Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”
patrick george zaki a roma
«Voi che siete il mio Paese, dovreste essere fieri di me. D' avere qualcuno che si fa onore all' estero, in un master di un' università prestigiosa come Bologna. Invece». Invece niente.
Nemmeno la rabbia e l' orgoglio servono a strappare Patrick Zaki al supercarcere di Tora e al destino cupo dei 114 mila detenuti politici del generale Abdel Fatah Al Sisi. Il ricercatore egiziano dell' Alma Mater è comparso alla sesta udienza-farsa in tribunale, dove si doveva (non) decidere della sua scarcerazione, e per la sesta volta s' è sentito rinfacciare le accuse per cui rischia minimo 25 anni di galera: dieci controversi post su Facebook, una presunta simpatia per quel che il mondo chiama opposizione e che Al Sisi considera «terrorismo».
AL SISI
Anche stavolta, Zaki ha ricordato d' essere solo uno studente in Italia, reo d' avere frequentato l' ong cairota Eipr, Egyptian Initiative for Personal Rights, e d' essersi occupato d' omosessualità in un Paese che i gay li incarcera. «Dovreste essere fieri di me», ha detto, nessuno l' ha ascoltato.
patrick george zaki 4
Resterà ancora dentro. Almeno fino al 2021. L' aria per Zaki s' è fatta più pesante negli ultimi giorni, e non soltanto per il Covid nel carcere e per l' asma di cui soffre. In poche ore, l' hanno raggiunto a Tora anche i capi dell' Eipr: prima il direttore amministrativo Mohammed Bashir, quindi il presidente Gasser Abdel Razek e il direttore dell' ufficio studi, Karim Ennarah.
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Tutti con accuse simili, che vanno dal finanziamento del terrorismo all' uso distorto dei social, nel timore che presto scattino le manette anche ai polsi del fondatore dell' ong, Hossam Bahgat, famoso per le sue battaglie civili e perseguitato fin dai tempi di Mubarak.
AL SISI GIUSEPPE CONTE
La morsa s' è stretta dopo che i vertici Eipr avevano discusso pubblicamente di diritti umani coi diplomatici d' undici Paesi, compreso l' ambasciatore italiano Giampaolo Cantini, e soprattutto nelle settimane del cambio della guardia alla Casa Bianca e dell' arrivo d' un presidente, Biden, che in campagna elettorale aveva definito Al Sisi «il dittatore preferito di Trump».
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Gli arresti hanno indignato Francia e Irlanda, Germania e Norvegia, ma nessuna presa di posizione pubblica è giunta dall' Italia: non è trapelato granché neppure della telefonata che il premier Conte ha avuto, venerdì, col generale del Cairo.
Era dal 2013, dal massacro dei Fratelli musulmani, che in Egitto non si vedeva più una simile caccia al dissidente. «M' aspetto il peggio», ci aveva confidato giorni fa Gasser, il presidente d' Eipr. Ha dovuto aspettare poco.
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