aiuto, se ne vanno! Tornano ai loro 

    silenti giorni di Marzabotto o di Via Tasso...

     

    Con la testa spaccata, la nostra testa, tesoro

    umile della famiglia, grossa testa di secondogenito, 

    mio fratello riprende il sanguinoso sonno, solo

     

    tra le foglie secche, i caldi fieni

    di un bosco delle prealpi - nel dolore

    e la pace d'una interminabile Domenica...

     

    pasolini betti pasolini betti

    Eppure, questo è un giorno di vittoria!

     

    [In Poesia in forma di rosa (1964), Appendice 1964, in Pasolini. Tutte le poesie, Meridiani Mondadori, Milano 2003]

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