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    "AVEVAMO UN SACCO DI PRESSIONE SU DI NOI, LA NOSTRA SALVEZZA FU CHE ERAVAMO DEGLI IDIOTI SPIRITOSI" - PAUL MCCARTNEY SI REINVENTA FOTOGRAFO E SCODELLA IL LIBRO "1964 - GLI OCCHI DEL CICLONE" CON 275 FOTO INEDITE SCATTATE DA "SIR PAUL" NEL 1964, L'ANNO IN CUI I BEATLES INIZIARONO LA LORO ASCESA NELL'OLIMPO DELLA MUSICA MONDIALE - IL BASSISTA HA TROVATO LE VECCHIE FOTO DURANTE IL LOCKDOWN...


     
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    the beatles 1964 gli occhi del ciclone 13 the beatles 1964 gli occhi del ciclone 13

    Estratto dell'articolo di Marinella Venegoni per la Stampa

     

     

    «È stata una tempesta pazzesca, un turbine pazzesco, i Beatles erano nell'occhio del loro stesso ciclone, anzi negli "occhi", perchè le tempeste erano molte ed erano molti quelli che ci guardavano». La sorte ha voluto che a reggere il testimone dell’incredibile saga dei Beatles sia rimasto Paul McCartney. Il meno tormentato dei Quattro, quello a cui è sempre piaciuto raccontare storie e aneddoti di una vita straordinaria, colui che con il passare del tempo è apparso scevro da rancori e privo di complessi, come sempre è sembrato invece l’altro sopravvissuto Ringo Starr, chiuso in un proprio mondo difficilmente decifrabile.

     

    paul mccartney - 1964 gli occhi del ciclone paul mccartney - 1964 gli occhi del ciclone

    […]il libro fotografico di McCartney appena uscito in Italia per la Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi con il titolo 1964 - Gli occhi del ciclone, finisce per chiudere (forse) il cerchio una volta per tutte, raccontando i Beatles dall’interno attraverso 275 fotografie inedite (da oggi anche in mostra alla National Portrait Gallery di Londra) scattate da Paul stesso in un anno cruciale in cui gli ancora abbastanza semplici ragazzi di Liverpool uscivano per la prima volta dai confini […]

    john lennon - 1964 gli occhi del ciclone john lennon - 1964 gli occhi del ciclone

     

     

    Quasi mille foto aveva scattato Paul, tutt’altro che professionali ma significative di un’atmosfera e dei suoi occhi che sorpresi e divertiti e orgogliosi guardavano il mondo.

     

    Foto conservate con cura, ritrovate durante il lockdown: e sembra impossibile che dietro tale cura non ci fosse l’indimenticabile moglie Linda Eastman, scomparsa nel ‘98 e appunto fotografa nonché compagna del marito nei Wings. […]

     

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    «È stato bellissimo, sono ripiombato in quei momenti e sulle mie relazioni di allora: il nostro manager Brian Epstein e altri tipi. Erano quasi istantanee di famiglia, e riguardandole mi è piaciuto che la qualità fosse buona. Avevo scelto bene l’argomento, la composizione e l’umore dei protagonisti. Ma il loro valore non è artistico, è storico. Non voglio spacciarmi per fotografo professionista, sono contento di esser pensato come uno che è stato nel posto giusto al momento giusto».

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    […] Il libro è corredato da un’analisi della storica Jill Lepore, ma soprattutto è straordinariamente vivace la testimonianza scritta dello stesso McCartney.  Appare come galvanizzato dai ricordi della gioventù, della famiglia di provenienza, dei costumi d’epoca. Mai dimenticare le proprie radici, è la lezione. Nella famiglia di Paul, poi, tutti erano appassionati di fotografia […]

     

     

    paul mccartney john lennon ringo starr - 1964 gli occhi del ciclone paul mccartney john lennon ringo starr - 1964 gli occhi del ciclone

    Quando esplose il fenomeno Beatles, fu come un assalto che attraversò la cultura di massa come mai nulla prima di allora: «La cosa bella è che noi lo volevamo. Eravamo stati una piccola band di Liverpool con l’ambizione di diventare una cosa grande. Volevamo la fama, e il brivido della fama che sarebbe arrivato». Alla passione per la vostra musica, teneva dietro pure il modo di vestire, il taglio dei capelli: eravate consapevoli di essere anche icone visuali? «Sì certo, fin dagli inizi abbiamo pensato al lato visuale, John veniva da una scuola d’arte, io ne ero appassionato, era parte di noi: le giacche abbinate, sembrare tutti uguali. Il taglio di capelli fu ad Amburgo, lo aveva un nostro amico e lo facemmo pure noi. Realizzammo che disegnavamo un’immagine».

     

     

    […]Mentre eravate a Parigi, arrivò la notizia che I Want to Hold Your Hands diventava numero uno della classifica Usa; che cosa ricorda?

     

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    «Avevo sempre detto a Epstein e ai ragazzi che in America si poteva andare solo con un primo posto in classifica. Eravamo all’hotel George V e arrivò il telegramma. Urlammo, ballammo. Era ora di partire: il numero 1 apriva un sacco di porte, potevamo andare all’Ed Sullivan Show in tv. L’America era un grande premio, la casa dei film che amavamo, la casa del blues, di Elvis, Buddy Holly, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, e anche di James Dean e Marlon Brando».[…] Da quel momento ci fu un sacco di pressione su di voi? «Sì, ma poiché eravamo idioti spiritosi, e scherzavamo fra di noi, tutto diventava più leggero, fu la nostra valvola di salvezza». […]».

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